venerdì 30 gennaio 2015

IV DOMENICA T.O. anno B

I testi
Dt 18,15-20
Mosè parlò al popolo dicendo: «Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto. Avrai così quanto hai chiesto al Signore, tuo Dio, sull’Oreb, il giorno dell’assemblea, dicendo: “Che io non oda più la voce del Signore, mio Dio, e non veda più questo grande fuoco, perché non muoia”. Il Signore mi rispose: “Quello che hanno detto, va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire”».
Sal 94
Venite, cantiamo al Signore,
acclamiamo la roccia della nostra salvezza.
Accostiamoci a lui per rendergli grazie,
a lui acclamiamo con canti di gioia.
      Entrate: prostràti, adoriamo,
      in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
      È lui il nostro Dio
      e noi il popolo del suo pascolo,
      il gregge che egli conduce.
Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere».
1Cor 7,32-35
Fratelli, io vorrei che foste senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito. Questo lo dico per il vostro bene: non per gettarvi un laccio, ma perché vi comportiate degnamente e restiate fedeli al Signore, senza deviazioni.
Mc 1,21-28
1 Ed entrano a Cafarnao; ed (egli) subito, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava. 22 E si stupivano del suo insegnamento; infatti, insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi. 23 E subito, c'era nella loro sinagoga un uomo con uno spirito immondo, e gridò 24 dicendo: "Che c'è tra noi e te, Gesù Nazareno? Sei venuto per farci perire? So chi sei tu, il Santo di Dio!". 25 E Gesù lo minacciò, dicendo: "Fa silenzio ed esci da costui!". 26 E lo spirito immondo uscì da lui, contorcendolo e gridando a gran voce. 27 E tutti restarono stupiti, tanto che si chiedevano tra loro, dicendo: "Che è questo? Un insegnamento nuovo, (fatto) con autorità! Comanda anche gli spiriti immondi, e gli obbediscono!". 28 E la sua fama uscì subito ovunque, in tutta la ragione intorno della Galilea.
Sguardo d’insieme sui testi
La chiave di lettura dei testi è la chiamata di Dio del profeta ad una missione di annuncio in vista della salvezza, e cioè della pienezza di vita quale sol Dio può dare. Assumere un tale compito comporta anzitutto umile ascolto interiore. Le parole del profeta sono autorevoli se pronunziate in nome di Dio, senza appropriarsene.
- Nella prima lettura la liturgia riporta la parte centrale del brano del Deuteronomio, che a sua volta si può dividere in due momenti: origine del profetismo; compiti dei profeti. Il termine greco nabi’ è tradotto profeta, ma deriva da una radice accadica che significa chiamare: il profeta sarebbe allora essenzialmente colui che è chiamato per un compito specifico. Egli dovrà parlare senza presunzione, con parole che non saranno sue, ma dello stesso JHWH. Solo in tal modo il popolo lo ascolterà.
- Nel salmo 24 l’autore è pieno d’umiltà al ricordo delle numerose colpe della sua giovinezza. Piegato da tale peso, domanda a Dio che non guardi alle sue inosservanze. Gli errori passati sono frutto del suo abbandono della retta via; infatti egli voleva affermarsi sugli altri agendo con spavalderia e seguendo vie traverse. Ora sconfessa tutto il suo passato, trattenendone però la lezione di umiltà e invoca la liberazione di Israele, il popolo che gli è stato affidato.
- Nella seconda lettura Paolo risponde a uno dei quesiti che i corinzi gli avevano posto per iscritto, quello cioè riguardante la vita sessuale nel matrimonio e nel celibato. A prima vista sembrerebbe che egli voglia sollevare i suoi interlocutori da qualsiasi preoccupazione derivata dagli impegni familiari. Nel seguito del discorso specifica a quale tipo di preoccupazioni si riferisce: il suo è  un punto di vista personale che tiene presente la fine del mondo che è stata ormai decretata (questa era la convinzione dei cristiani nei primi decenni della formazione delle comunità): il credente può vivere meglio praticando il celibato, in modo da relativizzare con facilità tutte le realtà terrene. In questa prospettiva la preferenza celibataria appare come una libera scelta di radicale distacco da un mondo destinato a finire. Ma bisogna fare attenzione al versetto finale della pericope, nel quale risulta chiaro uno scopo meno influenzato dalle attese di una fine imminente: la fedeltà alla propria vocazione.
- Nel Vangelo l’evangelista, dopo la chiamata dei primi quattro discepoli presenta un Gesù che non è più solo, e tratteggia una giornata-tipo vissuta da Lui con i suoi discepoli.
L’episodio dell’esorcismo non ha lo scopo di incantare gli astanti con un prodigio. Ha il significato, molto particolare per l'evangelista Marco, di mettere in rilievo l’identità del Messia: realizzare la signoria divina, basileia, la quale vince il potere del male. 
Analisi del vangelo
21 Ed entrano a Cafarnao; ed (egli) subito, entrato di sabato nella sinagoga, insegnava.
L'azione si sposta dal lago alla cittadina di Cafarnao, luogo in cui abita Simone e che diventerà in un certo senso la città di Gesù. Come ogni pio israelita egli partecipa al culto del sabato, in cui ogni adulto poteva essere chiamato a commentare il testo della Scrittura letto nella sinagoga.
L'evangelista informa che egli insegnava, verbo usato da Marco quando Gesù si rivolge a un uditorio esclusivamente giudaico.
22 E si stupivano del suo insegnamento; infatti, insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi.
Il verbo stupire denota un senso di timore e di meraviglia, che Marco evidenzia con enfasi più volte nel suo vangelo come reazione simbolica alla novità dell’annuncio evangelico.
L’insegnamento di Gesù ha caratteristiche nuove: pur non essendo un maestro ufficiale come gli scribi, egli parla con autorità, exousia, e accompagna le parole con azioni miracolose.
L'insistenza dell'evangelista sugli esorcismi attuati da Gesù attesta l'importanza che egli vi attribuisce, ma anche la storicità di questa attività. Ed è da tener che Gesù sarà condannato dai suoi avversar proprio in base alla sua attività di esorcista.
23 E subito, c'era nella loro sinagoga un uomo con uno spirito immondo, e gridò
24 dicendo: "Che c'è tra noi e te, Gesù Nazareno? Sei venuto per farci perire? So chi sei tu, il Santo di Dio!".
L'attenzione si sposta subito su un indemoniato, ma il testo si concentra sul fatto che l'uomo  è posseduto da uno spirito immondo. Tale denominazione è tipica in Marco: la malattia nell’AT è spesso considerata quale punizione del peccato. Qui l'aggettivo immondo è usato in riferimento, più che alle leggi di purità dell'AT, a qualcosa che si oppone a ciò che è santo, cioè a ciò che appartiene a Dio. L’evangelista ha presente la concezione l'AT, in cui il comandamento di essere santi come lo è Dio (vedi il libro del Levitico) implica integrità e completezza di vita, al contrario di immondo, che suggerisce un qualcosa che non dovrebbe esistere, qualcosa di fuori luogo (es.: la terra nel campo del contadino è produttiva, ma nella casa o in una stanza è «sporcizia»).
Il titolo Santo di Dio fa riferimento all'attività carismatica di Gesù: attraverso di lui si realizza il rapporto di alleanza Dio e il suo popolo.
25 E Gesù lo minacciò, dicendo: "Fa silenzio ed esci da costui!".
Ci troviamo per la prima volta di fronte alla consegna del silenzio sull'identità di Gesù, che caratterizza la prima parte del testo di Marco (il cosiddetto segreto messianico). I verbi usati mettono in rilievo la contrapposizione tra Gesù e il demonio che viene costretto, con un comando imperioso (e dunque solo con la parola), prima a tacere e poi ad andarsene.
26 E lo spirito immondo uscì da lui, contorcendolo e gridando a gran voce.
Risulta interessante il confronto con il testo parallelo di Luca, in cui si afferma che il demonio uscì da quell'uomo senza fargli alcun male. Marco invece accentua la forza dello scontro.
27 E tutti restarono stupiti, tanto che si chiedevano tra loro, dicendo: "Che è questo? Un insegnamento nuovo, (fatto) con autorità! Comanda anche gli spiriti immondi, e gli obbediscono!"
Viene ripresa la constatazione del v. 22, che -bisogna notarlo- è di natura generale e non si riferisce solo all'episodio appena narrato.
Lo stupore non è provocato dal fatto dell'esorcismo che gli ebrei conoscevano e praticavano con l'apparato di un lungo cerimoniale. La ragione dello stupore è nella maniera con cui Gesù agisce, con un semplice comando che viene subito eseguito.
28 E la sua fama uscì subito ovunque, in tutta la ragione intorno della Galilea.
Abbiamo di nuovo una sottolineatura dell'evangelista per la Galilea e un'amplificazione dello stupore che dai presenti si estende alla regione
Considerazioni utili [sarebbe cosa buona che faceste le vostre e le metteste a disposizione degli altri]
Premetto che alcune considerazioni in parte convergono con quelle di autorevoli autori.
- Che cosa c’è di diverso nel predicare di Gesù? Certamente  il suo far scaturire la parola dalla profondità di un silenzio vissuto, e perciò detta con convinzione e passione da uno che non solo crede a quello che dice, ma lo vive.
- I demoni non esistono come esseri personali estranei a questo mondo, che cercano di danneggiare alcune persone disgraziate, delle quali si impadroniscono misteriosamente e nelle quali si installano fino a che non vengano espulsi tramite un rito di esorcismo. Tutto ciò non è dimostrato scienificamente. Nell’antichità, le persone non sapevano spiegare le malattie e le disgrazie e per spiegarle ricorrevano ai demoni, attraverso i quali designavano le forze del male, causa della sofferenza umana. Il Gesù dei vangeli sottolinea la sua particolare autorità sulle forze del male, segno soprattutto della sua solidarietà e del suo amore verso chi soffre.
- Il messaggio di Gesù è la risposta di Dio al desiderio di pienezza di vita che ogni uomo si porta dentro.
- Oggi, molta gente vive alienata da se stessa, ingannata dal potere dei mezzi di comunicazione e della propaganda del commercio, e perciò ripete ciò che sente dire, schiava del consumismo, oppressa dalle prestazioni del denaro, minacciata dai debitori: molti pensano che la loro vita non è come dovrebbe essere se non possono comprare ciò che la propaganda annuncia e raccomanda.
- E’ la voglia di possesso che ci rende poveri: senza distacco non abbiamo autorità nemmeno nei riguardi delle nostre pulsioni.   

