venerdì 12 giugno 2015

DOMENICA XI del T.O. - anno B


I testi
 
Così dice il Signore Dio: Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente; lo pianterò sul monte alto d’Israele. Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all’ombra dei suoi rami riposerà. Sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore che umilio l’albero alto e innalzo l’albero basso, faccio seccare l’albero verde e germogliare l’albero secco. Io, il Signore, ho parlato e lo farò.
Sal 91
È bello rendere grazie al Signore
e cantare al tuo nome, o Altissimo,
annunciare al mattino il tuo amore
la tua fedeltà lungo la notte.
      Il giusto fiorirà come palma,
      crescerà come cedro del Libano;
      piantati nella casa del Signore,
      fioriranno negli atri del nostro Dio.
Nella vecchiaia daranno ancora frutti,
saranno verdi e rigogliosi,
per annunciare quanto è retto il Signore,
mia roccia: in lui non c’è malvagità.
2Cor 5,6-10
Fratelli, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo – camminiamo infatti nella fede e non nella visione –, siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore. Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi. Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male.
26 In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; 27 dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. 28 Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; 29 e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura. 30 Diceva: A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31 È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; 32 ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra. 33 Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. 34 Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.
 
Uno sguardo ai testi
 
Prima lettura – Ezechiele, nello svolgere la sua missione profetica durante l'esilio babilonese, rincuora Israele che vacilla nella fede. Parlando al ‘resto’ fedele, lo simboleggia in un ramoscello spuntato dal vecchio cedro insterilito. Il cedro rappresenta la discendenza di Davide, da cui Dio prende personalmente un ramoscello per piantarlo sul monte di Gerusalemme: raffigura in esso il Messia, discendente di Davide, in cui troveranno riparo e potranno prosperare tutti coloro che riconosceranno incondizionatamente la sovranità del Signore. Gli alberi della foresta, stupiti dell’accaduto, sperimenteranno che Egli ha il potere di  innalzare l’albero basso e il potere di abbattere quello alto, e che non c’è nessun altro Onnipotente al di fuori di Lui [espressioni che si ritroveranno nel Magnificat].
Salmo - L’uso sinagogale ha destinato questo salmo al tramonto del sole del venerdì, in preparazione al sabato. Il salmista, probabilmente un levita, riflette sulla grandezza delle opere di Dio: la liberazione dall'Egitto, l'alleanza del Sinai, la conquista della Terra Promessa, la costruzione del tempio. Attorno alla figura centrale dell’Altissimo delinea un mondo armonico e pacificato. L’immagine della palma e quella del cedro sono come lo stemma dei giusti radicati nella frequentazione del  tempio, e che grazie a ciò nella vecchiaia daranno ancora frutti.
Seconda lettura - Alcuni greci entrati a far parte della comunità cristiana traevano coraggio di fronte alla morte in forza della persuasione di possedere un'anima immortale. Paolo, invece, di fronte alla morte professa di essere sereno, anzi di rallegrarsene, perché la dipartita da questo mondo non significa per lui altro che andare ad abitare presso il Signore, come chi, dopo l’esilio, può finalmente tornarsene a casa con i suoi cari. Per il cristiano questo mondo è la città dove vive temporaneamente con impegno, ma non è veramente casa sua.
Vangelo - Gesù espone due aspetti del suo messaggio sotto forma di parabole: la prima, del seme, di carattere individuale, rappresenta la genesi del Regno di Dio nell’interiorità umana; la seconda, del granello di senape, di  carattere universale, rappresenta la sua (del Regno) espansione senza confini. E’ da notare che Gesù sta polemizzando con la descrizione grandiosa fatta dal profeta Ezechiele sul Regno (prima lettura).
Analisi del vangelo
26 In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno;
L’inizio consiste sempre di una formula spiegata con la frase successiva. In questa è posto al centro il regno di Dio. Gesù, nel ricorre ad un paragone -come un uomo…-, specifica che le realtà del Regno non appartengono solo all’aldilà, ma si proiettano sulla vita terrena.
La figurazione della parabola è tratta dall’opera della semina, dalla quale il contadino si attende tutto. Gesù è molto sensibile alla vita dei campi, la osserva e ne parla con simpatia evidente, come un fine osservatore e anche, come è dato di vedere analizzando i testi, con elevato senso poetico.
27 dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa.
Lo schema di questo versetto sottolinea l’azione abituale e distaccata del seminatore, che è alquanto irrealistica poiché la normale prassi contadina, rispecchiata in Matteo nella parabola del seminatore e in quelle della zizzania e del grano, comporta che i campi coltivati vengano tenuti d’occhio e curati. Ma Marco, indugiando a narrare che il comportamento del contadino non è preoccupato, vuole stimolare la comunità a contare sull’attesa fiduciosa nel Dio della Vita, anziché sul merito delle proprie opere.
Nell’affermare che il seme germoglia e cresce, Marco usa due verbi che ripetono lo stesso concetto, come quando, nello stesso brano, parla del dormire e dello svegliarsi, quasi a voler creare un senso del passare del tempo senza alcuna fretta.
28 Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga;
Le quattro fasi della crescita (compresa la maturazione, di cui si parla nel v. seguente) sono un altro esempio della ripetizione di parole, usata per creare lo stesso senso.
29 e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura.
Il verbo greco apostellei, che normalmente significa inviare, qui viene tradotto con manda (cioè mette mano a) la falce, poiché il versetto è una citazione adattata in un contesto missionario, data l’urgenza escatologica che vigeva nelle prime comunità cristiane.
30 Diceva: A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo?
Questo linguaggio è tipico anche delle parabole rabbiniche più tardive ed è usato nel senso ebraico generico di illustrazione o anche di indovinello.
31 È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno;
La pianta della senape, i cui semi sono usati per il loro aroma, lungo le sponde del mare di Galilea può raggiungere l’altezza di circa tre metri. Nei trattati di Plinio è una pianta resistente che cresce rapidamente e tende ad invadere il giardino. Qui, con l’immagine della crescita intensa, si allude al Regno, destinato a resistere ed a svilupparsi sempre più.
32 ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra.
Date le dimensioni effettive della pianta della senape, si coglie una esagerazione parabolica, quasi ironica, ma che qui rimarca la prosperità a cui è destinato il Regno quando è predicato senza ambizioni, e che forse vuole evidenziare il contrasto con la concezione propria dell’AT, quando i grandi alberi qualche volta erano presi a simbolo del potere nazionale; questa tesi è confermata dal detto -gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra- usato nel celebrare la persona e il potere di  Nabucodonosor.
33 Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere.
Gesù lavora pazientemente con la folla e continua a esporre il messaggio con altre parabole. Il gruppo dei discepoli che non abbandona l’ideologia del giudaismo, continua a non capire, ma che Gesù non abbandona, e perciò non si stanca di spiegare a ciascuno il significato. L’espressione come potevano intendere non significa affatto che le parabole siano per i semplici o i bambini. Esse sono dense e complesse; anche se offerte attraverso immagini immediate, rimandano sempre al Disegno divino sull’umanità, e mostrano come bisogna attuarlo.
34 Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.
Nei versetti che precedono questo brano (e che oggi non leggiamo), non si parlava di spiegazione, ma ricorreva la frase rivolta agli Apostoli: a voi è dato il mistero. Ma qui i destinatari non sono più i Dodici, bensì i suoi discepoli, cioè i seguaci, in modo che potessero interpretare insegnamenti ed eventi enigmatici. [Bisogna tenere presente che Marco scrive in riferimento alla sua comunità, alla quale si proponeva di dare spiegazioni riguardanti la condotta morale onesta, i divorzi, il pericolo della ricchezza etc.].
 
