venerdì 2 febbraio 2018

IV DOMENICA T. O. anno B


Mc1,21-28

21 Poi entrarono in Capernaum, e subito, in giorno di sabato, egli entrò nella sinagoga e insegnava. 22 E la gente si stupiva della sua dottrina perché egli li ammaestrava come uno che ha autorità e non come gli scribi. 23 Ora nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito immondo, il quale si mise a gridare, 24 dicendo: Che vi è fra noi e te, Gesù Nazareno? Sei tu venuto per distruggerci? Io so chi tu sei: Il Santo di Dio. 25 Ma Gesù lo sgridò, dicendo: Taci! ed esci da costui!. 26 E lo spirito immondo, straziandolo e mandando un gran grido, uscì da lui. 27 E tutti furono sbalorditi, tanto che si domandavano fra loro dicendo: Che è mai questo? Quale nuova dottrina è mai questa? Egli comanda con autorità persino agli spiriti immondi, ed essi gli ubbidiscono. 28 E la sua fama si diffuse subito per tutta la regione intorno alla Galilea.

 

C o m m e n t o

 

1. L’INDEMONIATO DI CAFARNAO

Comincio con una messa a punto sul temine diavolo.

Questo nome deriva dal tardo latino diabolus, che traduce il termine greco diàbolos, (da dia=attraverso e ballo=caccio, getto; significa colui che divide), che è stato a sua volto tradotto dall’ebraico Satan, usato a partire dal III secolo d.C.

Il termine demònio deriva da una traslitterazione del greco daimónios; indicava un’entità neutra appartenente agli dèi, la qale poteva essere, sia benevola sia malevole; solo col cristianesimo assunse esclusivamente un significato negativo. Lo troviamo nella Bibbia Vulgata (= diffusa tra il popolo), edizione dei Settanta curata da Girolamo tra la fine del 4° e l’inizio del 5° secolo. Il termine fu definitivamente consacrato dal concilio di Trento nel 1546.

Il primo racconto di Marco che leggiamo nella pericope di questa domenica coinvolge la figura-persona di un demonio (il parallelo c’è solo in Luca). Al centro c’è Cristo con la forza della sua parola, che sollecita la professione di fede fatta dal demonio: Io so chi tu sei: Il Santo di Dio. Nel mondo ebraico il ‘Santo di Dio’ è Colui che è separato da…’. La separatezza di Gesù non si manifesta in una sorta di alterità, diversità, distanza, quanto, al contrario, nella compromissione con  l’umanità.

La replica di Gesù è tipica di Marco: Taci! Questo imperativo epifanico rivela l’autorevolezza di Gesù. Su esso si stende il velo del segreto messianico (all’inizio della vita pubblica, nessuno doveva sapere che Gesù fosse il Cristo, il Messia atteso).

A partire dal momento in cui i capi religiosi si erano resi conto che era apparso un Profeta autentico, a differenza di chi (gli scribi) imponeva al popolo carichi e norme, Gesù si rese conto del conflitto che stava per esplodere nella sinagoga di Cafarnao; ma non fece nulla per evitarlo. Egli sapeva che  il suo compito era quello di liberare le coscienze da ogni giogo, non escluso quello che causa maggiore sottomissione, e cioè una religione basata soltanto su regole ed adempimenti imposti in nome della Legge; basti dire che il Talmud, il libro sacro degli ebrei, nel quale si affermava la superiorità delle decisioni e delle parole degli scribi rispetto a quelle della Torah. A ragione in seguito Gesù denuncerà, rivolgendosi proprio a loro: Come potete dire ‘noi siamo saggi perché abbiamo la legge del Signore’? A menzogna l’ha ridotta lo stilo menzognero degli scribi.

Certamente l’episodio narrato da Marco è di grande importanza perché mette a fuoco la gravità (benefica) del grande trapasso culturale e spirituale, suscitato dall’agire e dire di Gesù; e risulta evidente che una rivoluzione simile trova il diavolo tremendamente sorpreso. Da qui la sua protesta contro Gesù: Sei tu venuto per distruggerci?