 

venerdì 23 gennaio 2015

III DOMENICA T.O. anno B

I testi
 
Gio 3, 1-5. 10
Fu rivolta a Giona questa parola del Signore: «Àlzati, va' a Nìnive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Giona si alzò e andò a Nìnive secondo la parola del Signore. Nìnive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Nìnive sarà distrutta». I cittadini di Nìnive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.
Sal 24
Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza.
      Ricordati, Signore, della tua misericordia
      e del tuo amore, che è da sempre.
      Ricòrdati di me nella tua misericordia,
      per la tua bontà, Signore.
Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.
1 Cor 7, 29-31
Questo vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo!
Mc 1,14-20
14 Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15 e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». 16 Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17 Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». 18 E subito lasciarono le reti e lo seguirono. 19 Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch'essi nella barca riparavano le reti. 20 E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.
Sguardo d’insieme sui testi con riflessioni
- Giona, annoverato tra i profeti minori, svolge, nella pericope proposta dalla liturgia, l’incarico ricevuto da Dio a cui si era sottratto una prima volta: predica ed ottiene la conversione agli abitanti malvagi di Ninive.
Il narratore inserisce un dettaglio curioso: Ninive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Nessuna città antica è grande in questo modo. Ma Ninive è una città grande perché Dio se ne interessa nonostante la malvagità dei suoi abitanti. Il racconto vuole far sì che all’interno di Israele si elabori un concetto di Dio più aperto e sensibile anche a chi non merita il suo intervento.
- Del salmo 24 la liturgia riporta pochi versetti. Come in altri salmi  i personaggi sono tre:  l’orante, Dio ed il nemico (che è soprattutto interiore).
Par di sentire pulsare nel salmo lo spirito de vangelo: le colpe non sono motivo per sentirsi lontani da Dio con inutili sensi di colpa, ma per gustare la gioia della sua Misericordia: il Ricordati, Signore, della tua misericordia e del tuo amore è, più che un ricordare a Dio, un ricordare a noi stessi.
- I corinzi avevano posto per iscritto a Paolo alcuni quesiti, di cui il primo riguardava la vita sessuale nel matrimonio e nel celibato. L’apostolo, dal momento che nei primi tempi della formazione delle prime comunità cristiane si riteneva vicina la fine del mondo, fa riflettere sulla necessità dell’astensione sessuale, come modo migliore per innestare le proprie aspirazioni in ciò che è duraturo; passa infatti la figura di questo mondo. Il termine figura, schêma, può indicare la parte esterna e visibile, l’apparenza, destinata a passare. [Non si tratta di praticare uno sterile ascetismo, ma di una disciplina valida non soltanto nella paura della fine del mondo, bensì nella quotidianità: la gioia di amare scaturisce dalla disciplina interiore].
- Marco, sulla base della chiamata dei primi discepoli, offre una sintesi felicissima dei temi fondamentali di tutta la predicazione di Gesù: il compimento del tempo [cioè l’avvento del regno di Dio, da non circoscrivere nei limiti di un tempo storico, ma da considerare come manifestazione di Dio nella storia fin dalla creazione], la conversione, la fede al vangelo.
Questi tre elementi costituiscono l’elemento-chiave anche degli altri testi che, nel ruotare attorno al tema della Misericordia divina, si propongono di sollecitare l’impegno a cambiare la direzione del cammino nella propria esistenza: dall’avvitamento al proprio io al dono di sé. Anche gli affetti familiari che ad una lettura superficiale potrebbero sembrare messi in secondo piano -Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui- vanno, anziché trascurati, curati in altro modo, in vista del fatto che la disciplina del distacco è la più feconda.
Analisi del vangelo
14 Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio
L'evangelista, prima di parlare dell'attività di Gesù che viene situata in Galilea, luogo geografico ma soprattutto teologico, si premura di sottolineare che Giovanni è uscito di scena, poiché è stato arrestato. C’è dunque il passaggio di testimone dal Battista a Gesù.
Nella locuzione il vangelo di Dio, Marco si riferisce, anziché a Gesù, a Dio, cioè a Colui in nome del quale egli dà il lieto annuncio della salvezza (=trionfo del Bene sul Male) universale.
15 e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Il contenuto sintetico del versetto precedente è in certo modo spiegato ora, dove due dittici ne esplicitano il contenuto: il tempo, kairos, è giunto al suo termine alla pienezza; ossia è giunto il momento fissato da Dio per l'avvento della sua signoria, intesa nel senso evangelico dove è escluso ogni esercizio di potere-dominio. Gli esegeti discutono se questa affermazione sia da intendere in senso escatologico, cioè come tempo ultimo; infatti Marco non usa il termine kronos per parlare di questo tempo, ma appunto kairos.
L'invito alla conversione, metanoia, ha un riferimento profetico e indica un mutamento radicale della vita, imposto dalla presenza del regno di Dio. E' interessante notare che convertirsi è sempre preso in assoluto, senza un riferimento specifico (così come nella prima lettura): non c’è chi non abbia bisogno di convertirsi (momento per momento).
16 Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori.
Dopo il sommario, l'evangelista sembra voler esplicitare l'attività di Gesù e lo fa presentando una giornata tipo contrassegnata da diverse attività: chiamata dei discepoli (il testo odierno), esorcismi e guarigioni, preghiera e predicazione itinerante, che vedremo nelle prossime domeniche.
Il contesto della chiamata dei discepoli nel brano di Marco è molto diverso da quello che abbiamo meditato domenica scorsa in Giovanni e anche l'andamento dell'episodio richiama la nostra attenzione su aspetti differenti. La presenza del fatto in tutti i vangeli ne conferma la realtà storica; ogni evangelista tuttavia guarda la chiamata da un punto di vista specifico.
17 Gesù disse loro: «i farò diventare pescatori di uomini».
Gesù passa, vede e chiama con un comando: vediamo il modo tipico dell'evangelista di raccontare attraverso la descrizione del comportamento umano.
Il Venite dietro a me ricorda la chiamata di Eliseo da parte di Elia; qui allude alla comunicazione dello spirito di Gesù ai suoi seguaci (1,8). L'espressione pescatori di uomini, quasi sicuramente di Gesù, riflette la prassi missionaria della prima comunità cristiana: i chiamati sono destinati all'attività di reclutare altri uomini e donne per semplice contatto personale. La definizione dei credenti come pesci entrerà nel linguaggio della comunità cristiana delle origini.
18 E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Appare sorprendente questo modo di procedere. Molto probabilmente la conoscenza di Gesù fu graduale, ma ciò non toglie che la sequela di lui abbia caratteristiche specifiche: a differenza dei rabbini è Gesù che chiama con autorità e i discepoli imparano a conoscere lui e la sua dottrina. Del resto la citazione dei nomi propri, del luogo e del lavoro fanno pensare ad un evento reale anche se il racconto è schematizzato.
19 Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch'essi nella barca riparavano le reti.
L'evangelista sembra aver introdotto il luogo e il tempo, dandoci una specie di modello ideale della chiamata. La seconda coppia di fratelli si affianca alla precedente in una frase ben costruita che evidenzia come il testo abbia una sua armonia e, se pur precedente alla composizione di Marco, sia stato sin dall'inizio un tutto.
20 E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.
La citazione dell'abbandono del padre, pur mitigata dalla presenza di persone che lavorano con lui, sottolinea la radicalità della scelta dei due discepoli.
Ogni coppia di fratelli rappresenta un settore diverso della società galilaica; nella prima coppia, formata da Simone e Andrea, il rapporto è di uguaglianza, non di subordinazione, non si menziona il patronimico e i loro nomi sono greci, dimostrando in tal modo minore attaccamento alla tradizione. Invece la seconda coppia, Giacomo e Giovanni, hanno nomi ebraici, dimostrando di appartenere a un settore più conservatore, nel quale inoltre ci sono rapporti di disuguaglianza.
Note personali in forma frammentaria
- Mi chiedo a che potrebbe servire questa lettura liturgica se rivolta unicamente ai praticanti cattolici, o anche  ai fratelli cristiani, o semplicemente ai credenti in un Dio.
- Non è possibile che Dio si manifesti in Gesù (come nei profeti di tutti i tempi e luoghi) per scegliersi dei devoti, magari suggestionati da miracoli.
- Mi fa riflettere la parola CONVERSIONE che risuona nelle letture di oggi. Ma che significa veramente?
Sono tante le risposte dei commentatori consultati. Ecco quella che mi calamita di più: conversione è prendere le distanze dai propri sogni e programmi di vita e lasciarsi guidare nei sentieri che si nascondono nella vita quotidiana, camuffati di imprevisti, di eventi o, al contrario, di insopportabile noia…
- Riuscire a scoprire in tutto il disegno divino sembra impossibile; e lo è se non ci si aggrappa al senso del mistero per avere il coraggio di decidersi a rendere feconda di bene la propria vita.
- Il mistero non si può spiegare con parole o con ragionamenti, né può essere rimpicciolito dalla tendenza idolatrica che si nasconde nei cercatori dello straordinario. In tale tendenza ci si illude di andare alla ricerca del “santo” di turno: in realtà si vuole ingigantire il proprio io.

