Mc1,21-28
21 Poi entrarono in Capernaum, e subito, in giorno di sabato,
egli entrò nella sinagoga e insegnava. 22 E
la gente si stupiva della sua
dottrina perché egli li ammaestrava come uno che ha autorità e non come gli
scribi. 23 Ora
nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito immondo, il quale
si mise a gridare, 24 dicendo:
Che vi è fra noi e te, Gesù Nazareno? Sei tu venuto per
distruggerci? Io so chi tu sei: Il Santo di Dio. 25 Ma Gesù lo sgridò,
dicendo: Taci! ed esci da costui!. 26 E lo spirito immondo,
straziandolo e mandando un gran grido, uscì da lui. 27 E tutti furono
sbalorditi, tanto che si domandavano fra loro dicendo: Che è mai questo? Quale nuova dottrina è mai questa? Egli comanda con
autorità persino agli spiriti immondi, ed essi gli ubbidiscono. 28 E la sua fama si
diffuse subito per tutta la regione intorno alla Galilea.
C o m m e n t o
1. L’INDEMONIATO DI CAFARNAO
Comincio
con una messa a punto sul temine diavolo.
Questo
nome deriva dal tardo latino diabolus,
che traduce il termine greco diàbolos,
(da dia=attraverso e ballo=caccio, getto; significa colui che divide), che è stato a sua volto
tradotto dall’ebraico Satan, usato
a partire dal III secolo d.C.
Il
termine demònio deriva da una traslitterazione
del greco daimónios; indicava un’entità neutra appartenente agli dèi, la
qale poteva essere, sia benevola sia malevole; solo col cristianesimo assunse
esclusivamente un significato negativo. Lo troviamo nella Bibbia Vulgata (= diffusa tra il popolo), edizione dei Settanta curata da Girolamo tra la fine del 4° e l’inizio del
5° secolo. Il termine fu definitivamente consacrato dal concilio di Trento nel
1546.
Il primo racconto di Marco che leggiamo nella
pericope di questa domenica coinvolge la figura-persona di
un demonio (il parallelo c’è solo in Luca). Al centro c’è Cristo con la forza
della sua parola, che sollecita la professione di fede fatta dal demonio: Io so chi tu sei: Il Santo di Dio. Nel mondo ebraico il ‘Santo di
Dio’ è Colui che è separato da…’. La separatezza di Gesù non si manifesta in
una sorta di alterità, diversità, distanza, quanto, al contrario, nella
compromissione con l’umanità.
La replica
di Gesù è tipica di Marco: Taci!
Questo
imperativo epifanico rivela l’autorevolezza di Gesù. Su esso si stende il velo
del segreto messianico (all’inizio
della vita pubblica, nessuno doveva sapere che Gesù fosse il Cristo, il Messia
atteso).
A
partire dal momento in cui i capi religiosi si erano resi conto che era apparso
un Profeta autentico, a differenza di chi (gli scribi) imponeva al popolo
carichi e norme, Gesù si rese conto del conflitto che stava per esplodere nella
sinagoga di Cafarnao; ma non fece nulla per evitarlo. Egli sapeva che il suo compito era quello di liberare le
coscienze da ogni giogo, non escluso quello che causa maggiore
sottomissione, e cioè una religione basata soltanto su regole ed adempimenti
imposti in nome della Legge; basti dire che il Talmud, il libro sacro degli
ebrei, nel quale si affermava la superiorità delle decisioni e delle parole
degli scribi rispetto a quelle della Torah. A ragione in seguito Gesù
denuncerà, rivolgendosi proprio a loro: Come potete dire ‘noi siamo saggi
perché abbiamo la legge del Signore’? A menzogna l’ha ridotta lo stilo
menzognero degli scribi.
Certamente
l’episodio narrato da Marco è di grande importanza perché mette a fuoco la
gravità (benefica) del grande trapasso culturale e spirituale, suscitato dall’agire
e dire di Gesù; e risulta evidente che una rivoluzione simile trova il diavolo
tremendamente sorpreso. Da qui la sua protesta contro Gesù: Sei tu venuto per distruggerci?