La versione CEI esprime così la paura esplosa in Sinagoga. E tutti furono sbalorditi. Ma i tutti di cui si parla non avevano timore; il loro era (gradito) sbalordimento.

Certamente la gente sentiva nel messaggio di Gesù un’eco nuova che raggiungeva il loro cuore, mentre si manifestava come rovina per il diavolo, il quale veniva atterrito dall’azione liberatrice di Gesù col suo comandare con autorità persino agli spiriti immondi. [L’aggettivo immondo è uno dei tanti attributi con i quali la fantasia ha costruito l’immagine del Maligno: immondo o impuro sono termini che alludono ad una depravazione sessuale attribuita ad un essere incorporeo, per colorarlo maggiormente di negatività!]

2. L’INSEGNAMENTO DI GESU’ E NOI

Se vogliamo trarre un insegnamento forte dal vangelo che leggiamo, dobbiamo entrare da attori nello strano dialogo scritto da Marco.

Figuriamoci allora, rivolta a noi la domanda che risuona tra gli ascoltatori: Che è mai questo? Quale nuova dottrina è mai questa?

Sono domande che sintetizzano come rischia di diventare la fede, se non si prendono le distanze dal diavolo.

Esaminiamo se anche noi non ragioniamo come gli altri: Cosa c'entra Gesù con l'economia, con la politica, con il lavoro, con gli affetti, e via dicendo? Un tipo di ragionamento, questo, che è in bocca, non agli atei convinti, ma ai credenti deboli; a quelli che vogliono sentirsi a posto solo con le osservanze religiose e/o con la pace da mantenere nella famiglia, nei luoghi frequentati per adempiere i propri ‘doveri’, ecc.. E per loro tutto finisce qui.

L’indemoniato non rappresenta soltanto i cattivi, ma più facilmente quelli che frequentano la chiesa (in quel caso la sinagoga), recitano preghiere, praticano devozioni, ecc.; ma stanno lontani dai profeti che potrebbero introdurre insegnamenti come quelli del nuovo Profeta.

Sei venuto a rovinarci? Ecco la ragione di tanta lontananza: molti, forse,  erano convinti che egli (il Profeta) si proponesse come uno che la sapeva più lunga rispetto ai soliti maestri della sinagoga. Erano convinti che correre appresso ad uno come Gesù fosse pericoloso.

Presumere di sé tiene lontani dalla verità: si preferisce il solito quieto vivere all’ascolto vigile di verità da approfondire con mente purificata dai luoghi comuni.

Argutamente sant'Agostino commenta questo passo evangelico con raffinato umorismo: non vantarti della fede, non ti distingui ancora dai demoni.

Intanto il v.28 conclude plaudendo alla novità predicata da Cristo: E la sua fama si diffuse subito per tutta la regione intorno alla Galilea.

 

3. CRISTO LIBERATORE E L’OSTACOLO IMPENSATO

Concordando con G. Ravasi, cominciamo con l’affermare che noi, anziché credere nel diavolo come causa del male, sappiamo di poter riporre la speranza di salvezza in Cristo liberatore.

In che cosa consiste questa salvezza che Gesù promette a chi lo vuol seguire?

Già la domenica scorsa ci ha sorpreso l'immediatezza della risposta dei discepoli alla Chiamata.

Se ci chiediamo seriamente da che cosa sia stata provocata, forse sapremo darci una risposta: dall’aver visto su quel Volto, in quello sguardo, la possibilità di una risposta rispondente alle nostre più profonde aspirazioni.

Riassumendo un pensiero del padre Molinié, possiamo dire che, se oggi ci sono ancora dei cristiani, è perché quanto è accaduto ai Chiamati dipende dall’aver incrociato lo Sguardo di Gesù che scava nelle profondità della  coscienza.

Quali difficoltà si oppongono?