venerdì 16 gennaio 2015

II DOMENICA T.O.

I testi

Sam 3,10-19
In quei giorni, Samuèle dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava l’arca di Dio.
Allora il Signore chiamò: «Samuèle!» ed egli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire. Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuèle!»; Samuèle si alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuèle fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore. Il Signore tornò a chiamare: «Samuèle!» per la terza volta; questi si alzò nuovamente e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli disse a Samuèle: «Vattene a dormire e, se ti chiamerà, dirai: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta”». Samuèle andò a dormire al suo posto.
Venne il Signore, stette accanto a lui e lo chiamò come le altre volte: «Samuéle, Samuéle!». Samuèle rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta».Samuèle crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole.
Sal 39
Ho sperato, ho sperato nel Signore,
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
una lode al nostro Dio.
     Sacrificio e offerta non gradisci,
     gli orecchi mi hai aperto,
     non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato.
     Allora ho detto: «gli orecchi mi hai aperto».
«Nel rotolo del libro su di me è scritto
di fare la tua volontà:
mio Dio, questo io desidero;
la tua legge è nel mio intimo».
     Ho annunciato la tua giustizia
     nella grande assemblea;
     vedi: non tengo chiuse le labbra,
     Signore, tu lo sai.
1Cor 6,13-15.17-20

