venerdì 10 novembre 2017

DOMENICA XXXII T.O. anno A


DOMENICA XXXII T.O. anno A

 

Mt 25.1-13  - Parabola delle dieci vergini

 

25 1 Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. 2 Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3 le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; 4 le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell'olio in piccoli vasi. 5 Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono.5 A mezzanotte si levò un grido: 6 Ecco lo sposo, andategli incontro! 7  Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade.8  E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. 9 Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene.10  Ora, mentre quelle andavano per comprare l'olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11  Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! 12 Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco.13 Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l'ora.

 

Sap 6,12-16
La sapienza è splendida e non sfiorisce, / facilmente si lascia vedere da coloro che la amano / e si lascia trovare da quelli che la cercano. / Nel farsi conoscere previene coloro che la desiderano. / Chi si alza di buon mattino per cercarla non si affaticherà, /
la troverà seduta alla sua porta. / Riflettere su di lei, infatti, è intelligenza perfetta, / chi veglia a causa sua sarà presto senza affanni; / poiché lei stessa va in cerca di quelli che sono degni di lei, / appare loro benevola per le strade / e in ogni progetto va loro incontro.

Sal 62
O Dio, tu sei il mio Dio, / dall’aurora io ti cerco, / ha sete di te l’anima mia, / desidera te la mia carne / in terra arida, assetata, senz’acqua. /  Così nel santuario ti ho contemplato, / guardando la tua potenza e la tua gloria. / Poiché il tuo amore vale più della vita, / le mie labbra canteranno la tua lode. / Così ti benedirò per tutta la vita: / nel tuo nome alzerò le mie mani. / Come saziato dai cibi migliori, / con labbra gioiose ti loderà la mia bocca. / Quando nel mio letto di te mi ricordo / e penso a te nelle veglie notturne, / a te che sei stato il mio aiuto, / esulto di gioia all’ombra delle tue ali.
1Ts 4,13-18
Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Se infatti crediamo che Gesù è morto e risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti. Sulla parola del Signore infatti vi diciamo questo: noi, che viviamo e che saremo ancora in vita alla venuta del Signore, non avremo alcuna precedenza su quelli che sono morti. Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, che viviamo e che saremo ancora in vita, verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto, e così per sempre saremo con il Signore. Confortatevi dunque a vicenda con queste parole.

 

C o m m e n t o

 

1) PREMESSA

= Il Vangelo di Matteo ha due tipi di parabole. Quelle che aiutano a percepire il Regno di Dio presente nell'attività di Gesù, e quelle che aiutano a prepararsi per la venuta futura del Regno.
Le prime appaiono soprattutto nella prima parte della vita apostolica di Gesù; le seconde sono più frequenti nella seconda metà, quando appare evidente che Gesù sarà perseguitato, arrestato e ucciso per mano delle autorità civili e religiose. In altre parole, nelle parabole si mescolano le due dimensioni del Regno: 1) il Regno già presente, qui e ora, nascosto nel quotidiano della nostra vita e che va scoperto e approfondito da parte nostra; 2) il Regno futuro che ancora deve venire e per il quale ciascuno deve prepararsi fin da ora. La tensione fra già e non ancora pervade la vita cristiana.
Matteo, come gli altri due sinottici, non è una Cassandra né tantomeno un Nostradamus ante litteram, bensì è un responsabile di comunità e un pastore d'anime, molto preoccupato per come si stavano mettendo le cose all'interno delle sue comunità e per l'ostile contesto storico, sociale e religioso in cui esse vivevano. Egli, pertanto, deve dare una risposta ai problemi delle sue comunità e fornire loro una corretta chiave di lettura di quanto formava, probabilmente, l'oggetto delle loro discussioni e delle loro paure, ponendo fine a speculazioni e a fomentazioni da parte di sobillatori ed esaltati.
= La sanguinosissima guerra giudaica (66-73 d.C.) era da poco finita e aveva lasciato dietro di sé una scia impressionante di morti, profondi risentimenti e una grande voglia di rivalsa. Il Tempio, centro della vita sociale, culturale e religiosa del giudaismo, era distrutto assieme a Gerusalemme. Il sacerdozio ebraico, i sacrifici, il culto al tempio e tutto ciò che vi ruotava attorno era drammaticamente finito per sempre. Si stava stagliando all'orizzonte un nuovo tipo di giudaismo, quello rabbinico, incentrato, non più sul Tempio, bensì sulla Torah e la sua interpretazione; e, svanito il sacerdozio, una nuova classe dirigente si andava affermando, quella degli scribi e dei farisei, specialisti della Legge, contro i quali Matteo tuona nel cap.23. Le sue comunità innescarono un confronto molto polemico e duro, generando una netta rottura con il mondo giudaico.
Intanto le tensioni sociali e religiose si insinuavano, non solo all'interno delle prime comunità, ma anche all'interno delle stesse famiglie dei primi credenti e all'interno dei loro rapporti di amicizia e sociali in genere, arrivando anche a rompere l'unità naturale della famiglia e creando in essa odi e divisioni tra i suoi stessi componenti
= Matteo riprende questi eventi, rileggendoli in chiave escatologica ed utilizzando il linguaggio proprio dell'apocalittica giudaica, riadattata alle logiche cristiane. Egli sente la necessità di controbattere tante attese e pretese fantasiose che circolavano ovunque.
Tuttavia all'interno dell’attesa sentita come imminente e agitata da pericolose fantasie, si poneva un altro problema molto serio: l'inspiegabile e imbarazzante ritardo della venuta finale di Gesù, ritardo che causava sfiducia e rilassamento spirituale. La compattezza iniziale delle comunità necessitava, quindi, di un ricompattamento, fondato su due elementi: la ricomprensione della storia della salvezza in termini temporali più lunghi di quelli previsti e la sferzante esortazione dei credenti alla vigilanza e all'impegno di un fare fecondo nel bene, nell'attesa di una certa, anche se tardiva, venuta del Signore, con il conseguente giudizio finale. E sarà il tema della vigilanza e dell'operosità nel bene, l'obiettivo primario dell'ultimo grande discorso, che attraverserà per intero i capp. 24 e 25.
= Nelle scorse due domeniche e nella prossima la chiesa propone la lettura liturgica integrale del cap.25 di Matteo, il cui testo della  domenica prossima costituisce la seconda parte, scritta esclusivamente da lui.

