venerdì 12 maggio 2017


DOMENICA QUINTA di PASQUA

 
Gv 14. 1-12
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 1 Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2 Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? 3 Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4 E del luogo dove io vado, conoscete la via». 5 Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6 Gli disse Gesù: Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7 Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto. 8 Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9 Gli rispose Gesù: Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre? 10 Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11 Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. 12 In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.

 

COMMENTO

 

LA PERICOPE DI OGGI NEL CAP. 14
- Il cap.14 presenta una duplice struttura. Sorge, perciò, il sospetto che provenga da due diverse fonti, successivamente assemblate. Preceduto dall'introduzione al discorso di addio, lo sfondo è pre-pasquale: anche se le parole di Gesù sono collocate durante l’ultima cena, sappiamo che sono parole del Risorto alla sua chiesa.
- Da un'attenta analisi si rileva come la pericope di oggi, introdotta nel v.1 dall'espressione Il vostro cuore non si turbi, riguarda il senso della missione di Gesù assieme agli effetti che essa produce sui discepoli (vv.1-7), e il Mistero che informa e sostanzia i suoi rapporti con il Padre (vv.8-11); mentre il v.12 traghetta il lettore al tema della seconda sezione (che oggi non leggiamo).
Il fatto che la pericope sia caratterizzata dalla presenza di verbi di movimento (andare, tornare) e del sostantivo odós, che significa strada, via, ripetuto tre volte, è molto significativo nel momento in cui Gesù fa il suo ultimo incontro con i suoi: egli, vicino ad andare presso il Padre,  affida a loro la sua missione di andare ad evangelizzare.
- L'esortazione a non turbarsi riguarda, non soltanto gli eventi che da lì a poche ore travolgeranno Gesù, ma anche lo sconcerto che si scatenerà tra i discepoli: come spiegare tali eventi a quanti li contestavano o li deridevano o chiedevano giustificazioni della loro fede in un crocifisso? Ecco dunque la seconda esortazione: credete in Dio e credete in me. Un'esortazione quanto mai opportuna per sostenere dei cuori travolti dal dubbio. Il verbo qui usato è al presente indicativo che sottolinea quale deve essere la continuità e la persistenza del credere nonostante tutto.
- Il nome di Dio qui non va inteso come sinonimo di Padre, concetto sostanzialmente estraneo sia al mondo ebraico che a quello pagano, ma come come il Dio dei Padri, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio della Promessa.
La sollecitazione a credere in questo Dio è seguita da quella al credere in Gesù, e perciò è congiunta alla seconda da un kaì, che in italiano corrisponde alla congiunzione e. L’evangelista, mettendo queste parole in bocca e Gesù, vuole evidenziare che la fede in JHWH deve confluire in quella in quella verso di Lui; ed ecco ancora che il verbo credere è seguito dalla particella di moto a luogo eis, che significa verso.  E’ chiaro il richiamo al cammino, sia di Israele nel deserto, sia delle prime comunità credenti nel loro costituirsi tra dubbi e incertezze.
Abbiamo una conferma di ciò nella vita e nella catechesi delle comunità primitiva, quali vengono presentate nella prima e nella seconda lettura liturgica di oggi: in Atti, sullo sfondo della elezione dei sette diaconi, si profila una situazione di contrasto fra cristiani in seno alla Chiesa delle origini, appartenenti a due gruppi, diversi per mentalità, lingua, tradizioni, cultura. La soluzione di queste tensioni viene cercata in una linea di equilibrio e di riorganizzazione della Chiesa, per un più efficace servizio: la comunità, mentre cresce per il moltiplicarsi del numero dei discepoli, incomincia anche a differenziarsi in ministeri diversi, perché tutti dovranno essere pietre vive da impiegare per la costruzione del medesimo edificio spirituale.
- Nei vv.2-3 i Padri della Chiesa, a partire da Ireneo (130-202 d.C.), quando Gesù parla de la casa del Padre dove vi sono molte dimore, videro una sorta di svelamento della vita nell'aldilà: immagine, questa, comune nel pensiero veterotestamentario. Non si tratta certamente di luoghi così come li intendiamo noi, né di dimensioni celesti o gradi di diversa partecipazione alla vita divina. L'evangelista non vuole darci la mappa dell'aldilà, ma, con linguaggio metaforico, intende dire come la dimensione divina, propria del Padre, è aperta a tutti i credenti ed è raggiungibile da tutti. La questione che si pone è come queste molte dimore siano raggiungibili. E sarà compito del v.3 illustrarlo: Quando sarò andato e preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi.
