venerdì 15 maggio 2015

Festa dell'ASCENSIONE - anno B

I testi

At 1, 1-11
Nel primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver dato disposizioni agli apostoli che si era scelti per mezzo dello Spirito Santo. Egli si mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, durante quaranta giorni, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere l'adempimento della promessa del Padre, «quella - disse - che voi avete udito da me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra non molti giorni, sarete battezzati in Spirito Santo». Quelli dunque che erano con lui gli domandavano: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi o momenti che il Padre ha riservato al suo potere, ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della terra». Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand'ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo».
Sal.46
Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché terribile è il Signore, l'Altissimo,
grande re su tutta la terra.
      Ascende Dio tra le acclamazioni,
      il Signore al suono di tromba.
      Cantate inni a Dio, cantate inni,
      cantate inni al nostro re, cantate inni.
Perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio regna sulle genti,
Dio siede sul suo trono santo.
Ef 4, 1-13
Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell'amore, avendo a cuore di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti. A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per questo è detto: «Asceso in alto, ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini». Ma cosa significa che ascese, se non che prima era disceso quaggiù sulla terra? Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per essere pienezza di tutte le cose. Ed egli ha dato ad alcuni di essere apostoli, ad altri di essere profeti, ad altri ancora di essere evangelisti, ad altri di essere pastori e maestri, per preparare i fratelli a compiere il ministero, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all'uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo.
Mc 16, 15-20
15 In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. 16 Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. 17 Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, 18 prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno. 19 Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. 20 Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
Premessa
- Il racconto dell’Ascensione, cioè della salita al cielo di Gesù, si muove nella visione mitologica dell'epoca, che vedeva il mondo diviso in tre piani: a) al centro la Terra; b) al di sopra il cielo, che, visto dalla terra, appare posto in alto e, appunto per questo, è considerato luogo dell’ultra-terreno); c) al di sotto gli inferi, termine derivato dal latino infërus che significa situato-sotto (la Scrittura usa il termine ebraico Shéol per indicare il luogo dei morti, buoni e cattivi, anche se la sorte degli uni non è considerata  identica a quella degli altri).
- Il racconto più dettagliato è quello di Luca nel suo vangelo e negli Atti degli Apostoli. In questi ultimi l'ascensione di Gesù è avvenuta 40 giorni dopo la Pasqua, a differenza del suo stesso vangelo dove egli sembra riunire in un solo giorno i due eventi. I quaranta giorni sembrano essere un tempo-limite e potrebbero indicare l'autorità dei primi testimoni, oppure la durata-tipo dell'insegnamento del Risorto ai discepoli.
Veloce sguardo d’insieme sui testi
La prima lettura – Il fulcro del racconto di Luca è nella  domanda dei discepoli:  «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Tale domanda tradisce le loro persistenti attese apocalittiche giudaiche. Gesù risponde, spiegando che l’instaurazione del Regno non coincide con la fine dl mondo. Sullo sfondo compare l'immagine biblica del destino del mondo e un riferimento alla salita al cielo di Elia descritta in 2Re in 1Mac.
Il salmo – E’ stato definito dagli studiosi un’ovazione a YHWH, la quale celebra, attraverso il simbolo politico del regno, il governo divino sul mondo e sulla storia. Dio è definito terribile (termine che per noi moderni ha il significato negativo dell’incutere terrore) e re di tutta la terra: chiaro segno di apertura nell’intolleranza religiosa di Israele, ed auspicio di una pacificazione universale.   
La Lettera agli Efesini – Viene data un'interpretazione ecclesiale dell’evento dell’Ascensione e del suo rapporto con la Resurrezione e la Pentecoste.
Il vangelo - La pericope di oggi è tratta dalla conclusione del vangelo di Marco, aggiunta più tardi da parte di scribi cristiani per correggere il modo brusco con cui l'evangelista aveva posto fine al racconto originale. Sembra una specie di riassunto dei racconti di apparizione del Risorto (dipendente sia da Giovanni che da Luca), con collegamenti al testo degli Atti. Non si trova nei manoscritti più antichi ed è sconosciuta a molti padri della chiesa.
Analisi di Mc 16, 15-20
15 In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura.
La costruzione della frase evidenzia l'universalità della missione affidata da Gesù ai suoi in funzione di raggiungere, non solo tutti gli esseri umani, ma ogni creatura: cioè il lieto annuncio dovrà essere permeato di una forza di amore così grande da abbracciare il creato intero.