Azzardiamo una risposta: il timore che prima ricadremo nella nostra routine perché ci troveremo di fronte ad un qualche ostacolo imprevisto.

E di fatto non è raro che dopo aver interrogato la razionalità, dopo aver cercato di far vibrare le corde della sensibilità nell’incontro con Cristo, Dio possa sfuggire ancora dal nostro orizzonte.

Il cercatore di verità ha paura di dover lottare ancora per ritrovare un Dio che non sempre risponde ai nostri richiami e che fa silenzio.

Eppure come a Giobbe il silenzio può far capire che non serve a nulla ragionare di fronte all’enorme e terribile problema del male. Bisognerebbe piuttosto farsi alleati di Dio contro il male…

Ed è questo il messaggio religioso del poema attribuito a Giobbe: l'essere umano deve persistere nella fede anche quando non capisce e il suo spirito non ne è appagato.

4. BREVE APPROFONDIMENTO attraverso il poema di Giobbe

Kierkegaard nella sua Ripresa così scrive: Se io non avessi Giobbe!... Non posso spiegarvi minutamente e sottilmente quale significato e quanti significati abbia per me. Io non lo leggo con gli occhi come si legge un altro libro, me lo metto per così dire sul cuore e in uno stato di ‘clairvoyance’ interpreto i singoli passi nella maniera più diversa. Come il bambino che mette il libro sotto il cuscino per essere certo di non avere dimenticato la lezione quando al mattino si sveglia, così la notte mi porto a letto il libro di Giobbe. Ogni sua parola è cibo, vestimento e balsamo per la mia povera anima. Ora svegliandomi dal mio letargo la sua parola mi desta a una novella inquietudine, ora placa la sterile furia che è in me, ora mette fine a quel che di atroce vi è nei muti spasimi della passione.

Sottoponiamo ora a Giobbe la nostre perplessità:

Quando Dio tace o si fa assente interiormente, come assumere da soli il peso del male e del dolore, soprattutto se lo vediamo iscritto sulla pelle degli innocenti?

Ed ha ragione Giobbe a giustificare il dolore anche se assurdo ed esasperante?

Egli capisce le domande che a suo modo gli rivolge una moglie alquanto impertinente. E le risponde umilmente: Ecco, sono ben meschino: che ti posso rispondere? Mi metto la mano sulla bocca. Ho parlato una volta, ma non replicherò; ho parlato due volte, ma non continuerò.

Il poema rivela, attraverso il silenzio (questa volta) di Giobbe, di essere stato folgorato da una illuminazione: Dio ha pensieri e disegni che non sono i nostri, perché è trascendente. A noi spetta adorare il mistero.

5. RIFLESSIONE PERSONALE

Cito dal salmo di oggi:

Se ascoltaste oggi la sua voce! / Non indurite il cuore come a Merìba, / come nel giorno di Massa nel deserto, / dove mi tentarono i vostri padri: / mi misero alla prova / pur avendo visto le mie opere.

Di fronte ad un Dio che ci tenta (prova), anche l’essere umano mette a prova Dio. Oggi più che mai. Ne sono inorridita e ho paura.

Proprio ieri ho visto le due scimmiette in cui si è operato il ‘miracolo’ della clonazione!!!! Che vanto! Si auspica che presto si realizzi lo stesso prodigio nel corpo umano.

Non intraprendo l’inutile fatica di elencare le astrusità con le quali l’essere umano si colloca a posto di Dio per fare meglio di Lui. il ragionamento è sempre lo stesso. La vita, se è modificata da noi, è migliore fin dal concepimento; anzi prima del concepimento, si possono allungare le mani nel corpo della donna perché concepisca attraverso strumenti idonei. E ancora prima, si può operare tutto facendo a meno di genitori che non riescono, poveracci, a produrre in maniera naturale.

Chiudo tacendo di altri ‘prodigi’ e non mi piace fare la predica.

Davvero Dio è messo alla prova

Io sono inerme come Dio, perché sono dalla sua parte e non voglio indurire oltre il mio cuore.

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