11 agosto 2013 XIX Domenica
T.O. anno C
Sap 18, 6-9
La notte [della liberazione] fu
preannunciata ai nostri padri, perché avessero
coraggio, sapendo bene a quali giuramenti avevano prestato
fedeltà. Il tuo popolo infatti era in attesa della salvezza dei
giusti, della rovina dei nemici. Difatti come punisti gli
avversari, così glorificasti noi, chiamandoci a te. I figli santi dei
giusti offrivano sacrifici in segreto e si imposero, concordi, questa
legge divina: di condividere allo stesso modo successi e
pericoli, intonando subito le sacre lodi dei padri.
Eb 11, 1-2.8-19
Fratelli, la fede è
fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede
i nostri antenati sono stati approvati da Dio. Per fede, Abramo, chiamato
da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì
senza sapere dove andava. Per fede, egli soggiornò nella terra promessa
come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e
Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città
dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso. Per
fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare
madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo
da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza
numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la
spiaggia del mare e non si può contare. Nella fede morirono tutti costoro,
senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da
lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. Chi parla
così, mostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella
da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; ora invece
essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non
si vergogna di essere chiamato loro Dio. Ha preparato infatti per loro una
città. Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui,
che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era
stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti
che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche
come simbolo.
Lc 12, 32-48
In quel tempo, Gesù disse ai
suoi discepoli: 32 Non temere, piccolo gregge, perché al Padre
vostro è piaciuto dare a voi il Regno. 33 Vendete ciò che
possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro
sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. 34 Perché,
dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore. 35 Siate
pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; 36 siate
simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo
che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. 37 Beati quei
servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi
dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a
servirli. 38 E se, giungendo nel mezzo della notte o prima
dell’alba, li troverà così, beati loro! 39 Cercate di capire
questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si
lascerebbe scassinare la casa. 40 Anche voi tenetevi pronti
perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo. 41 Allora
Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per
tutti?». 42 Il Signore rispose:Chi è dunque l’amministratore
fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la
razione di cibo a tempo debito? 43 Beato quel servo che il
padrone, arrivando, troverà ad agire così. 44 Davvero io vi
dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 45 Ma se
quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse
a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46 il
padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che
non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli
infedeli. 47 Il servo che, conoscendo la volontà del padrone,
non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; 48 quello
invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne
riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu
affidato molto, sarà richiesto molto di più.
Le tre letture
Ciascuna delle prime due
letture illustra il tema fondamentale del testo di Luca, e cioè la Fede che
richiede Fedeltà e Vigilanza, nel contrasto
tra buio della ragione e luce della
Verità (così come canta la preghiera di Taizé, La ténébre
n'est point ténébre devant toi: la nuit comme le jour est lumière).
Il tutto da riassumere nella
parabola di un Dio che sorprende.
a) Il Libro
della Sapienza, scritto in lingua greca nella seconda metà del I secolo
a.C., ultimo dell’Antico Testamento, è un testo contenuto nella Bibbia
cristiana, ma non accolto nella Bibbia ebraica e nella tradizione protestante.
La precedente tradizione cristiana lo aveva attribuito, per espediente
letterario, al re Salomone; in verità l’autore è un semplice saggio israelita,
pieno di fede nel Dio dei padri.
b) La
Lettera agli Ebrei, scritta in greco intorno al 70, ma il cui titolo è
successivo, ci è stata trasmessa in seno all'epistolario paolino, anche se ci
sono seri motivi per non attribuirla a Paolo, date le differenze stilistiche e
contenutistiche con le sue lettere. L'autore è una persona di vasta cultura
giudaico-ellenistica; dimostra una profonda conoscenza dell'Antico Testamento e
probabilmente si rivolge a una comunità di Ebrei ellenistici cristiani. Oggi, però,
si ritiene che la lettera sia indirizzata a cristiani pervenuti già da tempo
alla fede, con lo scopo di rinsaldarne la vocazione. - Nella chiesa antica
l'inserimento della Lettera agli Ebrei nel canone del Nuovo
Testamento incontrò alcune resistenze, comunque, fu accettata e apprezzata da
parecchi Padri della Chiesa. Molti suoi versetti furono utilizzati nelle
controversie cristologiche. - E’ inclusa nel canone della
Bibbia protestante e Lutero stesso ne esaltò la cristologia. – Gesù è
presentato come il vero sacerdote (cioè l’Investito di autorità da Dio). -
L'intento dell'autore sembra essere quello di dare una nuova interpretazione
del vero significato della legge mosaica e di dimostrarne il carattere
simbolico e transitorio, sottolineando, al tempo stesso, l'importanza della
nuova alleanza rispetto all'antica. Viene in tal modo fornita una visione
dottrinaria del significato messianico del sacrificio di Cristo e dell'unicità
ed universalità del suo sacerdozio. - Il concilio vaticano II ha fatto scoprire
nel testo un equilibrio di valutazione non sufficientemente notato in
precedenza. La lettera, infatti, si guarda bene dall'affermare l'esistenza di
due religioni contrapposte.
