domenica 24 luglio 2016

DOMENICA XVII T.O. anno C


  

DOMENICA XVII T.O.  anno C
 
Lc 11,1-13
 
1 Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».  2 Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; 3 dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, 4 e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione». 5 Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, 6 perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, 7 e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, 8 vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. 9 Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10 Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11 Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? 12 O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13 Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».
 
Commento
 
INTRODUZIONE
 
- Molti credono che il Padre nostro sia nato nella formulazione che troviamo nei vangeli; invece era la preghiera ebraica biblica tradizionale. E c’è da aggiungere che l’invocazione al Sommo Dio era presente anche in altre culture.
- Nei vangeli sinottici c’è una leggera differenza tra la versione di Matteo e quella di Luca. Tra l’altro Matteo si esprime con piglio più marcatamente ebraico.
- Gli esegeti concordano nel ritenere la versione di Luca come la più antica. Accenniamo a come si è giunti a tale assunto. Gli scrittori successivi ad ogni opera, solitamente aggiungevano qualcosa alla versione originale, ma non toglievano mai la parte essenziale. E quella (versione) di Luca è la più breve, quindi non ritoccata. Inoltre tutta la produzione lucana è fortemente contrassegnata dal posto centrale che ha la preghiera, mai scissa dalla dimensione orizzontale; proprio mentre sia gentili sia giudei avevano convertito la preghiera e la pratica ad essa ispirata, in atto meramente esteriore.
- Nel Pater si condensa tutto il contenuto evangelico. Già Tertulliano chiamava il Padre nostro Breviarium totius Evangelii. La stessa cosa vediamo confermata in altre testimonianze. Ne ricordiamo alcune: Teresa d’Avila affermava che dobbiamo far compenetrare intelletto e volontà dalla preghiera del Pater. Una consorella di Teresa del Bambino Gesù racconta che, quando Teresa lo recitava, alcune lacrime brillavano nei suoi occhi. E Madre Teresa di Calcutta si esprimeva con questa immagine: Dio guarda la Sua mano e nel palmo vede inciso il nome di coloro che traducono in pratica il Pater.
 
ANALISI TESTUALE
 
1… uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». 
La domanda di quel discepolo sembra ingenua; rra infatti scontato che il Pater fosse già la preghiera ufficiale. Anzi nell’AT Dio è presentato non solo come Padre ma anche con atteggiamenti di madre.
Quel discepolo, dopo aver chiesto che Gesù insegni, a coloro che facevano parte della comunità, a pregare, aggiunge: come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli. Risulta chiaro che il maestro di ciascuna comunità fornisse i suoi particolari insegnamenti per formare i membri della comunità in modo da caratterizzarla.
 
2 Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre…
Gesù invita i discepoli a rivolgersi a Dio nella preghiera chiamandolo Padre. A differenza di Matteo, Luca non aggiunge l'aggettivo "nostro", accentuando meno l'aspetto comunitario; d'altra parte, il fatto d' invocare il comune Padre costituisce il miglior collante dell'unità comunitaria dei discepoli. Dire “Padre” significa entrare nell’atmosfera di familiarità che qualifica chi prega come figlio.
… sia santificato il tuo nome: chiedo cioè che il Suo nome sia santificato dalla mia vita; chiedo che la Sua persona sia visibile nella mia.
… venga il tuo regno: Il verbo greco non significa “venga”, ma si estenda: dal momento che c’è una comunità di discepoli la quale ha accolto le beatitudini di Gesù, il Regno di Dio c’è già.
Dalla Bibbia, soprattutto dai salmi e dalle parabole di Gesù, si ricavano alcune caratteristiche del regno di Dio sulla terra, un mondo dove vi sia giustizia, riconciliazione; un mondo liberato da tutti i mali: discriminazione, violenze, sofferenza, fame… Venga il regno di Dio dentro i cuori e nelle coscienze perché siano orientate verso i valori del Regno; entri anche nelle famiglie, nelle strutture della società, nelle leggi, nelle impostazioni della politica e dell’economia, nelle strutture sanitarie, negli ospedali, nelle scuole…
Nel salmo di oggi leggiamo: Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto, / hai stimolato nel mio essere la forza. // Ti renderanno grazie, Jahweh, tutti i re della terra / perché hanno udito le parole della tua bocca.
 
