venerdì 26 luglio 2013

XVII Domenica T.O. anno C

28 luglio 2013 XVII DOMENICA T. O. Anno C
Genesi 18, 20-32; Colossesi 2, 12-14
Luca 11, 1-13
1 Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». 2 Ed egli disse loro: Quando pregate, dite: Padre, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; 3 dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, 4 e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione. 5 Poi disse loro: Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, 6 perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, 7 e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, 8 vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono. 9 Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10 Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11 Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? 12 O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13 Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono.
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N.B. Commentare dal punto di vista esegetico il vangelo di oggi in maniera alquanto sufficiente richiederebbe la trattazione di non pochi libri. Qui si fa un’estrema sintesi, che si avvale degli studi condotti da sommi esegeti, tentando di renderli in qualche modo accessibili. Ma tutto per cenni, pur senza mancare di focalizzare alcune questioni.
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IL SIMBOLO DEL PADRE
a) nei miti extra-biblici
Noi occidentali siamo assuefatti a far risalire il simbolo del Padre ai miti biblici presenti nell’Antico Testamento. E sappiamo che  in esso c’è traccia di culture extrabibliche. A queste è bene accennare.
Papa Luciani, durante l’Angelus del 10 settembre 1978, si espresse così: “Dio è papà, più ancora è madre. E forse attingeva questo modo di dire-Dio alla sua profonda bontà; certamente era lontano dal far suo il pensiero della differenza di Luce Irigaray e di altre teologhe femministe.
Oggi dovrebbe essere maturata una riflessione sui simboli del maschile e del femminile a prescindere da ogni schermo ideologico. Infatti in campo simbolico gli opposti si richiamano l’un l’altro e sono equivalenti.
Nelle tracce del Dio biblico che si rivela ai grandi profeti, non risulta che abbia definito se stesso. Il suo nome, JHWH, consiste di quattro consonanti che, in quanto tali, sono impronunciabili. Nell’Io sono colui che sono rivelato ad Abramo, il predicato ripete il soggetto, e quindi non esprime alcuna qualità; ma la frase così formulata risale al Medio Evo.
Per individuare il significato da dare al termine Padre nella preghiera cosiddetta di Gesù, è utile accennare alla cultura arcaica e risalire addirittura al Paleolitico. Ma in esso il primo modo di riferirsi all’essere supremo non riguarda il simbolo del Padre, bensì quello della Madre. Dal 30.000 al 1000 a.C. sono state disseminate in tutto il mondo numerose figure femminili steatopigie [dalle parole greche stéatos = grasso, adipe, e puyné = natiche] che si possono vedere anche in alcuni nostri musei. Le culture primordiali sono state pervase, per così dire, dalla percezione della  potenza misteriosa intrinseca alla generatività femminile e l’hanno caricata del senso di una mediazione in grado di attingere direttamente alla Fonte della vita, oltre la precarietà del terreste. Da qui il culto della Gran Madre, cioè della Madre terra, da cui si sprigiona la vita.
La Grande Dea assumerà altre personificazioni in altri tempi e luoghi. Ne citiamo solo alcune. In Grecia troviamo Divinità dell’amore: Ishtar-Astarte-Afrodite-Venere; della caccia: Ecate, Artemide-Diana; dell’agricoltura: Demetra-Cerere e Persefone-Proserpina. Sono parimenti celebri in America Estsanatlehi, in Cina Quan-Yin, in India Durga. Eccetera eccetera. (Detto per inciso, Jung colloca la potenza numinosa della Grande Madre nell’inconscio).
Più tardi, nell’epoca medievale, tutte saranno simboleggiate nel vaso femminile: il calice del Sacro Graal, che ha un potere spirituale il quale si estrinseca, non solo nella conoscenza e nella saggezza, ma soprattutto nella verità, nell’amore, nella giustizia. Tanto che la spiritualità della Grande Madre riemerge oggi in varie forme, dall’ecologia all’interesse verso i temi dell’unione, dell’integrazione, della pace.
