venerdì 23 dicembre 2016

Natale 2016 - Messa del giorno


 Natale 2016

Giovanni 1, 1-18
 

 

1 In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. 2 Egli era, in principio, presso Dio: 3 tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. 4 In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; 5 la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l' hanno vinta. 6 Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni. 7 Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. 8 Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. 9 Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. 10 Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. 11 Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. 12 A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, 13 i quali, non da sangue [sangui] né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. 14 E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità. 15 Giovanni gli dà testimonianza e proclama: "Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me”. 16 Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. 17 Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. 18 Dio,nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.

 

Commento

La celebrazione del Natale rischia di impantanare la verità evangelica in una favola che va a toccare le corde dei sentimenti, ma che poco o nulla incide nella vita del credente, tanto meno nella gente comune.

Anche i credenti dimenticano che i vangeli non sono una cronaca, bensì una interpretazione della nascita di Gesù, alla luce della sua morte e risurrezione. Per giungere al significato profondo della narrazione evangelica, bisogna farlo riemergere dal cumulo di leggende, tradizioni, devozioni, folklore, in cui è quasi seppellito.

Diamo un breve sguardo a ciascun evangelista.

Matteo presenta una ragazza, Maria, che, incinta, viene sospettata di adulterio dal proprio sposo, e per questo rischia di essere lapidata ecc. Egli, nei versetti che danno seguito alla lettura fatta la domenica scorsa, narra che l’annuncio della nascita di Gesù provoca il panico nella città santa, Gerusalemme: da Erode, re illegittimo, ai sacerdoti, dagli abitanti ai teologi. E la stella sarà scorta soltanto nel disprezzato mondo pagano, i cui rappresentanti, i magi, verranno per rendere omaggio al piccolo Gesù. La risposta del potere al dono di Dio all’umanità, sarà la strage compiuta con la complicità delle autorità religiose, le quali hanno fornito al sanguinario Erode ogni informazione su dove trovare il bambino.

Anche per Luca non sono le persone religiose ad accorrere alla nascita del Salvatore, ma i disprezzati pastori d’Israele. In lui la descrizione della nascita di Gesù è ricca di elementi che solo lui ha narrato.

Marco, invece, è molto conciso: tende a precisare che Maria ebbe Gesù, senza "conoscere" Giuseppe, e che ciò avvenne per opera dello Spirito Santo.

Giovanni pone tutto il suo lavoro in chiave di creazione, tema che, assieme a quello della Pasqua-Alleanza, è una delle linee maestre della sua teologia. Ne leggeremo un assaggio nel commento al Prologo, che la liturgia propone per la Messa del giorno.

 

ANALISI

1 In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. 2 Egli era, in principio, presso Dio: 3 tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

In questi primi tre versetti Giovanni fonda la sua interpretazione della nascita di Cristo nel ‘prima’ della creazione.

Prima che Dio creasse il mondo con la sua Parola, esisteva il Progetto divino che doveva guidare l’azione creatrice. Tale progetto è reso in una Parola, il Logos. Il significato di questo temine greco è: ragione ultima dell’esistenza del mondo e, in particolare, di quella umana. In altre parole, tutto, compresa ogni singolarità, ha senso in Dio.

In un primo momento (momento logico) c’è quasi un dialogo tra Dio e Se stesso; c’è un’intima sollecitazione divina ad uscire fuori da Sé per realizzare la sua energia creatrice nel mondo, fino al suo culmine, l’essere umano.

4 In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;

Per la prima volta appare in questo vangelo un tema caro a Giovanni, quello della vita, zoé, termine che indica la qualità di vita non soggetta alla morte, quindi divina, in contrapposizione a bĺos, la vita animale. La luce di cui si parla è la fonte della stessa vita, irradiazione divina nell’esistenza umana.

5 la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.

Ecco una coppia di nomi molto usata nella Bibbia: luce e tenebre. Le tenebre sono immagine del male. Siccome si parla di vittoria della luce, resta sottintesa la lotta tra bene e male, senza la quale l’essere umano non sarebbe libero di scegliere. Certamente l’evangelista si proponeva di incoraggiare la sua comunità, sottoposta ad un crescendo di ostilità (tra i credenti giudei tradizionalisti), a dire di sì alla luce nonostante le difficoltà.

6 Venne un uomo mandato da Dio il suo nome era Giovanni.

Il discorso viene bruscamente interrotto da un nuovo personaggio, Giovanni, il battezzatore.

7 Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.

La qualifica della testimonianza rievoca le vocazioni dei profeti come Mosè, Isaia, Geremia, o il profeta atteso, annunciato da Malachia.

Il termine tutti evidenzia il contesto universalistico in cui è immersa la prima parte del prologo.

8 Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.

Questa precisazione può rivelare la presenza di qualche polemica all'interno della comunità cristiana; forse i seguaci di Giovanni (il Battista) affermavano che fosse lui il vero Messia, quindi l'evangelista delimita la sua missione, pur esprimendo per lui grande stima.

9 Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.

Il discorso ritorna al Logos e si focalizza sul suo incontro con l'umanità. Il Logos qui è ricordato come luce vera, in contrapposizione con le false luci che sarebbero apparse nel mondo, le quali non sono altro che ingannevoli idoli.

10 Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo...

C’è amarezza nello scrittore nel notare che il mondo non lo ha riconosciuto. Questo mancato o tradito ri-conoscimento non aveva apportato alcun bene al popolo di Israele, nonostante i richiami di Dio attraverso i suoi profeti.

