sabato 16 giugno 2012

XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Anno B - 17/06/12

Marco 4, 26-34

In quel tempo, 26 Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno. 27 Dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. 28 Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; 29 e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
30 Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31 È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; 32 ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
33 Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. 34 Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

Commento attraverso Lorenzo Tommaselli ed i suoi maestri.
Sotto forma di parabole, Gesù espone ora i due aspetti del messaggio: quello individuale, la genesi dell’uomo nuovo, e quello comunitario, lo sviluppo e le caratteristiche della società nuova.
Gesù si rivolge di nuovo alla folla ed espone in due parabole il segreto del Regno, i due aspetti o tappe del regno di Dio. Nella prima parabola propone l’aspetto individuale, l’uomo si realizza mediante un processo interno di assimilazione del messaggio, che culmina nella disposizione al dono totale (il frutto [=l’uomo] si consegna/è maturo). La semina avviene sulla terra, per indicare l’universalità (cfr. 2,10), e colui che semina deve rispettare questo processo interiore. La mietitura rappresenta il momento in cui l’individuo si inserisce pienamente nella comunità; sia nella sua fase terrena che in quella finale (cfr. 13,27).
Nella seconda parabola espone l’aspetto sociale del Regno; partendo da inizi minimi deve estendersi a tutto il mondo, ma senza lo splendore né la magnificenza.Non c’è continuità con il passato (seme nuovo e non ramo dell’antico cedro, come in Ezechiele). Tanto meno si colloca su un alto monte come nel testo profetico, ma sulla terra, indicando universalità; il risultato sarà una realtà dall’apparenza modesta, ma che offrirà accoglienza ad ogni persona che cerca libertà (gli uccelli del
cielo). Il Regno, quindi, esclude l’ambizione del trionfo personale e dello splendore sociale.
Gesù lavora pazientemente con la folla e continua ad esporle il messaggio con altre parabole. Il gruppo dei discepoli (4,10: i Dodici), che non abbandona l’ideologia del giudaismo, continua a non capire, è al livello di quelli di fuori. Gesù non lo abbandona; spiega loro il significato delle parabole che avrebbero dovuto capire da soli. L’altro gruppo non compare più: dopo la precedente esposizione di Gesù ha capito il segreto del Regno e si è reso ideologicamente indipendente dai Dodici.
Riflessioni
Da un seme pieno, un albero; da un albero vigoroso, frutti saporosi, che sono per l’uomo: per la sua vita, le sue relazioni, i suoi cammini quotidiani e faticosi. E per questo l’uomo loda Dio e ringrazia la sua terra.
Un seme è come il Regno, piccolo e grande, limitato ed esplodente, semplice e virtuoso, singolo ed universale. Così ogni vita. È il ritmo di nascita e di crescita, d’inizio e di sviluppo: origini e maturità. Da qui prende inizio l’uomo, gli uomini, famiglia, gruppo, comunità, umanità. E tutto questo è Regno di Dio. Ed è Lui che ha alimentato i semi, spargendoli a piene mani, e tutte le cose
hanno cominciato ad esplodere di vita: le acque hanno coperto la terra, i cieli sono diventati infiniti, l’universo si è dilatato. Anche l’uomo si è formato di semi speciali, pieni di vita e di spirito, simile a quello eterno di Dio: del Padre creatore, del Figlio generato, dello Spirito donato.
Questo è il regno dell’uomo che crea e pone in essere, che genera e dona amore, e fonda comunità di amore. Diventa egli responsabile della vita, della crescita del dono divino, e si fa accogliente e proponente, allungando mani benedicenti, dilatando spazi senza riserve, perché in questo Regno c’è posto per tutti. a) Per chi non ancora ha pensato Dio e parlato con Lui. E perciò cerca e aspetta, per trovare riferimenti ed offerte di solidarietà, di giustizia, di lealtà, di condivisione di progetti di speranza. b) E nei perimetri di questo Regno potrà trovare risposte e proposte per chi ancora è confuso e non riesce a leggere segni divini e si incammina per trovare grammatiche e registri per apprendere nuovi linguaggi di carità, nuovi significati che appartengono a questo Regno, e comincia ad imparare parole e gesti di pace, di perdono, di dono, di comunione, di confidenza con Dio che abita in questo recinto senza confini. Questo è il Regno di Dio.
E tutto è nato da quel seme, piccolo-umile, pieno-vitale, vivo-donante, come il cuore di Dio, come i cuori delle donne e degli uomini, di Chiesa, della società, dell’umanità. Che vivono, lavorano, intrecciano relazioni, svolgono compiti sociali o politici, fanno liturgie, senza dimenticare Dio, senza distrarsi da chi cammina accanto, senza badare solo ad utili ma investendo anche in amore, condiviso e partecipato. E con umiltà cosmica servono la terra e gli uomini tutti, con la medesima ansia dell’inventore del nuovo regno di amore donante.

Personale , dando sviluppo a ciò che ho sottolienato in rosso (sopra).
Al solito i teologi progressisti (verso i quali non manco di stima) sottolineano l’apetto di discontinuità tra vecchio e nuovo. Io modestamente trovo che la rivoluzione di Gesù è, per così dire, anti-ideologica: contro l’irrigidirsi di ogni forma religiosa e non. Quando vorremmo che la parola nuova dischiudesse una volta per tutte l’ingresso nella Verità assoluta facciamo anche noi un’operazione ideologica, sia pure di segno contrario alla precedente. Gesù apre spazi di libertà interiore che debbono tradursi in opere e soprattutto in una mentalità che non è stata buia nel passato e luminosa soltanto ora. Egli sa di non essere capito e spiega ogni cosa  in privato (v.34), cioè nell’intimo delle coscienze. La purezza e l’universalità del messaggio evangelico non saranno mai riprodotte totalmente da nessuna comunità-chiesa e da nessuna società organizzata. Gesù ci vuole buoni seminatori in grado di resistere alla cristallizzazione della verità in formalismi vecchi e nuovi (ed è già un ‘capire’ interiorizzato vedere che nessuna comunità umana ne è esente). ‘Vitale’ e ‘mortale’ non sono mai disgiunti, come crocifissione e risurrezione. Bisogna inserirsi in un processo di liberazione, che nessuna forzatura potrà accelerare. La luce della Fede esige l’umiltà e la pazienza dell’attesa fiduciosa. Ausilia

1 commento:

Armando e Lucia ha detto...

Tutto splendido!da questo commento apprendo aspetti nuovi mai considerati. Sara' la tramadei miei commenti ascoltando l'omelia di domani domenica 17. Armando e lucia.