 

2) LA PARABOLA DELLE 10 VERGINI (GIOVANI RAGAZZE)

       e        LO  SPOSO NELLA BIBBIA

 

= La parabola è costruita ad arte da Matteo, certamente a partire dal ricordo di parole usate per descrivere la prolungata attesa della venuta gloriosa del Signore Gesù, dal momento che è Lui che tarda, il Messia, lo Sposo.
La base di questa convinzione era riposta nelle Sacre Scritture, che si rifacevano alla Tenak ebraica, la quale aveva accolto nella sua intera collezione anche testi non-canonci. Il tutto ha uno sviluppo nell’idea evangelica dello Sposo e delle nozze di Dio con l'umanità intera.
- Matteo rende evidente quale è il matrimonio perfetto: quello della Famiglia di Nazareth, frutto dell'alleanza tra Dio e la coppia di un uomo e di una donna: alleanza infranta con la colpa primigenia e ricostituita attraverso uno sposo umano, Giuseppe, e una donna, Maria, consenzienti a realizzare il matrimonio perfetto, attraverso lo Spirito di Dio.
- Vale la pena far notare e costatare che la Bibbia, nel racconto della creazione, non ha mai parlato di un Dio che abbia usato il nome proprio di adam per rivolgersi al singolo Adamo in quanto maschio della coppia, ma l’avrebbe usato come nome comune di uomo e donna. Invece nei Vangeli di Matteo e Luca si racconta che l’angelo chiama per nome separatamente sia Giuseppe sia Maria.
= Senza ricorrere a disanime specialistiche, è facile a tutti percepire che la cultura dominante, anche nell’ambiente cattolico, è una cultura individualistica o, all’opposto, collettivistica. Questo lo si avverte anche nelle regioni a più antica tradizione familiaristica: mentre sussiste la difesa forte della famiglia come istituzione, manca una cultura della coniugalità. Anche là dove sembra affermarsi il modello-coppia come emergente, permane nel sottofondo un’esasperata ansia della realizzazione personale, al di là della relazione d’amore.
a)La dittatura della soggettività prevarica quando la relazione d’amore, anziché essere servizio alla promozione del partner in tutte le sue dimensioni, fa della persona amata un supporto al personale benessere; si è tanto lontana dal celebre detto …E voi mariti amate le vostre mogli come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei.
b) La dittatura del collettivo non lascia spazio all’attenzione alla realizzazione per la relazione all’interno della coppia, o la consente come momento privatistico, a patto che non prenda il sopravvento sull’operare comune. Coppia e famiglia non diventano mai cellula fondamentale, categoria di lettura interpretativa dell’essere-famiglia.
Manca l’orizzonte attraverso cui il mistero di Gesù interseca il mistero della coppia: mistero di amore totale, fecondo e fedele.
= La rivelazione di Dio-Amore nella coppia all’inizio dell’umanità si fa strada lentamente, non senza l’approfondimento giunto attraverso la voce dei Profeti nella direzione del riconoscimento della Paternità di Dio; e non senza l’afflato della Sapienza che celebra, anch’essa, la sua opera:
lei stessa va in cerca di quelli che sono degni di lei, / appare loro benevola per le strade / e in ogni progetto va loro incontro [lo leggiamo nel brano proposto dalla liturgia].
Tramite il Cristo, siamo indotti a far nostra la sua intimità con Dio e con l’umanità, divenuta immagine e somiglianza del Dio invisibile, impronta della sua Sostanza.
Si’; queste sono immagini forti nella loro sublimità. Ci viene incontro Paolo, che scrive agli Efesini: E voi mariti amate le vostre mogli come Cristo ha amato la Chiesa.
[Mi si permetta un’aggiunta, non solo mia: Se l’Apostolo avesse voluto soltanto esortare i mariti ad una maggiore benevolenza verso le loro mogli o avesse inteso offrire testimonianze edificanti sull’amore coniugale, avrebbe potuto presentare con più immediatezza l’esempio di uomini sposati nell’AT, così come è stato testimoniato nella Lettera agli ebrei].
= [Ancora una provocazione: perché l’Apostolo ha dato come immagine Gesù, uomo non coniugato? Eppure ha affermato: E voi mariti, amate le vostre mogli come Cristo ha amato la Chiesa. Anzi gli sta a cuore aggiungere: e ha sacrificato se stesso per lei].
Gesù è segno esemplare dell’uomo che vuole amare di un amore sponsale. La sua vita è parabola di un’alleanza nuziale. La sua morte è testimonianza alla sposa (la chiesa), di una solidarietà radicale, di una fedeltà a questo patto di solidarietà fino a morire.
[Altra domanda intrigante: è solo per allegoria, per esemplarità che noi chiamiamo Cristo lo Sposo, o può essere un titolo che gli compete proprio perché è il Messia? Perché la Chiesa si definisce la Sposa?]
