venerdì 14 luglio 2017

DOMENICA XV T.O. anno A


DOMENICA XV T.O. anno A

 

Mt 13.1-23

1 Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. 2 Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.  3 Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare.4 Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. 5 Un'altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c'era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, 6 ma quando spuntò il sole, fu bruciata e, non avendo radici, seccò. 7 Un'altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. 8 Un'altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. 9 “Chi ha orecchi, ascolti". 10 Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». 11 Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. 12 Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. 13 Per questo ad essi parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. 14 Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice: Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. 15 Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca! 16 Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. 17 In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono! 18 Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. 19 Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. 20 Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l'accoglie subito con gioia, 21 ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. 22 Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. 23 Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno".

 

C o m m e n t o

 

La liturgia questa domenica propone la lettura della prima delle tre parabole raccolte da Matteo nel cap.13.

Tutto il capitolo si muove tra la casa e il mare. Gesù, uscito dalla casa si siede lungo il mare per insegnare come un Rabbi. Ma il discorso che Egli fa non è un insegnamento vero e proprio: è piuttosto un annuncio, una predicazione

- La parabola del seminatore inizia con la frase Quel giorno. Si tratta di una notazione di tipo didattico, destinata a far capire che il discorso è stato fatto in un solo giorno.

Interessante il particolare della casa. E' la prima volta che Matteo parla in modo esplicito della casa abitata da Gesù (si tratta in effetti della casa di Pietro a Cafarnao). Egli, per tessere l’ordito delle parabole e farlo immaginare a chi ascolta, presenta un Gesù che fa ricorso alla realtà, al mondo contadino della Galilea, a ciò che ha visto, contemplato e pensato; un Gesù che usa parole comprensibili, non agli intellettuali, ma a gente semplice, disposta ad ascoltare.

- Il quadro complessivo in cui si collocano le parabole e gli ascoltatori è la chiesa delle origini, quando le comunità cercano di capire il vissuto e la predicazione di Gesù.

Ma Matteo stende il suo vangelo in un periodo successivo, quando nelle comunità già si cominciava  a fare un discorso teologico sistematico e si abbandonava il metodo delle parabole. Perciò il suo discorso è retrospettivo: trasporta al clima della chiesa nascente attorno a Gesù, e nel medesimo tempo si preoccupa di parlare a discepoli del tempo successivo: quello in cui prende forma la redazione matteana, e i discepoli, nell’incombere di condizioni difficili per la diffusione del vangelo, sono vacillanti nella fede e bisognosi di orientamento.

Ecco perché entra in scena un gruppo di discepoli che si rivolge a Gesù per chiedere: v.10 Perché a loro parli con parabole? [loro sono le folle impreparate].

Per comprendere questa parabola e la domanda dei discepoli, per prima cosa cerchiamo di orientarci anche noi con l’ausilio degli esegeti che hanno scavato sul testo in profondità.

a) Il termine parabola proviene da paraballo, in ebraico mäšäl, che alla lettera significa pongo accanto, comparo. Era un termine peculiare dell'oratoria rabbinica

Nelle culture dell’antico Oriente la parola (lógos in greco, dabár in ebraico) non era semplicemente un segno che trasmette un’idea, ma era una forza che trasmetteva la realtà espressa dalla parola stessa

Tuttavia la parabola che oggi leggiamo è raccontata, più che per il fine di spiegare meglio i concetti alle folle, per un altro motivo utile: data l’ostilità di molti nei riguardi della Parola ascoltata, sembrava cosa opportuna sottolineare che ad ascoltarla c’erano persone le quali, data la forma dell’allegoria, non potevano scandalizzarsi. Infatti esse v.13 guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Non è detto con disprezzo. Entra nell’ordine della piccolezza umana poterne fare motivo di beatitudine…

b) Nella pericope è citato il profeta Isaia (vissuto nel 600 a.C.), 6,9-10: Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore, e non si convertano e io li guarisca.

Secondo la lettura dataci dai Settanta l'indurimento del cuore non è né provocato né voluto da Dio, ma autoindotto dal popolo.

Ce lo spiega il Padre della chiesa Girolamo: per evitare di pensare che l'intorpidimento del cuore e l'indurirsi degli orecchi siano dovuti alla natura e non alla propria volontà, il profeta parla in nome di Dio e aggiunge: in parabole e oscuramente ascoltano dunque coloro i quali, avendo gli occhi chiusi, non vogliono vedere la verità.