Fratelli, il corpo non è per l’impurità, ma per il Signore, e il Signore è per il corpo. Dio, che ha risuscitato il Signore, risusciterà anche noi con la sua potenza. Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo? Chi si unisce al Signore forma con lui un solo spirito. State lontani dall’impurità! Qualsiasi peccato l’uomo commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si dà all’impurità, pecca contro il proprio corpo. Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!
Gv 1,35-42
35 In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli 36 e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, dice: «Ecco l’agnello di Dio!». 37 E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38 Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì -che, tradotto, significa maestro- , dove dimori?». 39 Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. 40 Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41 Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» –che si traduce Cristo– 42 e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.
Sguardo d’insieme sui testi
- La pagina del Primo libro di Samuele racconta la vocazione di Samuele. Egli riceve da Dio un grande mandato (ungerà prima Saul e poi Davide re di Israele, dando così inizio alla monarchia). La liturgia puntualizza in maniera toccante la sua chiamata alla missione di profeta, per metterla in relazione con la chiamata di Pietro, di cui tratta il vangelo di oggi.
- Del salmo 39 la liturgia seleziona alcuni versetti, in cui il salmista scivola dal ringraziamento alla supplica, all’impegno nell’annunciare la verità che sente pulsare nel suo cuore, dopo avere ascoltato la chiamata divina. L’ascolto -gli orecchi mi hai aperto- diventa Annuncio quando scaturisce dall’adesione profonda alla volontà divina -la tua legge è nel mio intimo-.  
- Nel brano della Lettera ai Corinti viene delineata l’abissale distanza tra il rapporto puramente corporeo e quello nello spirito, nella sfera superiore della personalità, dove si realizza l’incontro vero, cioè non possessivo, con gli altri: voi non appartenete a voi stessi [o forse apparteniamo a noi stessi, proprio perché non ci facciamo assoggettare da pulsioni schiavizzanti]. L’espressione il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo specifica che non si raggiunge la completezza umana senza l’aiuto di Dio.
- Giovanni, nel brano del primo capitolo del suo vangelo, dopo il solenne prologo, presenta la settimana inaugurale della vita pubblica di Gesù, quando cominciò ad apparire come un rabbi predicatore. In quel momento, a circa trent’anni, Gesù era discepolo di Giovanni il Battista, poiché viveva con lui e con altri discepoli nei territori intorno al Giordano, là dove il fiume sfocia nel mar Morto.
Analisi del vangelo
Gv 1,35-42
35 In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli 36 e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, dice: «Ecco l’agnello di Dio! ».
Siamo di fronte ad uno dei racconti sulla prima formazione della comunità cristiana, a partire da una sorta di consegna o affidamento, da parte del Battista, dei suoi discepoli ad uno di loro, e cioè a Gesù. Il gioco dei verbi è importante: Giovanni stava (al passato), perché il suo compito è terminato, ma egli dice (al presente), indicando Gesù ai suoi discepoli.
Il fissare lo sguardo traduce il termine greco emblépsas, che mette in risalto un vedere intenso.
La locuzione Ecco l’agnello di Dio, detta in aramaico, lingua usata dal Battista, è talya’, che significa sia servo sia agnello (forse c’è un rimando all’agnello simbolico caro a quella letteratura popolare nota come apocalittica: l’agnello mite e indifeso che paradossalmente piega e sconfigge le belve del male).
37 E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
I discepoli comprendono immediatamente l’invito del Battista e lasciano il vecchio maestro per seguire il nuovo: la formazione della comunità avviene per contatto diretto.
38 Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?».
Gesù è in movimento -si voltò- e rivolge una domanda a coloro che lo seguono: Che cosa cercate? Sono queste le prima parole di Gesù nel vangelo di Giovanni e si ricollegano ad un testo importante verso il termine dello stesso vangelo, quando parla alla Maddalena.
Chiamandolo Rabbì, i discepoli dichiarano che intendono prenderlo per maestro e, chiedendo dove vive, si dimostrano pronti a seguirlo in maniera completa. Infatti il rapporto maestro-discepolo implicava non solo l’apprendimento di una dottrina, ma anche di un modo di vivere.
39 Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Il verbo della risposta di Gesù è all’imperativo presente, forse a voler rimarcare che vale per tutti i tempi. Gesù non si limita ad accogliere il loro desiderio, ma annuncia anche che vedranno, cioè diverranno suoi testimoni; infatti il verbo vedere in Giovanni ha uno stretto contatto con il verbo credere.
Il testo riporta l’ora decima, che viene tradotta con circa le quattro del pomeriggio: secondo il computo dell’epoca, il giorno iniziava al tramonto, l’ora dodicesima. La valenza di questa precisazione è simbolica: Gesù è giunto prima della fine del giorno per dare inizio al nuovo, che segnerà l’inizio della nuova umanità.
40 Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro.
Dei due primi discepoli di Gesù l’evangelista ne identifica solamente uno (l’altro rimarrà anonimo in tutto il vangelo). Andrea, che in greco significa uomo adulto, viene segnalato per la parentela con Simone, suo fratello, del cui soprannome, Pietro, verrà data la spiegazione lungo il corso del vangelo.
41 Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» -che si traduce Cristo-
La sottolineatura per primo (a differenza della tradizione sinottica che attribuisce questo fatto a Pietro), indica che l’attività di Andrea non si limita al fratello, ma prosegue.
Interessante notare la divulgazione della notizia su Gesù per contatto diretto. Ancora più interessante il fatto che Gesù sia ora designato come il Messia o Cristo, quando appena due versetti prima era un semplice rabbì, maestro.
42 e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.
La parola che Gesù rivolge a Pietro ribadisce comunque la priorità di quest'ultimo tra i suoi discepoli. E’ suggestiva la precisazione -Fissando lo sguardo su di lui- emblépsas autò: è lo sguardo che penetra dentro l’intimo della persona. Inoltre Gesù sa  vedere in anticipo la missione di Pietro: -sarai chiamato- in tempo futuro.
L’uso dell’articolo determinativo, il figlio di Giovanni, è in relazione a Giovanni Battista: tra maestro e discepolo, il secondo veniva definito figlio.
 Riflessioni
- I motivi ricorrenti dei testi liturgici sono la chiamata di Dio e la risposta di ciascuno.
- La precisazione dell’ora nel v.39 del brano evangelico è un dettaglio in apparenza superfluo che però sottolinea il contesto quotidiano in cui avviene l’incontro con Dio: si tratta di un’esperienza possibile a chiunque ed in ogni situazione.
- Nella domanda «Che cosa cercate?» emerge la caratteristica di Dio, ben riprodotta in  Gesù, di andare incontro all’inquietudine degli uomini. Chi non la sente echeggiare dentro di sé attraverso l’insoddisfazione che danno tutte le cose? L’importante è sapersi dare una risposta, leggendo nel profondo del proprio cuore.
- Interessante è la risposta che Gesù dà alla domanda dei due discepoli dove dimori?. Gesù non fa alcuna affermazione: bisogna che ciascuno cerchi dentro di sé.
- L’evangelista sembra voler segnalare l’anomalo comportamento di Simone nel non accennare ad alcuna sua reazione di fronte all’annuncio del fratello e nel non prendere alcuna iniziativa; infatti deve essere condotto da Andrea a Gesù, e, in tutta la scena dell’incontro con il Messia, non pronuncia neanche una parola. [Neanche mia mamma mi ha parlato molto di Gesù; mi ha dato il suo esempio di credente, praticante soprattutto attraverso le sue costanti visite alle persone ammalate e sole]. E come non pensare alla sovrabbondanza delle nostre parole quando ci facciamo trasmettitori della Parola di Dio?

 