= Rispondiamo attraverso il brano di omelia di un Arcivescovo di Cartagine del V secolo. Si chiama Quodvultdeus. Morì a Napoli verso il 453, scacciato dalla sua città. Questa omelia ci è stata tramandata tra le carte di Agostino, ed era destinata agli aspiranti al battesimo per sollecitarne la professione di fede. L’intensità di accenti amorosi è tale da risultare paragonabile al Cantico dei Cantici. Ecco: Giubila, giubila o Chiesa, tu sei la Sposa! Se Cristo non avesse sopportato la sua passione, tu no saresti nata da lui. Egli è stato venduto per liberarti, è stato ucciso perché ti ha amata. Poiché egli ti ama infinitamente ha voluto morire per te. Tale unità nuziale è un mistero veramente grande. Le parole umane non hanno espressioni adeguate per esprimere il sublime mistero di questo sposo, di questa sposa. La sposa è nata dall’uomo amato, e l’ora della nascita è l’ora delle nozze. Egli si dona alla persona amata nel momento in cui muore, ed egli l’abbraccia quando si libera dalla sua condizione mortale.
= Gesù chiama i discepoli gli invitati a nozze. Un’altra traduzione più vicina alla realtà di quei tempi, chiama gli invitati i figli del convito nuziale. Si tratta di un’allocuzione semitica che indica le persone presenti nel cerimoniale di nozze: parenti ed amici personali degli sposi, nonché quelli che facevano brillare la festa.
La prima testimonianza data dal Battista sull’identità del Messia è nell’uso che fa della locuzione l’amico dello sposo!
Non si può tralasciare di riportare le affermazioni di Isaia in riferimento all’Amata da Dio, immagine dello del popoli di Israele: Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma tu sarai chiamata mio compiacimento e la tua terra, Sposata, perché il Signore si compiacerà di te e la tua terra avrà uno sposo: e ancora: Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo architetto, come gioisce lo sposo per la sposa così il tuo Dio gioirà per te. Il Signore fa rinascere la speranza nel cuore di Israele annunciandole che non sarà lasciata più in balia del proprio destino e di quanti potrebbero approfittarne. Ma questa speranza è legata, non ad una promessa generica di intervento divino ogni qualvolta Israele si trovasse nei guai, bensì ad una solidarietà fondata su un patto nuziale: come un giovane sposa una donna....
= Fino a Gesù l’amore umano fra marito e moglie era la parabola vivente per rivelare il rapporto di Dio con Israele. Con l’Incarnazione del Cristo, è Lui la parabola vivente che rivela la verità di ogni rapporto d’amore nuziale fra marito e moglie. Infatti mentre parliamo di validità per quanto riguarda il matrimonio-istituzione, invece parliamo di verità quando ci riferiamo al matrimonio come intima comunità di amore.
= l’Apocalisse prosegue questa liturgia nuziale. Il primo tempo del matrimonio (quello del fidanzamento, quando lo sposo va nella casa della sposa e questa offre il prezzo della sua dote) sta per finire. E’ venuto lo sposo nella casa dell’umanità-sposa, che ha pagato con il suo sangue il prezzo dello sposalizio
Ora sta per compiersi il secondo momento. La celebrazione solenne delle nozze: Alleluja. Ha preso possesso del suo regno il Signore, il nostro Dio, l’Onnipotente. Rallegriamoci ed esultiamo, rendiamo a lui gloria, perché sono giunte le nozze dell’Agnello e la sua sposa è pronta, le hanno dato una veste di lino puro splendente.
La veste di lino sono le opere giuste dei santi La promessa sposa sta per andare ad abitare definitivamente con lo sposo nella sua casa dove non ci sarà più lutto, dove ogni lacrima sarà tersa dai suoi occhi. Lei si è preparata da discepola con le opere giuste; ha pure conosciuto l’infedeltà per logoramento, incomunicabilità sterilità. E l’amore l’ha fatta rivivere: Vieni ti mostrerò la fidanzata, la sposa dell’Agnello; Vidi la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo.
Già sposa per diritto, ma non-ancora per amore consumato! Ecco allora il grido dell’innamorata del Cantico: Oh, se tu fossi mio fratello... Trovandoti fuori, ti potrei baciare e nessuno potrebbe disprezzarmi. Ti condurrei, ti introdurrei nella casa di mia madre; mi insegneresti l’arte dell’amore... La sua sinistra è sotto il mio capo e la sua destra mi abbraccia.
Chi è testimone di tali proclamazioni risponde: Sì, verro presto! Amen! E lo stesso Spirito ci fa gridare in quanto figli: Abbà, mentre la sposa aggiunge: Mettimi come sigillo sul tuo cuore.

