venerdì 19 gennaio 2018

DOMENICA III T.O. anno B


DOMENICA III T.O. anno B

Mc1,14-20

14 Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio,15 e diceva: Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo. 16 Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 17 Gesù disse loro: Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini. 18 E subito lasciarono le reti e lo seguirono. 19 Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. 20 E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.
 

Prima Lettura

Gio 3, 1-5. 10

Fu rivolta a Giona questa parola del Signore: «Alzati, va' a Nìnive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Giona si alzò e andò a Nìnive secondo la parola del Signore. Nìnive era una città molto grande, larga tre giornate di cammino. Giona cominciò a percorrere la città per un giorno di cammino e predicava: «Ancora quaranta giorni e Nìnive sarà distrutta». I cittadini di Nìnive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece.

Salmo 24-25

Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza.
      Ricòrdati, Signore, della tua misericordia
      e del tuo amore, che è da sempre.
      Ricòrdati di me nella tua misericordia,
      per la tua bontà, Signore.

Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.

Seconda Lettura

1 Cor 7, 29-31

Questo vi dico, fratelli: il tempo si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero; quelli che usano i beni del mondo, come se non li usassero pienamente: passa infatti la figura di questo mondo!

 

C o m m e n t o

 

BREVE INTRODUZIONE

Quest’anno liturgico leggiamo il Vangelo secondo Marco, il più breve ed il più asciutto dei quattro, che non pretende di descrivere come avvennero realmente i fatti, ma va alla sostanza di ciò che narra.
L’evangelista non aveva mai incontrato Gesù tu a tu; aveva seguito Pietro, e ora scrive per cristiani provenienti dal paganesimo.
Il suo è un racconto di vocazione conservato nella memoria, scritto da lui quando era giovane, su suggerimento di Simone il pescatore (al quale fu dato il nome di Pietro), per i discepoli di Roma e per Babilonia.
Ora Marco si propone di affidare il suo vangelo alla comunità, nonché ad ogni credente che si faccia, a sua volta, testimone nella pratica di vita e missionario della Parola di Dio.

 

LA LITURGIA ODIERNA

Sulla scena della liturgia di oggi, appare innanzitutto il profeta Giona, uomo famoso nella Scrittura [attenzione: non è storia!] per la sua riluttanza ad eseguire l'incarico missionario affidatogli da Dio di predicare a Ninive e per la conseguente punizione di finire gettato in mare e ingoiato da un pesce che nel ventre rimase per tre giorni.
Nella liturgia lo vediamo in giro per la grande città di Ninive, perché, una volta ravvedutosi, ha riacquistato la fiducia di YHWH ed ha eseguito il suo compito di predicare ed esortare i Niniviti alla conversione.
Il motivo per cui Giona aveva inizialmente opposto un rifiuto alla sua missione è semplice: la città in cui veniva inviato non aveva fede. Giona si trovò a percorrere tre giornate di cammino esortando alla conversione cittadini refrattari. Per questo il suo linguaggio si fece duro e categorico: Ancora quaranta giorni e Nìnive sarà distrutta. Ad un trattosi verificò un repentino cambiamento… E anche YHWH si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare ai Niniviti, e non lo fece.
E' in ragione della conversione che i discepoli, intenti a gettare le reti in mare, vengono coinvolti nel progetto di appartenenza al Cristo e di missionarietà.
Giovanni e Andrea, nella domenica scorsa, Lo avevano seguito nel suo percorrere la Galilea, sua terra natale, per inoltrarsi fino a Cafarnao, centro economico e militare della zona del lago, e casa paterna dei figli di Zebedeo. Poi, dato che il Battista ormai era stato consegnato (con questo verbo riferisce letteralmente il giovane Marco, come ad indicare una provvidenzialità anche negli eventi umani più balordi),  Gesù ne prende il testimone, ne prolunga l’opera, dà senso al sacrificio del cugino, vissuto per preparagli la strada.
La predicazione di Gesù è riassunta da Marco in pochi versetti densi di sconvolgente novità: il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel vangelo! Ora, oggi, adesso, Dio è qui.
La gioia che traspare da questo grido si poggia sulla fede e sulla speranza.
Le promesse fatte da Dio attraverso i profeti nel passato, annunciando il suo intervento in favore del popolo, sono diventate tempo compiuto. Di conseguenza bisogna passare dal compimento da parte di di Dio, all’adempimento da parte dei discepoli.
Marco, per dare un significato al tempo che sta avvenendo, usa il temine greco kairòs, che significa l’occasione da non perdere; la  reale possibilità offerta a tutti e non solo ad Israele, di dar corso ad un cammino di liberazione, di giustizia, di pace.
Marco dipinge la Chiamata col linguaggio della professione di chi dovrà metterla in pratica. I pescatori di pesci, gli annunciatori del vangelo, dovranno usare studio e pazienza nel cercare persone di buona volontà alle quali annunziare la salvezza; come  la pesca, anche l’apostolato è fatica e lotta.
Il comando di Gesù ha effetto immediato: i due fratelli, Andrea e Simone, subito lasciarono le reti e lo seguirono: nessun indugio sui particolari del distacco dal lavoro, dalla famiglia e dalla casa…..

