giovedì 31 ottobre 2013

Ognissanti e domenica XXXI T.O. anno C

Letture della festività di Tutti i Santi
e della XXXI domenica T.O. anno C
Ap7,2-4.9-14
Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: 148 mila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele. Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen». Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».
1Gv3,1-3
Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.

Mt5,1-12
1 In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli.
2 Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
3 -1) Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
4 -2)  Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
5 -3) Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
6 -4) Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
7 -5) Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
8 -6) Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
9 -7) Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
10 -8) Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
11 -9 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
12 -10 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
Domenica XXXI T.O. anno C
Lc 19,1-10
[In quel tempo, Gesù] entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomoro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua. Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: “È entrato in casa di un peccatore!”. Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. Gesù gli rispose: Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.
PREMESSA
Nelle domeniche passate la liturgia ribadiva l'importanza della preghiera, e quale debba essere il giusto modo di pregare per entrare in una relazione profonda con Dio Padre. In questa domenica è presentato Zaccheo, personaggio negativo per professione e avidità, ma che "cercava di vedere chi fosse Gesù" (v.3). Luca non dice altro, ma dal seguito del racconto si capisce che questo suo desiderio non era solo curiosità verso l'ormai famoso rabbi itinerante di Nazareth: si coglie in lui una sottile inquietudine, probabilmente un'insoddisfazione, o la speranza che l'incontro con il Maestro porti qualcosa di nuovo nella sua vita. Determinato in questa ricerca, sfida il ridicolo e l'ironia della gente arrampicandosi come un ragazzetto su un albero, visto che non c'era altro modo per vedere Gesù al suo passaggio, anche per la bassa statura. E a questo punto Luca delinea magistralmente l'incontro che risulta emblematico: anche Gesù cercava Zaccheo, tanto da voler essere suo ospite, nonostante fosse ‘impuro’ in quanto pubblicano; e lui gli dichiara con ferma risoluzione (questo è il significato dell'alzatosi) di pagare di persona, a moneta suonante (cosa, facile a dirsi, non a farsi); ed ecco perché l’incontro con Gesù è efficace.
Ma questa Parola della domenica è preceduta da quella riguardante la festività di ‘Tutti i santi’.
Zaccheo può essere commentato attraverso un po’ di attenzione sul fatto che nella festività di due giorni prima, si parla di Santi [con la maiuscola o non). Vi sembrerà un assurdo o una forzatura, ma Zaccheo può essere annoverato tra essi, una volta messi d’accordo che i santi sono le persone più normali, di quella difficile normalità che permette di essere pienamente umani.
Chi sono i santi
Nelle letture bibliche si premette che essi sono beati; e segue l’elenco.
Il termine greco makàrios, felice, beato, ricorre 50 volte nel NT. E’ concentrato soprattutto nei Vangeli di Matteo (13 volte) e di Luca (15 volte). Nell'ambiente greco (Pindaro-Aristofane) è associato a eudàimón, felice, e riferito alla condizione di chi sta bene. Nel testo apocrifo, Enoch 58,2, conservato nella traduzione etiopica, di carattere apocalittico, si legge: Beati siete voi giusti ed eletti, perché gloriosa sarà la vostra sorte. E nel vangelo di Tommaso 54 (la famosa fonte Q: Gesù disse: Beati i poveri, perché vostro è il regno dei cieli.
Come orientarci?
E concetto ambiguo quello che allude alla santità.
La santità è solo di Dio, l’Altro, così trascendente e lontano che l’essere umano non può pensare di partecipare alla sua vita. La santità cristiana, se di questa vogliamo parlare, non è frutto di sforzo umano per raggiungere Dio. Zaccheo può aiutarci a trovare l’orientamento per cogliere il nesso tra l’insegnamento di Gesù sulla preghiera e l’ottenimento del dono di Dio attraverso di essa: col suo sguardo ammiccante rivolto a Gesù, egli si fa subissare dalla ‘grazia’; accettando l’auto-invito di Gesù, si rende vicino a lui, gusta il divino che trabocca in lui. La frase ‘scese in fretta e lo accolse pieno di gioia’ è sintomatica: a ragione si parla di beatitudine per significare ciò che spetta agli amici di Gesù.
Forse le beatitudini sono mal-capite. Non costituiscono il certificato della santità riservato a cristiani DOC; sono i segnali indicativi per chi ha sete del Dio unico, cioè per tutti, e perciò si apre alla comunione universale.
Matteo, nel costruire le beatitudini, compie un grande capolavoro letterario e lo conduce con grande impegno; sa di dover dimostrare che i comandamenti sono per un singolo popolo, Israele, mentre le beatitudini sono per tutta l’umanità. Rivolgendosi ad una comunità di giudei che hanno riconosciuto ed hanno accettato in Gesù il Messia atteso, a condizione che sia nella linea della tradizione, cioè sulla scia di Mosè e del profeta Elia, l’evangelista compie un’abile opera didattica e letteraria per far comprendere, sulla falsariga della vita e degli avvenimenti di Mosè, che Gesù è superiore. Per esempio, in quel tempo si credeva che Mosè fosse l’autore dei primi cinque libri della Bibbia, il Pentateuco; allora Matteo compone la sua opera dividendola esattamente in 5 parti, ognuna delle quali termina con parole identiche a quelle con le quali terminava uno dei libri di Mosè, e divide  il suo vangelo in 5 parti; il momento importante nella vita di Mosè è quando sale su un monte, il Sinai, e da lì Dio promulga l’alleanza con il popolo, e anche Gesù in questo vangelo sale su un monte e da lì annuncia la nuova alleanza; Mosè non riuscì ad entrare nella terra promessa, ma morì sul monte Nebo, e Gesù -soltanto nel vangelo di Matteo- compie la sua azione conclusiva su un monte. La differenza qui è marcata: mentre Mosè ha avuto bisogno di un successore, Gesù non ha bisogno di un successore: “ecco io sono con voi per sempre”.
E’ anche importante il numero delle beatitudini: in Matteo sono 8, cifra che simboleggiava la resurrezione di Cristo, e quindi la vita indistruttibile; Gesù è risuscitato il primo giorno dopo la settimana, cioè il giorno ottavo: allora il numero otto nel cristianesimo primitivo ebbe la figura della resurrezione (e nell’antichità i battisteri avevano forma ottagonale). Le beatitudini sono di 72 parole, perché la cifra indicava tutto l’universo conosciuto, e cioè il mondo pagano [oggi, si direbbe TUTTI].
Le beatitudini sono il più grande atto di speranza, anche perché la parola chiave è felicità. Solo che il senso di questa parola non equivale a godimento, bensì a pienezza di vita. Un solo esempio [tratto da una mia esperienza attraverso il racconto di una mia sorella suora]: una sua consorella ‘qualsiasi’, non candidabile all’aureola (!), pochi istanti prima di morire disse: ora capisco perché sono vissuta: per questo momento. Era il momento in cu tempo ed eterno erano tutt’uno, il momento della pienezza della vita.