La
versione CEI esprime così la paura esplosa in Sinagoga. E tutti furono
sbalorditi. Ma i tutti di cui si parla non avevano timore; il loro era (gradito)
sbalordimento.
Certamente
la gente sentiva nel messaggio di Gesù un’eco nuova che raggiungeva il loro
cuore, mentre si manifestava come rovina per il diavolo, il quale veniva
atterrito dall’azione liberatrice di Gesù col suo comandare
con autorità persino agli spiriti immondi. [L’aggettivo immondo è uno dei tanti
attributi con i quali la fantasia ha costruito l’immagine del Maligno: immondo o
impuro sono termini che alludono ad una depravazione sessuale attribuita ad un
essere incorporeo, per colorarlo maggiormente di negatività!]
2. L’INSEGNAMENTO DI GESU’ E NOI
Se vogliamo trarre un
insegnamento forte dal vangelo che leggiamo, dobbiamo entrare da attori nello
strano dialogo scritto da Marco.
Figuriamoci allora, rivolta a noi la domanda che
risuona tra gli ascoltatori: Che è mai questo?
Quale nuova dottrina è mai questa?
Sono domande che sintetizzano come rischia di diventare la
fede, se non si prendono le distanze dal diavolo.
Esaminiamo
se anche noi non ragioniamo come gli altri: Cosa
c'entra Gesù con l'economia, con la politica, con il lavoro, con gli affetti, e
via dicendo? Un tipo di ragionamento, questo, che è in bocca, non agli atei
convinti, ma ai credenti deboli; a quelli che vogliono sentirsi a posto solo
con le osservanze religiose e/o con la pace da mantenere nella famiglia, nei
luoghi frequentati per adempiere i propri ‘doveri’, ecc.. E per loro tutto
finisce qui.
L’indemoniato
non rappresenta soltanto i cattivi, ma più facilmente quelli che frequentano la
chiesa (in quel caso la sinagoga), recitano preghiere, praticano devozioni,
ecc.; ma stanno lontani dai profeti che potrebbero introdurre insegnamenti come
quelli del nuovo Profeta.
Sei venuto a rovinarci? Ecco la ragione di tanta
lontananza: molti, forse, erano convinti
che egli (il Profeta) si proponesse come uno che la sapeva più lunga rispetto ai
soliti maestri della sinagoga. Erano convinti che correre appresso ad uno come Gesù
fosse pericoloso.
Presumere
di sé tiene lontani dalla verità: si preferisce il solito quieto vivere
all’ascolto vigile di verità da approfondire con mente purificata dai luoghi
comuni.
Argutamente
sant'Agostino commenta questo passo evangelico con raffinato umorismo: non
vantarti della fede, non ti distingui ancora dai demoni.
Intanto
il v.28 conclude plaudendo alla novità predicata da Cristo: E la sua fama si
diffuse subito per tutta la regione intorno alla Galilea.
3. CRISTO LIBERATORE E L’OSTACOLO IMPENSATO
Concordando con G. Ravasi, cominciamo con l’affermare che noi,
anziché credere nel diavolo come causa del male, sappiamo di poter riporre la speranza
di salvezza in Cristo liberatore.
In che
cosa consiste questa salvezza che Gesù promette a chi lo vuol seguire?
Già la
domenica scorsa ci ha sorpreso l'immediatezza della risposta dei discepoli alla
Chiamata.
Se ci
chiediamo seriamente da che cosa sia stata provocata, forse sapremo darci una
risposta: dall’aver visto su quel Volto, in quello sguardo, la possibilità di una
risposta rispondente alle nostre più profonde aspirazioni.
Riassumendo
un pensiero del padre Molinié, possiamo dire che, se oggi ci sono ancora
dei cristiani, è perché quanto è accaduto ai Chiamati dipende dall’aver incrociato
lo Sguardo di Gesù che scava nelle profondità della coscienza.
Quali
difficoltà si oppongono?
Azzardiamo
una risposta: il timore che prima ricadremo nella nostra routine perché ci troveremo di fronte ad un qualche ostacolo
imprevisto.