3 dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano
L’aggettivo epiousion, avendo l’articolo davanti, designa un pane speciale, che si distingue dagli altri. E’ un aggettivo derivante da due elementi: epì = sopra, ousìa = essenza, realtà, sostanza; quindi il pane chiesto è un pane necessario e sostanzioso, non superfluo.
Ma la parola ‘pane’ richiamava anche alle menti delle prime comunità cristiane certe frasi di Gesù, come ad es. “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.
- Il pane da chiedere non è il mio, è il nostro pane, di tutti.
A questo punto c’è da dire che il significato vero di questa domanda è delucidato anche attraverso la parabola che segue alle tre suppliche. Se la prima e la terza parte del brano hanno dei paralleli nella tradizione sinottica, la parabola centrale è propria del solo Luca. Egli la inserisce quasi a commento della coppia dare-ricevere nella quale si dispiega il tu a Tu della preghiera per ottenere il nutrimento necessario.[Ho avuto la sensazione che l’agire divino sia mirato a farsi importunare, ai fini di far maturare, nel cuore dell’orante, la certezza che la sua insistenza avrebbe avuto la meglio solo quando, non il Padre, ma il figlio si convertisse. Non capita così anche ai genitori quando essi quasi-fingono di non voler ascoltare i figli affinché la richiesta non serva da scorciatoia per ottenere senza impegnarsi?]  
- Dicendo ogni giorno, le prime comunità cristiane si ricordavano della manna, cibo speciale che scendeva dal cielo, ma solo nella quantità che bastasse per un unico giorno: se lo si raccoglieva in sovrappiù, il giorno dopo ammuffiva.
 
4 e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione.
Questo versetto consta di una duplice richiesta: di perdono e di aiuto nella tentazione.
C’è qualcosa di sconcertante nell’una e nell’altra richiesta. Nella prima pare strano il voler mercanteggiare con Dio il perdono. La chiave per sciogliere l’enigma l’ho trovato in Madre Teresa di Calcutta, nella frase “Perdonare per essere perdonati”. Che significa: come  osare di ottenere il perdono se io non perdono? Non è che io debba fare il primo passo, ma non posso ottenere la grazia del perdono per via di una preghiera. A volte sembra impossibile perdonare un’offesa che soffoca perché schiacciante; ci vorrebbe una terapia per superare un’ingiustizia che Dio stesso non dovrebbe tollerare. Ci sono difficoltà spirituali che hanno la connivenza dei nostri istinti, del nostro temperamento, della nostra situazione psicofisica quando è corrosa dal risentimento. . Eppure una terapia c’è. la terapia della misericordia.
 
4 e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore
La prima riflessione da fare è questa: perdonare i peccati non è un dovere di giustizia. Per giustizia i debiti devono essere restituiti, il creditore ha diritto alla restituzione. Il debitore non può mai esigere che gli vengano condonati i debiti: pertanto il perdono non si può pretendere; si può chiedere, ma rimane sempre una gratuità.
È un dono, anzi un superdono. Davanti a Dio, se abbiamo fatto qualche peccato, non abbiamo nessun diritto di ottenere il perdono, ma lo possiamo implorare. I nostri sforzi senza l’aiuto di Dio sono orientati non a pretendere il perdono, ma a rafforzare la nostra preghiera.
e non abbandonarci alla tentazione
Questa è una brutta traduzione, quasi che sia Dio ad indurci in tentazione.
Il significato di questa richiesta dipende dalla parola prova, in greco peirasmòs che ha due significati: tentazione (al male, al peccato) e lotta (difficoltà, pericolo, prova…).
Mettendo insieme i due significati la preghiera prende questo senso: che le prove della vita non diventino una tentazione; che nelle prove, nelle difficoltà, io non ceda, non mi abbatta, non mi allontani da Dio, non cada nel male; che siano piuttosto dei test che verificano la mia fede, la mia volontà di bene.

DUPLICE RIFLESSIONE
 
a) Il comportamento cristiano
Il comportamento non è motivato da senso di giustizia o di diritto naturale o di filantropia, ma è fondato sull’imitazione di Cristo. I cristiani hanno un unico comandamento che è il loro distintivo: Amatevi come io vi ho amato (cfr. Gv 13,34-36), dove la paroletta più importante è come.
Frutto anche di una logica interna è far ridondare sugli altri un dono che noi per primi abbiamo ricevuto: “io sono stato perdonato da Dio, sono stato graziato senza nessun mio merito… sono così contento che perdono a mia volta anche se l’altro non lo merita”.
b) Suggerimenti concreti
Si sente dire spesso: “Perdono, ma non dimentico”. Paolo spiega che non si tratta di dimenticare l’offesa, ma di guardarla bene in faccia e di superarla con il bene. Gesù non dimentica i nostri peccati, li conosce molto bene, ma ci perdona  E allora, per fare come Gesù dobbiamo dire: “Non dimentico, ma perdono lo stesso pienamente”.

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