Mi permetto di aggiungere un particolare che a prima vista può sembrare banale. La parola Halloween deriva dai culti pagani. A noi è giunta come Hallows'Even (=ogni sera): il che, tradotto attraverso la tradizione cattolica, alludeva ad ogni santo del calendario. Cosa interessa ciò a noi moderni? Fatto sta che il giorno onomastico, ormai dilatato oltre la sfera dei santi aureolati, equivale a Ognissanti. Siamo impastati di cattolicesimo tanto che esso esoda dallo stesso mondo cattolico, è pervasivo. Mi auguro che possiamo piegare tale pervasività verso l’invenzione di un onomastico su misura dell’umano nella sua totalità, della comunione universale. 
Analisi del testo di Matteo
essenziale, attinta dagli esperti (come tutto quanto qui trascrivo rielaborato)
1 In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli.
2 Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
Gesù con l'atteggiamento del maestro (seduto, con i suoi discepoli attorno) insegna dopo essere salito sul monte, luogo teologico in cui avviene la manifestazione di Dio. Il richiamo è al Sinai e alla consegna delle tavole della legge. La frase di Matteo -si mise a parlare e insegnava- è di tipo sapienziale, adottata per porre le basi di ascolto per un insegnamento importante.
3 -1) Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
La proclamazione delle beatitudini non è una serie di formule augurali, prospettiva del futuro che giungerà al momento del compimento; piuttosto è una affermazione, una costatazione di fatto, la proclamazione della situazione presente. Il tema inaugurale è quello dei poveri in spirito, secondo il concetto biblico di povertà: gli anawim infatti sono coloro che, curvi e umili, pregano Dio con insistenza e fiducia appoggiandosi all'amore di Dio, e attendono da lui aiuto senza confidare in nessuna forza umana; ed a loro Gesù promette il suo regno, presente nella sua persona e nella sua opera. Parlando di regno dei cieli, si usa il tempo presente; Infatti la beatitudine dell’appartenenza al Regno è già in atto, un fatto compiuto. La sottolineatura –poveri in spirito- è solo di Matteo, e allude ad un atteggiamento spirituale, più che alla povertà sostanziale (non sappiamo quanto questo aspetto sia condivisibile, perché potrebbe essere di comodo).
La formula “regno dei cieli” è usata perché l’evangelista non vuole urtare la suscettibilità dei giudei della comunità, secondo la tradizione di evitare l’uso del termine Dio.
4 -2)  Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
La categoria di coloro che piangono è affine a quella dei poveri: richiama Is 61,1-2 (cfr. anche Is 66,10s); infatti con Gesù si avvera la promessa profetica secondo cui Dio avrebbe consolato il suo popolo e tolto ogni motivo di dolore e affanno.
5 -3) Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Anche i miti sono una categoria simile a quella dei poveri (nel greco della LXX i due termini si assomigliano anche foneticamente). In passato, non comprendendo questa beatitudine, la terra era stata trasfigurata nell’aldilà, con la mania del paradiso, e i miti erano i sottomessi, gli obbedienti soprattutto all’autorità ecclesiastica. Si ripeteva lo schema dell’AT: quando il popolo era entrato nella terra di Canaan, la terra fu divisa secondo le tribù e ogni tribù la divise secondo i clan, in modo che ogni famiglia avesse un pezzo di terra. Dopo la divisione era successo che nel giro di 2 o 3 generazioni i più prepotenti si impossessarono della terra dei meno capaci. Il risultato fu che gran parte della terra fu posseduta da pochissime famiglie e la gran parte della gente era costretta ad andare a lavorare come bracciante nella terra che era stata di loro proprietà. Allora questi miti non rappresentano una qualità morale dell’individuo, ma una situazione sociale disperata; è la stessa differenza che c’è tra l’umile e l’umiliato.
6 -4) Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Chiude il primo gruppo la fame e sete della giustizia. Matteo offre di questa beatitudine una lettura più spirituale rispetto a Luca, poiché la giustizia si identifica con la volontà di Dio, e l'atteggiamento suggerito è quello del povero che attende il compimento delle promesse di Dio e nutre piena fiducia e disponibilità al volere di Dio; la giustizia di cui si parla è escatologica, anche se le sue applicazioni sono concrete. La posizione di Matteo ebbe fortuna nella chiesa cattolica (capire il perché è facile, ma forse non è altrettanto accettabile…)
7 -5) Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Il secondo blocco di beatitudini si apre con il tema della misericordia, caratteristica specifica di Dio (Es 34,6; Dt 5,9s; Ger 32,18); rispetto alle prime quattro beatitudini, quelle che seguono indicano atteggiamenti più operativi. Anche se non c’è riscontro in Luca, siamo di fronte all'autentico insegnamento di Gesù, rielaborato da Matteo o da una tradizione a cui egli ha attinto.
8 -6) Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Il cuore nella bibbia indica il centro della persona, l'intimo della coscienza, da dove nasce la vita religiosa autentica; la beatitudine rimanda all'invito dei profeti (cfr. Am 4,1-5; Is 1,10-17) alla purezza interiore e sottintende la condanna della doppiezza e dell'ipocrisia, così spesso contestata ai farisei (cfr. 6,1-18; 15,2; 23,25). Anche i salmi presentano la purezza del cuore come elemento fondamentale nel rapporto con Dio (51,10 e 24,3). La promessa di vedere Dio si riferisce alla comunione con Lui, possibile in pienezza nel suo regno, dove il credente potrà, e può in anticipo, gustare la sua presenza.
9 -7) Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
La parola pace, nella derivazione dall’ebraico shalòm, significa tutto quello che concorre alla piena felicità degli uomini. Il termine felicità è associato a Dio e a coloro che danno continuità alla sua creazione. Quando Paolo, maestro di Luca, parla di figli di Dio, vuol dimostrare che gli esseri umani sono chiamati a collaborare con Lui per favorire la vita degli oppressi. Ne consegue che lavorare per la pace è farsi collaboratori di Dio e suoi imitatori (quindi suoi figli).
10 -8) Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
L'ultima beatitudine rimanda alla situazione della comunità cristiana degli anni 80, quando i giudei convertiti al cristianesimo erano emarginati e scomunicati dalla società di fede giudaica; condividevano così la sorte di Gesù, ma per questa loro solidarietà con Cristo si rendevano già partecipi della consolazione e della gloria del regno dei cieli.
11 -9 Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
 12  -10 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.
I due versetti conclusivi non sono che un'applicazione dell'ottava beatitudine ai discepoli presenti nella comunità di Matteo, con la precisazione per causa mia (ossia di Cristo). Pare grave che il verbo perseguitare –dièkw- indichi la persecuzione in nome di Dio: nella stessa comunità cristiana c’era una parte che si era degradata ad una istituzione immobile regolata dalle leggi.