venerdì 9 gennaio 2015

Battesimo di Gesù

I testi
Is 55, 1-11
Così dice il Signore: «O voi tutti assetati, venite all'acqua, voi che non avete denaro, venite; comprate e mangiate; venite, comprate senza denaro, senza pagare, vino e latte. Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro guadagno per ciò che non sazia? Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti. Porgete l'orecchio e venite a me, ascoltate e vivrete. Io stabilirò per voi un'alleanza eterna, i favori assicurati a Davide. Ecco, l'ho costituito testimone fra i popoli, principe e sovrano sulle nazioni. Ecco, tu chiamerai gente che non conoscevi; accorreranno a te nazioni che non ti conoscevano a causa del Signore, tuo Dio, del Santo d'Israele, che ti onora. Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino. L'empio abbandoni la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona. Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri. Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia, così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata».
Is 12
Ecco, Dio è la mia salvezza; io avrò fiducia, non avrò timore, perché mia forza e mio canto è il Signore; egli è stato la mia salvezza. Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome, proclamate fra i popoli le sue opere, fate ricordare che il suo nome è sublime. Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose eccelse, le conosca tutta la terra. Canta ed esulta, tu che abiti in Sion, perché grande in mezzo a te è il Santo d'Israele.
1 Gv 5, 1-9
Carissimi, chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato. In questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. In questo infatti consiste l'amore di Dio, nell'osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi. Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede. E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio? Egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l'acqua soltanto, ma con l'acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità. Poiché tre sono quelli che danno testimonianza: lo Spirito, l'acqua e il sangue, e questi tre sono concordi. Se accettiamo la testimonianza degli uomini, la testimonianza di Dio è superiore: e questa è la testimonianza di Dio, che egli ha dato riguardo al proprio Figlio.
Marco 1,7-11
7 In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. 8 Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».  10 E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. 11 E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
Analisi esenziale del vangelo
 7 In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali.
Marco, rispetto agli altri evangelisti, accentua l’asimmetria del confronto proclamato da Giovanni tra se stesso e Gesù; a tal fine, usa il verbo chinarsi, gesto di inferiorità rispetto a chi è superiore.
8 Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
In questa pericope è messa in luce la differenza sostanziale tra il battesimo di Giovanni e quello che darà Gesù (è omessa l'indicazione del "fuoco" presente in Matteo ed in Luca). Utilizzando il verbo al passato -vi ho battezzato- l’evangelista indica alla sua comunità che l’opera del Precursore è terminata ed ha avuto inizio quella di Gesù.
Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni.
L'incipit del versetto -
Ed ecco- evidenzia una possibile indipendenza della pericope dal brano precedente. La formula -in quei giorni- era usata dai profeti per annunciare la nuova alleanza o l’effusione dello Spirito, e per annunziare l’avvento di un’epoca in cui le promesse saranno adempiute.
La precisazione -venne da Nazaret, un villaggio sperduto della regione più nazionalista di Galilea, forse serviva all’evangelista per sottolineare la differente provenienza di coloro che andavano da Giovanni, ligi ai loro riti di carattere penitenziale e coloro che seguiranno Gesù, consapevoli della novità evangelica; potrebbe anche essere un segno che Gesù non è stato mai discepolo di Giovanni.
10 E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba.
Dopo il battesimo si verifica una teofania: i cieli si aprono (riferimento a Is 63,19b), ossia Dio si fa vicino, superando la barriera posta tra cielo e terra. E’ da ricordare che anche alla morte di Gesù Marco evidenzierà questo aspetto parlando dello scindersi del velo nel tempio di Gerusalemme.
Lo Spirito è presentato sotto forma di colomba, simbolo di Israele (Osea 11,11; Salmo 68,13; 74,19; 56,1); infatti con questa investitura Gesù può rappresentare il nuovo popolo di Dio.
1 E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».
La voce, cioè una rivelazione (Ap 4,1), è palese esclusivamente a Gesù; invece nei testi di Matteo e di Luca la parola trascendente investe tutti i presenti.
La frase sembra avere un aggancio anche ai testi di vocazione (Is 42,1; Sap. 2,13.16.18; Gn 22,2.12.16) e a Gv 1,34. Qui però non compare la parola servo, rivolta al ‘chiamato’, bensì quella di Figlio, di grande rilevanza nel vangelo di Marco, il quale sottolinea il legame unico di Gesù con Dio. Alcuni esegeti affermano che Marco, usando tale denominazione, vuole mostrare la piena acquisizione, da parte di Gesù, dell’autocoscienza della sua missione.
 
Puntualizzazioni
Il battesimo di Gesù al Giordano rappresenta il culmine del racconto evangelico su Giovanni Battista, e insieme l'inizio del ministero messianico di Gesù.
Dal punto di vista letterario, l'intera scena del Battesimo viene narrata nel linguaggio simbolico dell'Antico Testamento, come immersione in riferimento al passaggio del mar Rosso e del Giordano. Gesù, presentandosi come uno dei tanti, ha una condotta che deve essere sembrata così scandalosa alle prime generazioni cristiane, da essere riportata in tutto il suo realismo solo da Marco (che, secondo un’esegesi aggiornata, risulta il primo evangelista).
La Parola di Dio nel cuore [personale e discutibile]
 Non sono riuscita a commentare in maniera esauriente la liturgia odierna. I passi che precedono il vangelo, li ho visti attraversati da entusiastica fiducia nell’abbondanza che Dio concede a chi è fedele al Patto stabilito con il suo popolo. Allora mi ha assalito il dubbio di un’interpretazione sbagliata, poiché la predilezione divina non è arbitraria, ma concessa a chiunque si fa suo popolo.
Leggendo la pericope di Marco, un altro possibile inganno, poiché l’apparente semplicità del suo racconto nasconde una complessità, che è bene affidare soprattutto alla meditazione (mai da fare attraverso una lettura letteralistica) e al conseguente impegno a convertirsi.
Ecco la mia:
Conversione è mutazione del proprio orizzonte esistenziale, per aprirlo radicalmente fino ad acquisire l’ottica divina. L’ostacolo ad una vera conversione è una falsa concezione del divino, il quale è completezza dell’umano, dal momento che siamo stai creati ad immagine di Dio. Quando pensiamo alla santità come fenomeno eroico che si realizza in persone eccezionali ed eroiche, cadiamo nell’idolatria: ci illudiamo di potenziare le nostre capacità, superando i propri limiti attraverso il ricorso al santo (idolo) di turno; e, così facendo, ci avvitiamo ancor più ai nostri limiti. Perfino di Gesù facciamo un idolo quando lo adoriamo con riti usati in modo esteriore (per nostra colpa e non perché i riti siano da escludere), senza ascoltare Dio dentro di noi e senza tradurre l’ascolto nella propria vita.