11 Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.

Il Logos è venuto nella sua proprietà, termine espresso ne i suoi, cioè il popolo prediletto, primizia dell’umanità intera.

12 A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome,

L’evangelista, distanziandosi dalla tradizione giudaica, parla di un Dio che è da accogliere, più che da cercare. La locuzione figli di Dio indica un'appartenenza profonda a Dio, vissuta nella fede: tali si diventa mediante la pratica costante di un amore che assomiglia a quello di Dio.

13 i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.

Giovanni oppone i due tipi di nascita, quella umana e quella divina. Generati da Dio non sono coloro che vengono al mondo come frutto del desiderio di sopravvivenza, ma coloro in cui si rende palese e si concretizza l’amore di Dio.

14 E il Verbo venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.

Questo versetto dà senso a tutto l'inno e introduce all'incarnazione del Logos, ultima tappa della storia in cui Dio si comunica. L’espressione incarnazione, in greco sárkosis, non appare direttamente nel Nuovo Testamento e sarà adottato per la prima volta nel II secolo dal Padre della Chiesa Ireneo nella sua opera Contro le eresie, e diverrà comune a partire solo dal IV secolo, quando si accentueranno le discussioni e le diatribe cristologiche.

I vangeli di Matteo e Luca fanno una modifica rispetto a Giovanni: non parlano di carne ma di ‘uomo’; la loro stessa impostazione narrativa, che parte dalla genealogia e dal racconto della nascita di Gesù  e si sviluppa secondo una trama storica di eventi per approdare a una morte, è l’attestazione più limpida del legame intimo di Cristo con la carne, fatta appunto di avvenimenti, tempo, spazio, esistenza.

A lungo si potrebbe riflettere attorno a questo nodo d’oro nel quale anche il soprannaturale è carnale, per usare l’espressione di Charles Péguy. Si potrebbe individuare il tessuto delle allusioni e dei rimandi alle categorie Parola e Sapienza, care all’AT, senza però escludere del tutto ammiccamenti al Logos greco, che si era infiltrato nello stesso giudaismo di Filone d’Alessandria d’Egitto (celebre pensatore giudeo-ellenistico del I secolo). Sarebbe anche possibile ritrovare una sottile ma efficace punta polemica contro l’affacciarsi, nella cristianità delle origini, di tentazioni gnostiche o docetiche, che rifiutavano la pesantezza, il paradosso in cui ci si imbatte in quel diventare carne, oppure come espressione mitica dell’agire atemporale di Dio.

La frase e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, fa riferimento alla tenda del santuario portatile di JHWH nel cammino dell'esodo. Il Dio che si rendeva presente nell'arca dell'alleanza, cioè nella Legge, ora si rende presente in una carne mortale; la sua gloria significa la sua manifestazione.

15 Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me».

Giovanni Battista si fa garante in prima persona della superiorità di Colui che sarebbe venuto.

16 Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia.

Ritorna il termine tutti: mentre le formulazioni teologiche sono inevitabilmente inadeguate in quanto espresse con un linguaggio e una cultura destinati a mutare nel tempo, i gesti che comunicano vita sono compresi universalmente e in ogni epoca. E la prova che porta la comunità cristiana è quella di una risposta d’amore all’amore ricevuto. Risposta che permette al Signore di effondere ancora più forza d’amore, e questo in un dinamismo senza fine, che condurrà l’essere umano all’autentica crescita.

17 Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

C’è un parallelismo tra Mosè e Gesù.

Tra i due membri della frase non vi è contrapposizione, bensì progressione. dalla Legge alla Verità: la seconda supera, mentre dà completezza alla prima.

18 Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.

Nella conclusione Giovanni risale, con uno slancio in verticale, a Colui presso il quale era il Logos. La sottolineatura che Dio, nessuno lo ha mai visto, e che l’Unigenito (cioè il prediletto) lo ha rivelato, serve a ricordare che l’essere umano non può vedere Dio a causa della sua condizione di limite; lo può indirettamente attraverso i suoi testimoni, soprattutto attraverso Cristo.

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La tradizione del presepe, che in questi giorni trova posto nelle nostre case, ha proprio la caratteristica di farci contemplare un’umanità rudimentale, non corrotta dal paganesimo (l’imperante mondo degli idoli teleinformaici)...: vi troviamo i magi, i pastori, la lavandaia, il fabbro, il boscaiolo, il pescatore, il fornaio… tutti attorno al bimbo nella mangiatoia.

Oggi, però, non è più così. Anche il presepe e l’albero (simbolo di vita, diffuso in tutte le culture) fanno da contorno al nulla. Già!... il nulla che somiglia alle tenebre.
Che questa amara constatazione sia di stimolo ad essere diversi, a reagire, a vivere il  Natale nelle profondità del nostro cuore, e a fare tutto il poco che possiamo per fare trionfare la luce sulle tenebre. Così come racconta Pedro Bloch (scrittore brasiliano): Preghi Dio, piccolo? - Sì, ogni sera. - E cosa gli chiedi? - Niente. Gli domando se posso aiutarlo in qualche cosa.

1 commento:

Ubuntu ha detto...

Buonasera, ho letto qualche suo aricolo e mi piacerebbe se fosse possibile contattarla personalmente. Grazie mille