Qualche riflessione
 
- Trovo pregnante di verità la frase di Paolo nella seconda lettura: camminiamo infatti nella fede e non nella visione.
- Forse oggi, proprio quando le suggestioni dei credenti si intensificano attorno alle apparizioni e ai fenomeni straordinari, c’è quanto meno da esitare: la tv, per ricordare il mezzo più diffuso, ne è infestata.
- Chi ricorda la parabola del seme? che tutto è nato da quel misterioso [non misterico e non miracolistico] seme evangelico, piccolo e umile, eppure pieno di vitalità? Abbiamo bisogno di centrare la fede in Dio, senza lasciarci distrarre dalle suggestioni che colpiscono la fantasia e stuzzicano la curiosità per il sensazionale. Non è bene alimentare devozioni e credenze che distraggono e non fanno guardare dentro, e attorno: là dove molti aspettano di incontrare qualcuno che sappia investire in amore con spirito di (non millantato) servizio.
- Precise e forti sono le parole di papa Francesco: Alla fede non servono veggenti.
- Mi permetto di commentare: questa umanità non ha bisogno di fedi, ma di fede, al singolare. Che è capacità di vedere l’invisibile all’interno del visibile-concreto-normale quotidiano… E’ questa fede il piccolo seme evangelico, che potrebbe espandersi, sottraendo spazio al Male.

2 commenti:

Rosy ha detto...

Sono perplessa di fronte alla negazione delle apparizioni e dei miracoli, perché??
Rosy

Ausilia ha detto...

Ma ti sei chiesto cosa è la FEDE? Se vuoi, telefonami.