venerdì 4 ottobre 2013

DOMENICA XXVII T.O. anno C
Ab 1,2-3;2,2-4
Fino a quando, Signore, implorerò aiuto e non ascolti, a te alzerò il grido: «Violenza!» e non salvi? Perché mi fai vedere l’iniquità e resti spettatore dell’oppressione? Ho davanti a me rapina e violenza e ci sono liti e si muovono contese. Il Signore rispose e mi disse: «Scrivi la visione e incidila bene sulle tavolette, perché la si legga con speditezza. È una visione che attesta un termine, parla di una scadenza e non mentisce; se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà. Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede».
2Tm 1,6-8.13-14
Figlio mio, ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in te mediante l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di carità e di prudenza. Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro, né di me, che sono in carcere per lui; ma, con la forza di Dio, soffri con me per il Vangelo. Prendi come modello i sani insegnamenti che hai udito da me con la fede e l’amore, che sono in Cristo Gesù. Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato.
Luca 17, 5-10
In quel tempo, 5 gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». 6 Il Signore rispose: Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe. 7 Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? 8 Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? 9 Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10 Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”.
INTRODUZIONE
La liturgia di questa 27° settimana del Tempo Ordinario parla di fede, di chi l’ha, da chi è donata, se e come questo dono possa essere accresciuto almeno alle dimensioni di un granello di senape, per essere in grado di produrre cose meravigliose, quali sradicare un gelso e piantarlo in mare.
Se le due domeniche precedenti, in maniera netta e forte hanno messo in guardia il discepolo dal reale pericolo derivato dall'accumulo delle ricchezze, il Vangelo di questa domenica sollecita a prendere le distanze dal pericolo insito nella stessa vita di fede, quando la si identifica nella pratica della religiosità, perché la fede è puro dono di Dio, da accogliere con l’umiltà del servo inutile, il quale non si ritiene degno di riconoscimenti da parte del padrone. L’umiltà del servitore può trasformare il suo atteggiamento di asservimento in atteggiamento di figlio che serve soltanto per amore.
Ma il brano di Luca raccoglie richiami a passi sparsi qua e là in tutti e quattro i vangeli, tanto da porre di fronte ad alcuni paradossi, attraversati da sottile ironia. Eppure c’è profondità e grande ricchezza di contenuto. Una sintesi interpretativa è difficile, soprattutto per l’abitudine, oggi accentuata, a semplificazioni di comodo.
Snoccioliamo, dunque, alcuni passaggi, cercando di ricucirli, anche attraverso le prime due letture; nella prima delle quali il discorso è di carattere generale: Abacuc si chiede perché e fino a quando durerà il male, la violenza, l'ingiustizia contro il popolo che Dio si è scelto; nella seconda Paolo sollecita Timoteo a perseverare nella fiducia, respingendo timidezza e paura, adottando uno stile improntato a forza, amore e saggezza, come fa lui in catene a motivo di Cristo. Il brano di Luca va confrontato con altri brani tratti, sia dagli altri evangelisti, sia dal suo stesso vangelo in altri contesti. Ma va confrontato anche con ciò che la tradizione biblica ha consegnato ai seguaci di Gesù come kerigma (insegnamento orale); con le urgenze derivate dalla situazione della comunità cristiana curata dallo stesso evangelista; soprattutto con la sua sete di verità, nella quale la preghiera resta elemento fondante.
Per accostarsi con serietà ai testi delle letture odierne bisogna scavare dentro le contraddizioni, senza eliminarle.
A noi che leggiamo il compito di un ulteriore confronto con le testimonianze che sono state lasciate nel solco della storia.
[Si rimanda alle considerazioni e testimonianze finali di questo post].