L'espressione, Quando sarò andato, caratteristica di Giovanni, e il vi avrò preparato un posto, indicano la richiesta di Gesù ai discepoli di rendersi docili alla dimensione divina grazie al suo essere andato, cioè grazie alla sua morte-risurrezione, la quale è la chiave di volta dell'intera storia della salvezza. È significativo, infatti come le due frasi siano, non solo consequenziali, ma anche strettamente legate l'una all'altra. In altri termini, l'accessibilità del credente alla vita divina e, quindi, la sua salvezza, dipende ed è strettamente conseguente alla morte e risurrezione di Cristo, alluse dai verbi posti al futuro. Stringersi a Cristo è trovare la forza per superare i momenti di paura e di turbamento di fronte agli ostacoli posti dal mondo. Se nel mondo regna la violenza, dipende anche dal loro impegno il trionfo del Bene sul male, in cui si sintetizza lo scopo della salvezza.
Sorge spontaneo un confronto con il Talmud (libro che è secondo solo alla Bibbia), per rilevare che la prospettiva della salvezza universale non è solo frutto della novità evangelica.
Si legge nel Talmud: “La pace dell’asino dipende dal suo orzo”. Cioè all’essere umano di solito un po’ di orzo non basta, ma c’è chi vuole tutto subito e fa la guerra; la pace di Gesù è un’altra cosa, non è solo assenza di guerra, piuttosto è una pace che riempie il cuore, anche quando c’è la guerra. È la pace interiore, uno stato d’animo, una disposizione alla benevolenza, alla fiducia, alla giustizia. È la pace che è frutto di una vita vissuta in armonia con Dio, e con il prossimo.
- I vv.4-6 sono caratterizzati, a) dalla presenza del termine odós, ripetuto tre volte, che funge da tema ed ha il suo vertice nel v.6, dove Gesù dichiarerà di essere lui la Via che conduce al Padre; e b) dal verbo oîda, conoscere, sapere, che fa emergere la discrepanza tra il conoscere Gesù (v.4) e il non poter conoscere (v.5). Ciò per concludere che sarà soltanto il dono dello Spirito, il quale colmerà questo divario.
- Il v.4, pur nella sua brevità, è scandito in due parti: la prima parla della meta verso la quale Gesù sta andando, dove io vado; una meta volutamente oscura, che spingerà Tommaso a riprendere la questione (v.5) e, tramite la tecnica del fraintendimento, a rilanciare il tema portandolo a conclusione (v.6). Tecnica che verrà ripresa subito dopo al v.8, dove Filippo chiede a Gesù di mostrargli il Padre e che consentirà all'autore di approfondire il tema dei rapporti tra Gesù e il Padre (vv.9-11). Il verbo qui usato per indicare l'andare di Gesù è ipágo, che significa mettere in potere di qualcuno, sottoporre. Quindi il dove Gesù va non indica il semplice movimento verso un luogo, ma è un andare che diviene sinonimo di condurre al Padre tutti quelli che il Padre gli aveva affidato. Il nome di Tommaso compare sei volte nel racconto giovanneo e sempre in contesti dove egli assume il ruolo di chi ha difficoltà a comprendere le cose ed è diffidente nei confronti del soprannaturale. Il non sapere di Tommaso denuncia dunque non solo la difficoltà del comprendere, ma anche del credere. In realtà Gesù si limita ad indicare se stesso come la Via, ma questo non spiega come ciò sia possibile. Gesù, infatti, è il Mistero da chiarire e da comprendere, perché il Mistero non è siegabile.
- I vv.6.9-11 costituiscono il cuore dell'intero cap.14 in quanto di natura rivelativa e dottrinale. Infatti, mentre il v.6 rivela la vera identità di Gesù nei confronti dei credenti, i vv.9-11 rivelano la dinamica relazionale che anima i rapporti tra Gesù e il Padre, ma nel contempo svelano la vera identità e natura di Gesù nella sua relazione con il Padre.
La parte assertiva si apre con la nota espressione giovannea Io sono, che richiama il nome di JHWH con cui Dio si è presentato a Mosè sul monte Oreb (Es 3,14). Questa espressione è seguita da tre predicati nominali, tre sostantivi cioè che dicono che cos'è questo Io sono e ne definiscono in qualche modo la natura, rendendolo così maggiormente accessibile. I tre predicati sono strettamente legati tra loro dalla congiunzione, così da presentare tre sfaccettature diverse della stessa realtà, non contrapposte o alternative l'una all'altra, ma l'una che si integra nell'altra. Esse si presentano come una sorta di sintesi formidabile dei temi variamente trattati nel vangelo giovanneo riguardanti la via, la verità e la vita e che qui convergono tutti nell'Io sono, cioè nell’intimo rapporto di Gesù con il Padre: una verità, questa, che per l'evangelista è essenzialmente rivelazione, cosicché Gesù è per eccellenza il luogo della rivelazione del Padre.
- La conclusione esortativa: Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me è quasi la sollecitazione a passare da una fede fragile ad una solida e decisa, l'unica che consenta di penetrare nel Mistero e farne in qualche modo parte.
L'uso poi dell'anonimo e generico pronome relativo chi, quale soggetto del credere in Gesù, attribuisce alla sentenza un tono di universalità. Un credere fatto seguire dalla particella di moto eis, che designa il credere come un cammino esistenziale orientato verso Gesù, proprio del discepolo il quale ha fatto della sua vita un atto di fede nel suo Maestro.
L'espressione ne farà di più grandi (opere) riflette il tempo della chiesa del I sec. che aveva già assunto una configurazione istituzionalizzata, con una propria identità e autonomia, tanto che già entrava in conflitto con il giudaismo, subendo le prime persecuzioni. Una chiesa, che grazie all'azione incisiva dei predicatori itineranti, di cui un esempio significativo e rilevante si ha in Paolo, stava espandendosi efficacemente in tutto il mondo allora conosciuto con grandi successi.
 