Dulcis in fundo, tutte le espressioni del simbolismo femminile sono state trasferite nella Vergine-Madre Maria; e il dogma trinitario ha completato il quadro della femminilità divinizzata. 
Gli studi etnografici hanno dimostrato che la priorità storica del femminile non è di merito, come vorrebbero alcuni studi femministi; è relativa al fatto che il simbolo della maternità si afferma attraverso il passaggio dalla preistoria, quando tribù nomadi violente sopravvivevano grazie alla caccia, alla storia, quando si hanno le prime società stabili, legate alla terra da lavorare tramite la formazione di famiglie nelle quali la presenza femminile offriva garanzie di un vivere pacifico. Con ciò non si vuol dire che la violenza sia di pertinenza maschile, poiché TUTTO CIO' CHE E' UMANO E’, in forme diversificate, IN ENTRAMBI I GENERI.
b) nella Bibbia 
Sia nell’Antico sia nel Nuovo Testamento la preghiera è rivolta al Padre. L’invocazione aramaica abba’, papà, sta alla radice del Padre nostro, recitato oggi. Nell’Antico Testamento essa aveva un carattere in prevalenza verticale e pubblico, essendo indirizzata al Cielo (in cui si immaginava collocata la Sovranità di un Dio lontano e trascendente), ed era celebrata dai sacerdoti nel Tempio, il luogo di culto per eccellenza. Ma noi sappiamo che  Dio Padre era invocato anche dai Profeti, i quali trasferivano la verticalità del Divino nell’immanenza del cuore umano.
In perfetta linea con questi ultimi, è ritratto dagli evangelisti un Gesù in preghiera fuori dal Tempio, nel deserto, in montagna e in solitudine; e i discepoli lo spingono a farli partecipi del suo ‘strano’ modo di rapportarsi a JHWH: non spettava a loro inaugurare il Regno con la legittimazione della sua autorità messianica?
c) nell’ottica femminista
Gesù, nell’ottica femminista - alla quale si accomunano esegeti evangelici schierati sulla linea del dissenso - avrebbe assunto un carattere provocatorio rispetto alla cultura ebraica: lo dimostrerebbe in particolare il suo comportamento verso il mondo femminile negli incontri con donne, portato all’estremo limite, tanto da farne delle testimoni della risurrezione. Il volto femminile di Dio si sarebbe incarnato in un discepolato di eguali inaugurato dalla predicazione di Gesù, in forza della quale, come leggiamo in Gal 3,28 non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. Tale volto femminile sarebbe stato espunto a partire dall’epoca romana marcatamente maschilista.
MISURATI RICHIAMI ESEGETICI
Padre nostro che sei nei cieli
Tutto il vangelo di Luca è pervaso del tema della preghiera di Gesù: nel Battesimo di Giovanni solo lui dice che Gesù sta pregando e riferisce di tanti altri momenti in cui egli si apparta per pregare. Nella marcia verso Gerusalemme il suo modello di preghiera risulta affidato ai discepoli attraverso il suo esempio più che con l’insegnamento.
Simone Weil, celebre mistica ebrea del secolo scorso, notava con ironia una certa contraddizione tra la vicinanza evocata dal termine Padre e lo ‘stare nei cieli’.
Dal punto di vista ebraico il fatto che Luca trascuri l’aggiunta "nostro’ rimanderebbe ad Abramo (cf. Is 51, 2; 63,16).
Sia santificato il tuo Nome
Nulla è così biblico come questa prima richiesta. Maria la canta nel suo Magnificat: santo è il suo Nome, e in ciò si accorda con le parole del salmo 113, 1-3 Benedetto il Nome del Signore.
Venga il tuo Regno
Questa richiesta traduce in forma di preghiera il cuore della predicazione di Gesù. Egli stesso, come dice Origene, era autobasileia, si identificava nel suo regno e lo attualizzava.