domenica 4 gennaio 2015

EPIFANIA 2015 anno B


EPIFANIA 2015 anno B

I testi
 
Is 60, 1-6
Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra, nebbia fitta avvolge i popoli; ma su di te risplende il Signore,la sua gloria appare su di te. Cammineranno le genti alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere. Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio. Allora guarderai e sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché l'abbondanza del mare si riverserà su di te, verrà a te la ricchezza delle genti. Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Màdian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore.
Sal 71
O Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio di re la tua giustizia;
egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi poveri secondo il diritto.
  Nei suoi giorni fiorisca il giusto
  e abbondi la pace,
  finché non si spenga la luna.
  E dòmini da mare a mare,
  dal fiume sino ai confini della terra.
I re di Tarsis e delle isole portino tributi,
i re di Saba e di Seba offrano doni.
Tutti i re si prostrino a lui,
lo servano tutte le genti.
  Perché egli libererà il misero che invoca
  e il povero che non trova aiuto.
  Abbia pietà del debole e del misero
  e salvi la vita dei miseri.
Ef 3, 2-3. 5-6
Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero. Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo. Abbiamo visto la sua stella in oriente e siamo venuti per adorare il Signore.
Mt 2, 1-12
1 Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: 2 «Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». 3 All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4 Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. 5 Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: 6 "E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele"». 7 Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella 8 e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo». 9 Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10 Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. 11 Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. 12 Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.