Noi a nostra volta possiamo dedurre che Gesù, con il suo insegnamento in parabole, non sta facendo altro che rispecchiare la verità della situazione: questa parabola del seminatore, proprio come la semente in essa raccontata, da alcuni sarà colta da altri no. Coloro che, nella folla, non hanno orecchi per ascoltare sono la via, il terreno sassoso e ricoperto di rovi.

c) Ma le parabole evangeliche del regno, oltre alla funzione didattica di chiarificare o di incitare gli uditori alla riflessione, hanno soprattutto uno scopo teologico: esse nascondono agli occhi di chi è mal disposto il mistero: affinché - è l’amara esperienza fatta dal profeta Isaia di fronte all’ostinata insensibilità del popolo eletto, che ora si ripete nella predicazione di Gesù, vedendo non vedrete, udendo non comprenderete e si convertano e sia concesso loro il perdono (Is 6,9-10).

d) Le parabole furono modificate nell’insegnamento della comunità; queste modificazioni emergono chiaramente quando si mettono a confronto le differenti versioni della stessa parabola nei diversi evangeli.

I commenti alle parabole e gran parte delle caratteristiche allegoriche sono quasi universalmente considerati dagli studiosi moderni come elaborazioni fatte dalla Chiesa.

Stupisce in questa parabola la quantità di seme gettato dal seminatore, e chi non sa che in Palestina prima si seminava e poi si arava per seppellire il seme, potrebbe pensare a un contadino sbadato… Invece il seme è abbondante perché abbondante è la parola di Dio, come un seme che deve essere lanciato nel terreno senza parsimonia. Il predicatore che la annuncia sa quanti ascoltatori la sentono risuonare all’orecchio, ma in verità non l’ascoltano; non le fanno spazio nel cuore, e così essa è subito portata via.

Ma ci sono anche coloro che, pur essendo nella folla, hanno orecchi per ascoltare e si sentiranno spinti ad indagare più a fondo la parabola, insieme ai discepoli. C’è sempre qualcuno che accoglie la Parola, la pensa, la interpreta, la medita, la prega e la realizza nella propria vita.

Certo, il risultato di una semina così abbondante può sembrare deludente: tanto seme, tanto lavoro, piccolo il risultato… Eppure la piccolezza non va temuta: ciò che conta è che il frutto venga generato!

Perché la ripetizione del verbo ascoltare?

L'interpretazione classica è fornita nella pericope stessa nei vv.18-23, considerati anch’essi, dalla maggior parte della critica, un'aggiunta redazionale, per cui ai differenti tipi di terreno corrispondono le diverse disposizioni d'animo di chi ascolta la Parola.

Tuttavia alcuni esegeti propongono un'ulteriore lettura, non in via accademica, ma come ipotesi di studio: ai quattro tipi di terreno possono corrispondere i diversi tempi del piano divino di Salvezza, a partire da quello dei progenitori nell’Eden.

Fermiamoci ancora un po’ all’ultima condizione favorevole.

Al seme seminato nel terreno buono, corrisponde il tempo attuale della nostra salvezza, in cui tutti beneficiamo del terreno bello e buono (kalos v.23) che fu il giardino ove fu sepolto Gesù (Gv 19,41) e in cui avvenne la Sua Risurrezione, a partire dalla quale tutti possiamo rendere, se ascoltiamo e comprendiamo i Divini Misteri, chi il cento, chi il sessanta, chi il trenta per uno.

Ma perché così pochi credono e si convertono? Perché questa parola di Dio - se è veramente parola di Dio - non travolge il mondo, non lo cambia in un baleno?

C'è poi la domanda che si ponevano con più dolore, amarezza e sgomento gli ebrei convertiti: perché il popolo non ha accettato la Parola? Perché non c'è una conversione in massa come ci aspettavamo dalle promesse?

- Non si può rispondere a tutti i quesiti, perché dobbiamo interrogare noi stessi e lasciarci travolgere per primi dalla Parola……

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 A noi che ogni domenica ascoltiamo la Parola e accogliamo la sua semina nel cuore, non resta che vigilare e stare attenti: la Parola viene a noi e noi dobbiamo anzitutto interiorizzarla, custodirla, meditarla e lasciarci da lei ispirare; dobbiamo perseverare in questo ascolto, nel custodirla, nel non dissiparla.

Ma dobbiamo essere certi che l’efficacia della Parola di Dio è oltre ogni nostro sforzo. E’ in se stessa.

Afferma Paolo nella lettera ai Romani che si legge nella liturgia odierna: il Vangelo è potenza di Dio. Tocca a noi non perdere mai la fiducia nella forza del seme che può attecchire anche nel pugno di terra e rovi che siamo noi.

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