CITAZIONI VARIE CHE ILLUSTRANO IL SENSO DELLA VITA INTERIORE E DEL MISTERO
Agostino di Ippona: Interroga il tuo cuore: se è colmo di carità possiedi lo Spirito di Dio.
Non uscire fuori, rientra in te stesso: nell'interiorità dell'uomo abita la verità.
Casadei E.: Dio abita il silenzio.
La ricerca della verità è più preziosa del suo possesso.
J.P. de Caussade: Amare Dio è desiderare sinceramente di amarlo.
T. di Calcutta: Importante non è ciò che facciamo, ma quanto amore mettiamo in ciò che facciamo; bisogna fare piccole cose con grande amore.
Moro T. Voltatevi, uscite da questo mondo a tre dimensioni ed entrate nell'altro mondo, nella quarta dimensione, dove il basso diventa l'alto e l'alto diventa il basso.
La pace è sempre possibile e la nostra preghiera è alla radice della pace. La preghiera fa germogliare la pace.
Maritain J: L’uomo è come un mendicante del cielo.
A. de Saint-Exupery: Non darmi, o Dio, ciò che desidero, ma ciò di cui ho bisogno.
Giovanni della Croce: Fuori da Dio, tutto è stretto.
Sal 76: L’anima mia rifiuta ogni consolazione: mi ricordo di Dio e trovo gioia.
1Cor 6, 17: Chi aderisce a Dio, è unico spirito con Lui.

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