 

IL REGNO DI DIO È VICINO
La messa in gioco è il regno di Dio: il regno di Dio è vicino.
Per regno di Dio si intende una società alternativa, dove anziché il salire ci sia lo scendere, anziché il comandare ci sia il servire.
Bisogna stare attenti quando si presenta la sequela di Gesù come privilegio distintivo degli ‘eletti’, come se ci fosse una categoria speciale di chiamati ad una ‘vita perfetta’. Seguire Gesù è prendere sul serio il progetto del Regno di Dio, e quindi l’aspetto decisivo è credere che il Vangelo, la Buona Notizia, deve orientare l’esistenza di ciascuno. Gesù si conosce vivendo come è vissuto lui.
Il Venite dietro di me ricorda la chiamata di Eliseo da parte di Elia, di cui parla il libro dei Re; e l’espressione pescatori di uomini introduce con cautela il concetto di una missione universale, non limitata al popolo giudaico.
Ogni  coppia di fratelli rappresenta un settore diverso della società galilaica; nella prima, formata da Simone e Andrea, il rapporto è di uguaglianza; non è menzionato il patronimico e i loro nomi sono greci, a dimostrazione del minore attaccamento alla tradizione; e il gruppo attivo è di umile condizione (di pescatori senza una propria barca).
Quelli che formano la seconda coppia, Giacomo e Giovanni, hanno nomi ebraici, che dimostrano l’appartenernaza a un settore più conservatore, nel quale ci sono rapporti di disuguaglianza.  Giacomo e Giovanni sono, per un verso, soggetti al padre Zebedeo, figura di autorità e rappresentante della tradizione; per un altro verso, godono di una situazione privilegiata rispetto ai salariati. Questi due fratelli non sono ancora attivi, ma desiderosi di agire (riparavano le  reti) e, rispetto ai primi due, hanno un livello economico più alto (barca propria, salariati).

 