16 Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato.
La perentorietà dell’affermazione è, in apparenza, sconcertante [chi non è battezzato sarebbe dannato!]. Invece va letta, come nell’intenzione dell’autore, in una prospettiva escatologica, riguardante il giudizio finale, la cui coreografia è circonfusa di splendore e di terrore.
17 Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, 18 prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno.
La missione universale è confermata da segni che indicano simbolicamente il potere conferito da Gesù ai suoi ai fini di avvalorare la missione affidata a loro. Essi dovranno aiutare tutti, senza alcuna esclusione, a raggiungere la pienezza di Dio. Si elencano cinque tipi di miracoli: il male è sconfitto (scacciare i demoni); lo Spirito Santo è effuso in una continua Pentecoste su tutti i popoli e su tutte le culture (parlare le lingue); i serpenti, simbolo della tentazione, saranno neutralizzati; il veleno, segno di tutto ciò che insidia la vita, sarà debellato; i malati saranno confortati e guariti.
E’ da notare che tali segni accompagneranno quelli che credono, e non, come ci si aspetterebbe, coloro che predicano o annunciano; infatti la salvezza è per tutti coloro che sapranno scavare nel proprio cuore e trovare la via della fede, da tradurre in opere di bene. L’aggiunta nel mio nome è ulteriore conferma del potere riconosciuto a Gesù glorificato.
19 Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
A Gesù viene attribuito il titolo di Kyrios, Signore, che nei vangeli è presente solo qui (ma è tipica di Paolo e degli Atti).
Marco, secondo il suo stile sobrio ed essenziale, racchiude l'evento in due sole espressioni: fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio, due azioni in cui è concentrato, simbolicamente, il significato profondo della Pasqua. La resurrezione di Cristo ha reso evidente che la morte non è la fine di tutto, è, bensì, l’entrata nella Vita, attinta a Colui, il Padre, che ne è la Fonte. Con l'indicazione sedette alla destra di Dio l’autore si riferisce ad un testo in uso nella prima comunità per professare la fede nella glorificazione e intronizzazione del Risorto.
20 Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.
L’affermazione il Signore agiva insieme con loro può sembrare enfatica, o almeno ottimistica; è invece  la professione di fede da parte di chi conta nell’aiuto di Dio, secondo la promessa fatta da Gesù di essere con loro sino alla fine dei tempi (Mt. 28,20).
L’agire di Gesù insieme con chi diffonde e crede nel vangelo rincuora i discepoli nell’apparente perdita della sua presenza fisica. Il testo greco adotta una parola composta, sun-erghein, che dà l’idea di una piena sinergia tra Lui e loro: il mistero dell’ascensione è tutto nella sinergia che si instaura tra Gesù e i suoi discepoli; non c’è una sottrazione, ma una moltiplicazione della sua presenza nel mondo.
Considerazioni
- Perché qui Marco descrive in termini di fisicità l'Ascensione? Quando moriva un grande personaggio (Eracle, Empedocle, Romolo, Elia, Enoch, Alessandro Magno, ecc.) veniva raccontato che non era morto ma che era salito al cielo; la sua fine era ingresso nella gloria e mezzo per comprendere meglio i suoi messaggi.
- Le  poche righe lasciate dall’evangelista sono una descrizione non fisica ma teologica di ciò che è successo. Vogliono dire: “Io non ci sarò più, ma ci sarete voi. Voi sarete le mie labbra, le mie mani, i miei piedi, i miei occhi e il mio cuore”.
- L'Ascensione dovrebbe ricordarci la bellezza dello spostamento del polo attorno a cui gira la vita umana: da ogni interesse terreno ad una visione delle cose dilatata al Cielo, cioè a ciò che non è destinato a finire.
- L'essere umano vive nella misura in cui spera. L'uomo moderno commette il peccato di togliere la speranza che, con la morte, si abbrevierà il raggio di distanza tra quello che chiamiamo aldilà in quanto oltre il tempo, e presente temporale. Lo sguardo rivolto al Cristo che ascende al Padre, è, dunque, uno sguardo che ci radica nel segmento di storia in cui viviamo, con l'impegno di combattere il male e aprirci alla fraternità e alla solidarietà, le sole capaci di instaurare nel mondo giustizia e pace.
- Elsa Morante, nel suo celebre romanzo ‘La Storia’ così si esprime: “Ah, Cristo, sono duemila anni che aspettiamo il tuo ritorno”. “Io - risponde lui - non sono MAI partito da voi. Siete voi che ogni giorno mi linciate, o peggio ancora, tirate via senza vedermi, come s’io fossi l’ombra di un cadavere putrefatto sotto terra. Io tutti i giorni vi passo vicino mille volte, mi moltiplico per tutti quanti siete, i miei segni riempiono ogni millimetro dell’universo, e voialtri non li riconoscete, pretendete di aspettare chi sa quali altri segni volgari”.
- La spiritualità dell’ascensione è una spiritualità del quotidiano: il Cristo risorto è con noi e opera attraverso di noi tutti i giorni, e non a giorni alterni. Ogni giorno va vissuto quindi come fosse l’unico o l’ultimo.

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