Nel brano di Lettera che oggi
leggiamo si parla di Fede, fondamento di ciò che si spera e
prova di ciò che non si vede, col richiamo ad Esodo e ad Abramo,
figura gigantesca di fedeltà nel buio totale di ogni ragione, il quale è luce
per chi aderisce, vigilante, al mistero di Dio.
Inquadramento esegetico del
testo di Luca
Ci troviamo di fronte ad uno’
tra i brani più compositi, cioè derivati da varie fonti; e non mancano
inserzioni redazionali: a volte nello stesso versetto si intrecciano più
componenti.
Il contenuto è in continuità
col brano della domenica scorsa, in particolare circa il rapporto tra potere e
servizio.
Luca scrive quando nella
comunità cristiana incombe il senso di attesa del ritorno
del Cristo in quella che era chiamata Parusia: si riteneva
che essa dovesse avverarsi presto, forse durante l’arco della propria esistenza.
Egli vuole esortare i suoi a passare dall’attesa ad una responsabile
vigilanza, nonché alla fiducia che scaturisce dalla fede in un Dio il quale non
agisce da padrone, bensì da servo.
Lo sguardo e le parole di Gesù,
che nel brano di domenica scorsa erano rivolti alla folla con un severo
ammonimento sulla cupidigia, ora si indirizzano direttamente ai discepoli. Il
cerchio intorno ad essi si stringe: cambiano i destinatari delle sue parole e
anche il registro e l'intensità. L'invito precedente ad abbandonarsi ad un
Padre provvidente che ben conosce le necessità dei suoi figli, nel brano di
oggi si fa esortazione al coraggio fiducioso: Non temere, piccolo
gregge…
Le immagini della cintura ai
fianchi e del vegliare la notte in attesa di qualcuno rispecchiano, oltre che
il senso della paura dell’inatteso, l’intervento rassicurante di Dio stesso,
come sempre è avvenuto attraverso i profeti. Le successive parabole, accorpate
in un’una sola, commentano l’atteggiamento umano nell’attesa e permettono di
riflettere sull’agire di Dio nei riguardi di chi agisce (o non agisce) nella
direzione da lui voluta.
La metafora del gregge,
ricorrente nell'A.T. per qualificare il popolo eletto, include quella
protettiva e illuminante di Dio Pastore. Luca, usando il qualificativo piccolo,
non allude esclusivamente al gruppo dei discepoli di Gesù, ma al suo essere
abbozzo del popolo escatologico esteso a tutta l’umanità. Ciò risulta più
chiaro subito dopo, quando si specifica che il piccolo gregge non deve avere
paura: il Padre, nella sua bontà gratuita, l'ha fatto destinatario del bene
salvifico per eccellenza, il Regno; la stessa piccolezza del gregge è
giusta condizione per non avere timore: se non si ha nulla da
perdere, tutto è da ricevere in dono.
L'attesa e le lampade evocano
la notte, tempo di riposo, incontro, preghiera; ma anche arco teso
d'insonnia, velo di paura, silenzio sospeso. La veglia è lunga; eppure non è
tempo vuoto.
Al v.42, nell’utilizzo del titolo Kyrios per
parlare del padrone, l'evangelista allude ad un Gesù investito di autorità come capo
della Chiesa, che verrà al momento della Parusia; e, utilizzando anziché il
termine servo, quello di amministratore -nome con il quale venivano designati i
responsabili nelle comunità paoline-, ha presenti le funzioni ideali richieste
per un responsabile di comunità, e cioè la fedeltà e la prudenza.
Con l’espressione del v. 48b -Dio
chiederà molto a colui cui ha dato molto- si rende evidente l’intento
di spronare la comunità [dell’evangelista] a sfruttare carismi e funzioni per
il bene di quell’intera Chiesa che le coeve comunità cristiane nascenti
volevano realizzare.