STRINGATA ANALISI TESTUALE
v.5 Il fatto che i discepoli siano chiamati apostoli e che Gesù sia chiamato il Signore, spinge a guardare ad un contenuto forte, importante. Accresci in noi la fede!: la cosa sorprendente in questa confessione di impotenza è il farla risalire ai tempi della vita di Gesù; gli stessi apostoli avrebbero riconosciuto che la loro fede era molto debole, tanto da implorarne la crescita, e Gesù avrebbe risposto affermando che la loro fede era effettivamente debole -Se aveste fede quanto un granello di senape-.
v.6 Il granello di senape è simbolo degli inizi del regno, partendo da valori umanamente insignificanti, e il sicomoro o gelso, considerato albero praticamente  non sradicabile, simboleggia la grandezza e la resistenza della fede matura.
Il brusco passaggio dal v.6 al v.7 vuole richiamare la preoccupazione di Gesù per i suoi che non sono in grado di scoprire il valore grande di essere servi elevati a figli.
vv.7-8 La domanda posta in bocca a Gesù è, come al solito, retorica; parte da un esempio della vita sociale ai tempi di Gesù per reagire contro l’atteggiamento (farisaico?), pretenzioso dinanzi a Dio, come ai tempi odierni in cui lo stesso atteggiamento acquista caratteri paradossali di ipocrisia diffusa nel corpo sociale, anche quando si auto-definisce laico.
v.9 Ovviamente nel testo non si intende dire che il rapporto con Dio sia come quello con un padrone; viene inculcato un rapporto con Lui non impostato in termini giuridici e convenzionali.
v.10 Siamo servi inutili. È curioso che alcuni, prendendo questo detto alla lettera, si identifichino con i servi, ignorando di essere figli di Dio, precludendosi così di scoprire e vivere il rapporto di figliolanza. Non è da dimenticare che nello stesso Luca, ad esempio in 12,37, c’è l’affermazione solenne: Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.
Per innalzare la soglia del proprio amore di figli bisogna abbandonare quel rapporto servo-Signore che era stato imposto da Mosè.
L'aggettivo achreios (inutile) non sembra scelto bene, visto che il servo non è stato inutile; ma proprio il suo senso paradossale mette l'accento sul messaggio di Luca: vivere la fede in quell’atteggiamento di umile servizio che determinerà la metanoia, la trasformazione dell’asservimento in atto di amore filiale.
CONSIDERAZIONI E TESTIMONIANZE
a) Considerazioni
Si assiste ad un fenomeno molto strano nell’appellarsi alla Parola di Dio o, comunque, ispirata; ci si serve di definizioni; e lo si fa, presumendo di avvalorarle con citazioni, dimenticando che la Verità tradotta in parole umane si sperde, in un certo senso, in esse. Quando però si va a definire la verità che è nella Parola di Dio, ci si accorge che non si parla di verità. Questa è una sola; al contrario le verità sono personali e quindi molteplici. Succede come quando si fa un tassello ad una zucca e la si svuota del suo contenuto: all'esterno è zucca, all'interno vi è il nulla assoluto; poi ognuno la dipinge come vuole e vi pone all'interno ciò che desidera. Così avviene per la Parola di Dio riempita ogni giorno di nuove falsità, nuove eresie, nuove menzogne, nuovi errori, nuove invenzioni degli uomini. E così muore la fede.
L'intreccio fede-religione-potere politico, da sempre presente nella storia del cristianesimo (come ovunque) è frutto di imposizione: attraverso questa si cerca di convalidare presunte verità utili, come il rafforzamento dei poteri costituiti a tutela dell’ordine sociale, dando fondamento solido  ad un’etica e ad una morale.
E’ ingenuo pensare che questi atteggiamenti e questi connubi siano legati a determinate epoche storiche che oggi non desterebbero più preoccupazione. Oggi il discorso ha altri risvolti: non sono poche le idee di missione: sono secolari quelle, nella chiesa cattolica, ancora legate alla implantatio Ecclesiae, ovvero all'instaurazione della Chiesa in luoghi dove ancora è assente o minoritaria, senza il minimo sforzo di inculturazione e di dialogo con la realtà locale e contemporanea, certamente secolarizzata e globalizzata, ma non per questo da demonizzare; ma anche in altre chiese, in altre religioni, in altri movimenti culturali, si riproduce lo stesso paradigma. Di questo bisogna liberarsi il più possibile.