 

3) PERSONALE

Chi non è assuefatto al simbolismo biblico potrebbe trovarsi spaesato, lontano dal linguaggio e soprattutto dal significato mistico, quale quello disseminato su quanto ho commentato lavorando su testi autorevoli. L’abitudine a ciò che è stato chiamato banale quotidiano, così come rende poco sensibili ai prodotti dell’arte e perfino alle bellezze naturali, non permette allo spirito di lasciarsi permeare dal linguaggio mistico.
Ma non è questo che mi preoccupa di più nell’affidarvi alla lettura di questo commento: chi andrebbe a toccare questi argomenti con tanti nostri fratelli privi del necessario, con i disabili lasciati a se stessi, con i disperati perché abbandonati alla sorte in maniera lacerante?
Abbiamo il dovere di far diventare vita  la sostanza del vangelo, occupandoci di chi ha bisogno di noi nella misura del possibile.
Mi chiedo cosa significhino lo Sposo e la Sposa biblici per la maggior parte degli esseri umani. I mistici appartengono forse ad una categoria a parte in questa povera terra lacerata dal dolore e dal male? E a chi giova leggere il Vangelo con sottolineature mistiche come quelle che ho cercato di fare?
Tutto ciò mi tormenta. Perché non trovare il modo di cantare col cuore  Mettimi come sigillo sul tuo cuore e abbracciare nello stesso tempo l’umanità sofferente, e non a parole ma a fatti?
A causa dei miei limiti che mi impediscono di spendermi per gli altri, prego così, confrontandomi con una strofa del  salmo di questa domenica:

 

 Salmo 62……………………………………………………………………………………Personale

O Dio, tu sei il mio Dio, / dall’aurora io ti cerco                                 O Padre di tutti, notte e giorno Ti cerco.

ha sete di te l’anima mia, / desidera te la mia carne                        Ti invoco assieme a chi non Ti cerca né Ti desidera

in terra arida, assetata, senz’acqua                                               e perciò vive disperato la sua sete e la sua fame.

Così nel santuario ti ho contemplato,                                                Ti cerco tra gli sperduti e soli sulle strade:   

guardando la tua potenza e la tua gloria.                                           sono essi la Tua potenza e la Tua gloria

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