Nello sfondo
c’è sempre la storia della salvezza nella quale si realizzerà la grande
promessa indirizzata verso la piena comunione con Dio. Promessa che la liturgia
odierna evoca nella prima lettura con il richiamo ai nostri padri, e nella seconda che fa di Abramo il prototipo dei credenti, sempre
pellegrini in cammino verso la vera patria. Tale cammino è contrassegnato
dall'attesa, ma anche dalla resistenza delle ragazze che sono dipinte nell’atto
di vegliare con le lampade accese. Ma si profila anche uno sfondo in cui non mancano i
delusi, ancora non pronti ad accogliere il messia come sposo dell'umanità.
Nella storia
universale e personale
a) Citazioni
sull’Attesa vigilante e gioiosa
Il salmo 32
che oggi la liturgia offre alla lettura, così recita: Ecco, l'occhio del Signore veglia su chi lo teme, su
chi spera nella sua grazia, per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di
fame. Così, l'anima nostra attende il Signore, egli è nostro aiuto e nostro scudo...
In Lucrezio
una frase recita così: un non so che d'amaro sorge dall'intimo stesso di ogni piacere e ci angoscia
già nel mezzo delle nostre delizie.
Agostino d’Ippona
afferma: Nel suo pellegrinaggio la
Chiesa (ma sarebbe bene parlare
dicristiani) prosegue tra
le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio.
Tenzin Gyatso,
grande spirito religioso che conosciamo come il XIV Dalai Lama, interrogandosi
sul senso della vita, si chiede cosa sia felicità e così esclama: Dal profondo del nostro essere desideriamo, in tutta
semplicità, la gioia. Non so che cosa l'universo e le sue innumerevoli
galassie, le sue stelle e i suoi pianeti potrebbero esprimere di più importante
di questo desiderio. E' evidente che noi che viviamo su questa terra siamo
posti di fronte al dovere di costruire, per noi stessi, un'esistenza felice;
perciò è importante scoprire che cosa determina il grado più elevato di
felicità.
b) La risposta
divina all’Attesa
La risposta autentica e
incisiva all’Attesa nasce dal silenzio, ossia dalla riflessione e
dall’interiorità, e -per il fedele- dalla preghiera e dalla meditazione: solo
allora si fa strada la parola sapiente e sensata, nella quale è Dio stesso a
rivelarsi tacitamente.
Il Dio dell’Horeb -1Re 19,12-
si svela a Elia, non nelle folgori, nel vento tempestoso e nel terremoto bensì
in una qol demamah daqqah, in una voce di silenzio sottile.
Anche la sapienza greca
pitagorica ammoniva che il sapiente non rompe il silenzio se non per
dire qualcosa di più importante del silenzio.
Nietzsche osservava che è
difficile vivere con gli uomini perché è assai difficile farli stare in
silenzio.
c) e
nella testimonianza incarnata nell’attesa
Lutero
si esprimeva così: Non legendo vel studendo, sed patendo immo et
moriendo fit theologus. La profezia si innesta nel collaudo martiriale (=
fatto di testimonianza).
Teresa
di Lisieux, sospirava in punto di morte, in un presentimento di gioia: l’attendo!
Simone
Weil vedeva nell’attesa la quintessenza dell’umano; e Attesa di Dio è
il titolo della sua opera mistica più bella.
Riflessioni
a) Fino a
che i cristiani continueremo a vedere la ‘sequela Christi’ incarnata in
categorie e simboli africani, asiatici eccetera, resteremo chiusi allo spazio
dello Spirito, destinato a tutta l’umanità. Abbiamo il dovere di chiederci,
come in At 11,17, chi siamo noi per porre impedimento a Dio? Un
seme di verità si nasconde nel cuore di tutti (e le suggestioni più belle le
ricaviamo da persone qualsiasi…).
b) Mi
associo a tutti gli appartenenti alla linea profetico-mistica mondiale, e cerco
di rompere il guscio che imprigiona il mio io, tentato, ma non rassegnato
all’indolenza del cedimento. E prego quasi da inconsapevole, perché il grido di
invocazione mi fa scoprire in compagnia di un tu che
spezza ogni solitudine:
nuda attesa
affronterei a lampada spenta
per interminabili anni
per accenderla al tuo incontro
*
non m’accorgo che tu già mi precedi
e non servirà una mia lampada
se sei già pronto ad investirla
della tua luce
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