b) Testimonianze
Teresa di Cal­cutta scrive: nel nostro servizio non contano i risultati, ma quan­to amore metti in ciò che fai. Il servizio è più vero dei suoi risultati, più importante del­la ricompensa e dei successi. Fede vera non è piantare al­beri nel mare, neanche Gesù l'ha mai fatto. Fede vera è nel miracolo di dire: voglio esse­re semplicemente servitore di quelle vite che mi sono affi­date: mio marito, mia moglie, i miei figli, l'anziano che ha perso la salute, e non avanzo neppure la pretesa della sua guarigione. Servitore come il mio Signore, venuto per ser­vire, non per essere servito. Mi bastano allora grandi campi da arare, un granelli­no di fede, e occhi nuovi di speranza.
Teresa di Gesù Bambino: così la priora del convento, che era sua sorella, ci lascia testimonianza della sua fede attraversata dall’oscurità, ma sostenuta dall’amore universale.
Le sue sofferenze erano inesprimibili. Ad un tratto, guardando l’immagine di Maria, posta in faccia al suo letto disse:
Oh l’ho pregata con un fervore! Ma è l’agonia pura, senza traccia di consolazione.
Tutta la giornata, senza un attimo di riposo, rimase tra i tormenti. Pareva alla fine delle forze e tuttavia riusciva ancora a muoversi e sedersi sul letto. Rivolgendosi alla priora, disse:
Madre mia le assicuro che il calice è pieno fino all’orlo! Sì, Dio mio, tutto quello che vorrete, ma abbiate pietà di me! mi pare di aver cercato sempre la verità sola. Non mi pento di essermi offerta all’Amore, anzi… Non avrei mai creduto possibile soffrire tanto! Mai! Mai! Non posso spiegarmelo se non con i desideri ardenti che ho avuto di salvare le anime. Oh non vorrei soffrire meno!
E fissando gli occhi sul Crocifisso:
Oh…l’amo!… Dio mio, Vi amo!
Papa Francesco: comunicando con Eugenio Scalfari, così mette in chiaro il suo modo di voler mettere in atto il filone imboccato dal Vaticano II, storicamente rimasto inesaudito: [riporto pochissimi luminosi stralci]:
La Chiesa è o deve tornare ad essere una comunità del popolo di Dio e i presbiteri, i parroci, i Vescovi con cura d'anime, sono al servizio del popolo di Dio… Il clericalismo non dovrebbe avere niente a che vedere con il cristianesimo.
Francesco vagheggiava una Chiesa povera che si prendesse cura degli altri, ricevesse aiuto materiale e lo utilizzasse per sostenere gli altri, con nessuna preoccupazione di se stessa. Sono passati 800 anni da allora e i tempi sono molto cambiati, ma l'ideale d'una Chiesa missionaria e povera rimane più che valida. Questa è comunque la Chiesa che hanno predicato Gesù e i suoi discepoli ...
I padri conciliari sapevano che aprire alla cultura moderna significava ecumenismo religioso e dialogo con i non credenti. Dopo di allora fu fatto molto poco in quella direzione. Io ho l'umiltà e l'ambizione di volerlo fare.
In quest’ultimo ossimoro si può trovare il compendio inedito dell’elemento-chiave che attraversa il brano evangelico di oggi; lo sintetizzo, a mia volta, in queste parole che rappresentano l’unica definizione possibile di che cosa è la fede: UNA FEDE UMILE E CORAGGIOSA.

[Mi permetto di rivolgermi alle donne che, in seno al femminismo, vorrebbero suggerire la linea essenziale in ordine alla cosiddetta questione femminile. A mio parere, dal momento che egli si impegna a disincagliare la chiesa dal clericalismo, pone le premesse per restituire al mondo femminile parità di diritti effettivi nella chiesa. Non sappiamo se riuscirà a tanto, anche per la sua formazione entro la gerarchia maschile, ma certamente offre l’occasione per dargli una mano].

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