 Introduzione

- Nelle varie culture la celebrazione dell'Epifania si accompagna a simboli e tradizioni diverse di derivazione molto antica, frammiste a contaminazioni più recenti come l'accensione di fuochi augurali, lo scambio di doni ecc. (portati, in Italia, dalla Befana, in ricordo dei doni portati a Gesù dai Magi).
- Il termine Epifania deriva dal greco epipháneia, che può significare apparizione, venuta, presenza divina.
- I Magi sono stati interpretati come Re per l'influsso di Isaia. Nel 1985 durante una campagna di scavi nel deserto egiziano delle celle a ovest del delta del Nilo, è venuta alla luce la più antica testimonianza dipinta (VII-VIII sec.) dei nomi, ignoti al Vangelo, dei Magi. Sull'intonaco bianco del muro di una cella un monaco aveva tracciato in rosso questi tre nomi: "Gaspare, Belchior, Barthesalsa". Si tratta di una delle tante deformazioni o variazioni che derivavano dai cosiddetti Vangeli apocrifi, testi nati dalla pietà popolare del cristianesimo primitivo, le cui pagliuzze d'oro di verità storica e di fede si nascondono in un magma di fantasie folcloristiche.
- Secondo Matteo i Magi (non precisati nel numero), guidati in Giudea da una stella, portano in dono a Gesù bambino, riconosciuto come "re dei Giudei": oro come omaggio alla regalità messianica, incenso come omaggio all’attesa figura profetica del ‘figlio di Dio’, mirra in anticipazione della Passione. Con questo episodio Matteo ribadisce l'origine davidica di Gesù ed evoca la profezia di Isaia, che descrive il gioioso pellegrinaggio delle nazioni verso Gerusalemme per inebriarsi della luce divina. La vicenda storica in sé non è impossibile, come invece alcuni critici sostengono, proprio perché il segno astrale era un codice culturale tipico di quell'epoca e poteva essere connesso con la diffusione delle speranze messianiche che l'ebraismo aveva favorito con la sua diaspora nel mondo. Ma è certo che l'evangelista vuole sorpassare il fatto storico e vuole far brillare significati ulteriori in questi uomini dell'Oriente.
- La storia dei Magi deve essere letta come una riflessione teologica che l’autore ha fatto sulla salvezza portata da Cristo ai popoli stranieri (non solo Israele). L’intenzione dell’evangelista è quella di esporre i fatti in modo da accentuare l’incredulità dei Giudei.
Analisi di Mt2,1-12
1 Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano:
Il termine Magi è la traslitterazione del termine greco magos.
I magi sono personaggi misteriosi, forse studiosi di astrologia o una casta sacerdotale e spesso nell'antichità funzionari reali; nel libo di Daniele (2,4) sono chiamati caldei. Erodoto li ricorda come interpreti dei sogni.
L’evangelista non si lascia condizionare dai pregiudizi religiosi e considera i “maghi”, quelli che la religione dichiara esclusi dalla salvezza, come i primi a rendersi conto della salvezza che Dio offre a tutta l’umanità.
L’indicazione -vennero da oriente- è piuttosto vaga: potrebbe indicare la Persia o la Mesopotamia o l'Arabia, o il deserto siriano.
2 «Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo».
La stella di cui parlano i magi ha soprattutto un significato simbolico (vedi la profezia di Balaam nel libro dei Numeri (24,17): la luce che ne promana è un elemento associato spesso alla nascita di personaggi famosi sia nella cultura profana sia nell'AT.
Nel compilare il suo racconto l'evangelista può essersi ispirato al viaggio della regina di Saba, o a quello del re di Armenia Tiridate che si recò a Roma nel 66 d. C. e rese omaggio a Nerone come a un Dio.
Il verbo proskynéin utilizzato dall'evangelista significa adorare, prostrarsi, rendere omaggio; dalle parole utilizzate pare che i magi indirizzino un omaggio ad un re terreno, ma Matteo rileggendo cristologicamente l'episodio, ne modifica il senso.
3 All'udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. 4 Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo.
Una notizia del genere, con un possibile rivale che rivendica il trono del regno, non poteva che preoccupare Erode e la classe dirigente, nonché il popolo su cui si riversava la crudeltà del re.
Matteo anticipa il tema dell'ostilità che il sinedrio mostrerà verso Gesù e anche il capo d'accusa, la rivendicazione del regno. E’ da ricordare che gli scribi conoscevano la Scrittura e la esponevano al popolo. Il fatto che vengano ulteriormente definiti come del popolo sta ad indicare il forte influsso che essi esercitavano sulla popolazione.
5 Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: 6 "E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l'ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele"».
Le Scritture (Michea 5,1) avevano preannunciato il luogo della nascita del Messia, che però Matteo adatta alla sua narrazione. Egli collega l’espressione: “re dei Giudei”, causa del turbamento di Gerusalemme, con il titolo che verrà appeso alla croce. Mentre il testo di Michea parla di un “dominatore” Matteo corregge questa immagine aggiungendo il testo di Samuele dove si accenna a un pastore. Il re Messia non dominerà sul proprio popolo, ma lo pascerà, si curerà di lui.
7 Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella 8 e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo».
Il comportamento di Erode è freddo e calcolatore. Di nuovo sono i magi i veri cercatori di Dio: solo i pagani in questa pagina seguono le indicazioni divine, espresse nella natura e nel testo sacro.