IN CHIUSURA
La confessione di una non-battezzata, Etty HIillesum, nel lager di Auschwitz:
In fondo, quelle a Dio sono le uniche lettere d'amore che si devono scrivere. *  Si deve essere capaci di vivere senza libri e senza niente. Esisterà pur sempre un pezzetto di cielo da poter guardare e abbastanza spazio dentro di me per congiungere le mani in una preghiera. * Dio dev'essere disseppellito dai cuori devastati dagli uomini, così come egli dev'essere dissotterrato dalla nostra anima dove giace coperto di pietra e di sabbia. * La mia vita è diventata un dialogo ininterrotto con te, mio Dio, un unico grande dialogo. A volte, quando me ne sto in un angolino del campo, i miei piedi piantati sulla tua terra, i miei occhi rivolti verso il tuo cielo, il mio volto si inonda di lacrime che sgorgano da un'emozione profonda e da gratitudine. Anche di sera quando, coricata sul mio letto, mi raccolgo in te, mio Dio, lacrime di gratitudine mi inondano il volto: e questa è la mia preghiera.

E l’apologo di un maestro indù. Egli un giorno mostrò ai discepoli un foglio di carta con un puntino nero nel mezzo. Che cosa vedete?, chiese. Ed essi: Un punto nero. Lui: Come? Nessuno di voi è stato capace di vedere il grande spazio bianco tutt'attorno?

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