E di
fatto non è raro che dopo aver interrogato la razionalità, dopo aver cercato di
far vibrare le corde della sensibilità nell’incontro con Cristo, Dio possa
sfuggire ancora dal nostro orizzonte.
Il cercatore
di verità ha paura di dover lottare ancora per ritrovare un Dio che non sempre
risponde ai nostri richiami e che fa silenzio.
Eppure
come a Giobbe il silenzio può far capire che non serve a nulla ragionare di
fronte all’enorme e terribile problema del male. Bisognerebbe piuttosto farsi
alleati di Dio contro il male…
Ed è
questo il messaggio religioso del poema attribuito a Giobbe: l'essere umano
deve persistere nella fede anche quando non capisce e il suo spirito non ne è
appagato.
4. BREVE APPROFONDIMENTO attraverso il poema di Giobbe
Kierkegaard nella sua Ripresa così scrive: Se io non avessi Giobbe!... Non posso spiegarvi
minutamente e sottilmente quale significato e quanti significati abbia per me.
Io non lo leggo con gli occhi come si legge un altro libro, me lo metto per
così dire sul cuore e in uno stato di ‘clairvoyance’ interpreto i singoli passi
nella maniera più diversa. Come il bambino che mette il libro sotto il cuscino
per essere certo di non avere dimenticato la lezione quando al mattino si
sveglia, così la notte mi porto a letto il libro di Giobbe. Ogni sua parola è
cibo, vestimento e balsamo per la mia povera anima. Ora svegliandomi dal mio
letargo la sua parola mi desta a una novella inquietudine, ora placa la sterile
furia che è in me, ora mette fine a quel che di atroce vi è nei muti spasimi
della passione.
Sottoponiamo ora a Giobbe la nostre perplessità:
Quando
Dio tace o si fa assente interiormente, come assumere da soli il peso del male
e del dolore, soprattutto se lo vediamo iscritto sulla pelle degli innocenti?
Ed ha
ragione Giobbe a giustificare il dolore anche se assurdo ed esasperante?
Egli
capisce le domande che a suo modo gli rivolge una moglie alquanto impertinente.
E le risponde umilmente: Ecco, sono ben
meschino: che ti posso rispondere? Mi metto la mano sulla bocca. Ho parlato una
volta, ma non replicherò; ho parlato due volte, ma non continuerò.
Il
poema rivela, attraverso il silenzio (questa volta) di Giobbe, di essere stato
folgorato da una illuminazione: Dio ha pensieri e disegni che non sono i
nostri, perché è trascendente. A noi spetta adorare il mistero.
5. RIFLESSIONE PERSONALE
Cito
dal salmo di oggi:
Se ascoltaste oggi la sua voce! / Non indurite il cuore come a
Merìba, / come nel giorno di Massa nel deserto, / dove mi tentarono i vostri
padri: / mi misero alla prova / pur avendo visto le mie opere.
Di fronte ad un Dio
che ci tenta (prova), anche l’essere umano mette a prova Dio. Oggi più che mai.
Ne sono inorridita e ho paura.
Proprio ieri ho visto
le due scimmiette in cui si è operato il ‘miracolo’ della clonazione!!!! Che
vanto! Si auspica che presto si realizzi lo stesso prodigio nel corpo umano.
Non intraprendo
l’inutile fatica di elencare le astrusità con le quali l’essere umano si
colloca a posto di Dio per fare meglio di Lui. il ragionamento è sempre lo
stesso. La vita, se è modificata da noi, è migliore fin dal concepimento; anzi
prima del concepimento, si possono allungare le mani nel corpo della donna perché
concepisca attraverso strumenti idonei. E ancora prima, si può operare tutto
facendo a meno di genitori che non riescono, poveracci, a produrre in maniera
naturale.
Chiudo tacendo di
altri ‘prodigi’ e non mi piace fare la predica.
Davvero Dio è messo alla prova…
Io sono inerme come
Dio, perché sono dalla sua parte e non voglio indurire oltre il mio cuore.
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