9 Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. 10 Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima.
Il movimento della stella sorprende poiché si muove da nord a sud (trovandosi Betlemme a pochi chilometri da Gerusalemme verso sud), come pure per la sua riapparizione.
L’espressione li precedeva ricorda l’esperienza degli israeliti nel deserto quando Dio camminava davanti al suo popolo.
Parlando di gioia grandissima Matteo sottolinea la certezza della vicinanza di Dio a chi persevera nella ricerca della fede. Tra l'altro è l'unica nota di gioia in tutto il vangelo dell'infanzia di Matteo (anche in questo molto diverso dal clima del testo lucano).
11 Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.
L'evangelista parla di casa per sottolineare la dignità del nuovo nato, a differenza di Luca che invece evidenzia la sua povertà; entrambi però indicano anche la presenza di Maria.
I magi poi compiono i gesti usuali nell'antico oriente per una visita ufficiale ad un re ed offrono doni. Il testo si ispira chiaramente ad Isaia 60,6, e al salmo 71,10, mentre gli oggetti offerti sono quelli più apprezzati in Oriente. Il gesto di omaggio dei magi è importante come riconoscimento offerto dai popoli pagani al Cristo. L’oro simboleggia la divinità, l’incenso l’offerta tipica dei sacerdoti nel tempio (ora da estendere a tutta l’umanità), la mirra il profumo della sposa nel Cantico dei Cantici, o anche l’unzione di Cristo, che espia i peccati tramite la sofferenza e la morte corporale.
12 Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.
Matteo vuole invitare i suoi lettori, anch'essi alla ricerca di Dio, a percorrere un'altra strada, simbolo di un modo nuovo d vivere.
Zibaldone
- Il significato di questa festa dell’Epifania è la manifestazione dell’amore universale di Dio.
- Il Vangelo non dice che i Maghi di Oriente si convertiranno o cambieranno religione. Senza dubbio quegli uomini hanno continuato a conservare le credenze ed i costumi che portavano dai loro paesi lontani. L’aspetto che rincresce è che la diversità di culture e religione è servita più per dividere e far scontrare i popoli e gli esseri umani che per unirci tutti; per questo le religioni hanno causato tanta violenza. La festa dell’Epifania è la festa dell’Accettazione della diversità. Il Dio di Gesù non è escludente, ma includente.
- Il racconto, superficialmente letto come una fiaba orientale, piena di profumi esotici, è in realtà denso di simbolismi che il lettore attento della Bibbia subito sapeva riconoscere. E’ carico di riferimenti teologici allusivi, un intarsio di citazioni e di temi legati all'Antico Testamento, e si riferisce alla storia del bambino Gesù in modo molto originale e libero. Non siamo quindi in presenza di una novella dolcissima per piccoli, quanto piuttosto davanti ad una vera e propria sintesi cristologica, distribuita sui fili sottili di una trama storica dalle maglie molto larghe e allentate e sui fili più robusti di uno schema di pensiero molto fitto e profondo.
- In un frammento del perduto Vangelo degli Ebrei, assegnabile alla prima parte del II secolo, i Magi, "indovini dal colorito scuro e dai calzoni alle gambe", sono un vero e proprio stuolo, guidato però da una terna di capi: Melco, Caspare e Fadizarda. Ancor più vivace è il Vangelo arabo dell'infanzia del V-VI secolo che considera i Magi come discepoli di Zarathustra, il profeta della religione iranica, e li fa protagonisti di un delizioso apologo sulle fasce di Gesù Bambino. Ascoltiamo l'ignoto autore: "La signora Maria prese una delle fasce del bambino e la diede loro in ricordo. Essi si sentirono onoratissimi di prenderla dalle sue mani". Rientrati nel loro paese, durante una festa in onore del fuoco sacro, gettarono quella fascia nelle fiamme del grande falò liturgico. Ma, spento il fuoco, ecco riapparire tra le ceneri, la fascia intatta. "Presero, allora, a baciarla e a imporsela sulla testa e sugli occhi".
- Un contadino aveva un campo infestato dai denti di leone. Egli provò invano di liberarsene. Infine, disperato, scrisse a colleghi agricoltori per conoscere i loro rimedi. Questa fu la risposta: noi ti suggeriamo di iniziare ad amarli.
- L’artista francese Renoir era afflitto da reumatismo acuto e per molti anni fu costretto a dipingere seduto su di una sedia. Un amico un giorno notò come si sforzava nel dipingere avendo dolori lancinanti. Gli disse: Adesso hai dipinto abbastanza, ora sei uno dei migliori artisti di Francia. Perché devi andare avanti torturandoti in questo modo? Renoir, senza quasi rimuovere lo sguardo dal quadro, gli rispose: i dolori passano, ma la bellezza rimane.
Nel suo celebre L'uomo senza qualità Robert Musil sottolineava: non è vero che il ricercatore insegua la verità. È la verità che insegue il ricercatore.
La poetessa ottocentesca americana Emily Dickinson scriveva: Silenziosamente una stella gialla raggiunse / il suo seggio elevato, / la luna sciolse l'argenteo cappello / che copriva il suo volto lustrale. / Tutta la sera si accese dolcemente / come un'astrale sala di festa. / "Padre", io dissi al Cielo / "sei puntuale".
Francis Jammes, tenero poeta francese morto nel 1938, amante dei valori cristiani e dei sentimenti semplici e delicati: O Signore, non ho, come i Magi che sono dipinti sulle immagini, / dell'oro da offrirti. / "Dammi la tua povertà!". / Non ho neppure, Signore, la mirra dal buon profumo né l'incenso in tuo onore. / "Figlio mio, dammi il tuo cuore!