APPROFONDIMENTO: la chiamata nel NT, in particolare nei vangeli

Nellambito neo-testamentario, la vocazione colloca il chiamato nella sfera della salvezza scaturita da Cristo, in conseguenza della quale egli è chiamato ad essere creatura nuova.
Rivolgendosi agli irrequieti cristiani della comunità di Corinto, sua croce e delizia, Paolo li descrive quali santificati in Cristo Gesù. E’ proprio la santità, in quanto apportatrice di una profonda immersione nello spirito di Dio, il dato fondamentale della vocazione cristiana in generale e di ogni vocazione in particolare.
Ma cos’è la santità di cui si parla qui?
La santità è propria di quanti accettano di aderire alla Chiamata con fede piena e libera. Il vocabolo ebraico qadōš, santo, è stato tradotto in greco con un significativo àghios, che letteralmente vuol dire non terreno.
Chi è santo non è tale per meriti propri, ma ha il dovere (non il privilegio!) di vivere in sintonia con la santità di Dio, senza per questo dover evadere dal mondo in cui Lui l’ha collocato al fine di renderlo ‘segno’, come spiega Paolo, della sua misteriosa ed ineffabile presenza nel mondo.
Da ciò scaturisce la dimensione missionaria della vocazione cristiana, in forza della quale ogni cristiano diventa un collaboratore attivo di Cristo nella diffusione del suo vangelo, facendo della propria personale chiamata alla salvezza un dono da condividere con tutti. La vita è pienamente realizzata se è donata nel servizio agli altri e nella missione.
Il credente è colui che dà una risposta personale alla ‘Chiamata’.
Molti sono i modi di realizzarla nelle particolari vocazioni, il cui obiettivo finale, in un certo senso utopico, è la trasformazione dell’umanità in comunità, destinata ad entrata nel circuito di amore dello stesso Dio. Infatti la vocazione cristiana ha una dimensione universale.
Ciò non è apparso subito chiaro ai discepoli di Gesù, profondamente impregnati di cultura ebraica, e pertanto convinti che il privilegio di essere membri del popolo eletto, scelto in modo esclusivo da YHWH come suo popolo, fosse riservato alla ristretta cerchia degli eletti, salvati da Cristo.
Ma addentriamoci un po’ nel concetto di Chiamata per scoprire quale spiritualità essa può apportare in chi risponde ad essa. [Sarebbe interessante ed utile un confronto con formazioni religiose diverse dal nascente cristianesimo, e che forse sono, ieri come oggi, più robuste per condizioni storiche e geografiche. Tale confronto farebbe evitare  i fanatismi di chi si arrocca nella propria appartenenza e, in seno all’appartenenza, in un particolare gruppo].
La spiritualità è, in senso molto ampio, vita nello Spirito di Dio, resa visibile attraverso sentimenti, atteggiamenti, scelte e relazioni umane inconfondibili e responsabili. In altri termini: vivendo con coerenza la propria fede, il credente rende riconoscibile ed espansiva la propria spiritualità, fatta di intima comunione con il Dio. Per questo ogni scelta vocazionale va supportata da un’adeguata maturità umana e spirituale, ricca di valori etici, pena il fallimento e la nocività per sé e per gli altri.
Vivere la spiritualità intrinseca alla Chiamata, non è un evento formale e statico, ma l’inizio di un cammino, di una via precisa verso la santità. La doverosa coerenza tra vocazione e perfezione cristiana determina ed impone il ricorso a tutti i mezzi necessari, personali e comunitari, umani e soprannaturali; cosa raggiungibile attraverso la preghiera, solitaria e partecipata, nonché il ricorso costante agli aiuti spirituali provenienti da una comunità sensibile ed attenta alle difficoltà di ogni suo membro.
I Padri del III e IV secolo insistevano sulla proposta della vita verginale come condizione migliore nei riguardi di quella matrimoniale, pur vista come buona e santa perché voluta da Dio stesso. L’interesse per la verginità consacrata è viva sia presso i Padri sia della Chiesa occidentale, sia di quella orientale. Ambrogio ha espresso questa considerazione: [La donna] non pecca se sposa… Quella non viene ripresa, questa, [la vergine] è lodata (De virginibus). A sua volta, Gregorio di Nissa affermava: la vita secolare è soggetta a molte distrazioni, per cui non si può fare a meno di raccomandare la vita basata sulla verginità come porta d’ingresso ad una condotta più saggia. (Egli se ne intendeva, visto che aveva avuto esperienza matrimoniale).
Non tutti i Padri della Chiesa trattavano l’argomento con equilibrio ed obiettività.
Agostino di Ippona poneva quasi sullo stesso piano il valore della verginità e quello del matrimonio, in quanto le differenti condizioni di vita possono essere orientate verso lo stesso fine: la santità. Inoltre egli coglieva, in quanti sceglievano la verginità consacrata, un pericolo subdolo e pericoloso: la superbia. Per rimanere fedeli al proprio stato di vita consacrata, i vergini e le vergini dovevano conservarsi umili nel cuore, evitando atteggiamenti di orgogliosa presunzione [finalmente c’è qualcuno che usa per la scelta verginale sia il maschile che il femminile].
In tempi più vicini Giovanni Paolo II così sottolineava il carattere sponsale della verginità vissuta per il Signore: Il consiglio evangelico della castità è solo una indicazione di quella particolare possibilità… .
La Congregazione per l’educazione cattolica parla così della scelta verginale: La verginità certo implica la rinunzia alla forma di amore tipica del matrimonio, ma la rinunzia è compiuta allo scopo di assumere più in profondità il dinamismo insito nella sessualità, di nutrire l’apertura oblativa agli altri e di trasfigurarla mediante la presenza dello Spirito, il quale insegna ad amare il Padre ed i fratelli come il Signore Gesù. In definitiva, la verginità, accolta come dono o carisma, assume il valore di una testimonianza dell’amore gratuito e libero con cui Dio ama gli gli esseri umani. La castità, allora, è il segno profetico per eccellenza dei cieli nuovi e della terra nuova (cf. Ap 21,1) in cui Dio sarà tutto in tutti (1Cor; Col 3; Ef 4), senza distinzioni e senza limiti perché Egli è l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine (Ap 21,6) di tutta la creazione.
Detto in parole più povere: la scelta verginale divenuta stato di vita può essere opportunità per essere liberi di dare il meglio di sé a Dio e agi altri. Ma il meglio non è criterio di valutazione assoluta; è sempre da trovare, adoperando tutti i mezzi, senza mai presumere di sé. Aiuto indispensabile è lo spirito di preghiera,
Ecco perché risuona ripetutamente nelle pagine dei vangeli il termine conversione. E’ un termine che si fa monito per tutti. Ai consacrati, ed ugualmente a tutti coloro che hanno accettato l’invito di Dio ad essere suoi profeti (meglio: testimoni), in in un mondo ostile, indifferente od attratto dai falsi valori, contrari alla dignità umana, è dedicata questa breve sintesi sul tema de la Chiamata nei vangeli.
Eppure sono passati 2000 anni e ben pochi hanno messo in pratica il Occorre che i chiamati facciano quello che è possibile, come se dipendesse tutto da loro. Occorre che essi abbandonino le reti dei propri schemi mentali, degli attaccamenti, della tendenza a lasciarsi andare. Tocca a loro ascoltare e rendere Dio presente nella storia.

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