I padri della chiesa conoscevano una variante di questa seconda richiesta attraverso Ez 37, 9: “il tuo santo Spirito venga su di noi e ci purifichi. Vieni dunque con il tuo Spirito, soffia sulla tua creazione, soffia dai quattro venti su queste nostre ossa”.
Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra
La volontà di Dio viene fatta in cielo dagli angeli: così si esprimono i padri della chiesa (cf. tra l'altro Sal 103, 21); e continuano: possa ora questa volontà essere compiuta anche sulla terra da noi uomini. (Ciò corrisponde a una visione tipicamente matteana della chiesa e della storia).
Dacci oggi il nostro pane 'quotidiano
Alla quarta richiesta, ogni traduttore inciampa nell'aggettivo che viene a qualificare il pane richiesto. In greco c'è epiousion (la parola reca è detta sia in genitivo sia in ablativo, ed è quindi impossibile distinguere se si tratti del male o del maligno).
Qualunque significato possiamo dare al termine, si dovrà riconoscere la contrapposizione ad un altro pane. Ora, sembra che la migliore spiegazione di questo ricercato aggettivo consista nel considerarlo derivato dal sostantivo ousia: in greco il prefisso epi è necessario per la formazione di un aggettivo. Ousia significa natura, essenza, realtà, ma anche potere e possesso. Allora, tradotto, l'aggettivo significa essenziale.
Nella struttura di questa preghiera si esprime una preziosa percezione, tipicamente ebraica: anche ciò che ci si è procacciato con le proprie mani è un dono. Nel momento in cui si sta per appropriarsene, bisogna imparare a riconoscerlo per quello che realmente è (un dono di Dio), e perciò a riceverlo in gratitudine e condividerlo in fraternità.
Un padre della chiesa ha anche questa osservazione: "Il povero ti chiede un pezzo di pane, e tu chiedi a Dio la vita eterna! Da' al povero, per diventare degno di partecipare alla vita di Cristo. Parlare di pane quotidiano, su di un pianeta dove milioni di persone soffrono la fame quotidiana, è un assurdo. Allora non si tratta solo di benedire Dio con cuore grato prima di fruire dei cibi. "Ho fame", grida oggi "uno di questi piccoli, mio fratello".
E rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori
Il perdono sta al cuore del lieto annunzio di Gesù e non c'è testo del N.T. che non annunzi a chiare lettere il "perdono dei peccati".
La seconda parte della frase ha meravigliato molti commentatori, sia dal punto di vista letterario sia da quello teologico e spirituale: la preghiera a Dio non viene condizionata da una promessa dell'uomo? In Luca ciò diventa una questione, come si nota dal suo ‘infatti’: una vera argomentazione.
E non farci entrare nella Prova, ma liberaci dal Maligno
Perché tuo è il Regno, la potenza e la gloria nei secoli
La tentazione è vista come uno spazio nel quale si teme di dover entrare. La preghiera è allora un pressante appello: non condurci dentro la fornace di fuoco, la prova. Questa preghiera e la sua formulazione ricordano la preghiera notturna di Gesù nel Gethsemani. La preghiera cristiana, imitando l'agonia di Gesù, discende fin dentro questa fornace di fuoco e continua a gridare: "Signore, salvaci!". A certi santi è dato di dovere esperire la loro esistenza come ‘nell'inferno’, mentre ottengono come unica parola da udire: ‘Sta' saldo e non disperare’. Paolo risolve la questione col suo invito a partecipare direttamente alla grande sofferenza messianica (cf. Paolo in Col 1.24). [Non è meglio inoltrarsi nell'abisso divino?].
Prestissimo, nella tradizione cristiana del Padre Nostro, si è avvertita la difficoltà di una preghiera che termina con "il Maligno". La tradizionale preghiera ebraica è particolarmente istruttiva da questo punto di vista: "tutte le preghiere hanno come scopo la Pace, e non c'è preghiera che non si concluda con una richiesta di pace". Perciò già nella versione della Didachè, e anche in alcuni antichi manoscritti di Matteo, ma soprattutto nei libri liturgici, si è concluso il Padre Nostro con una dossologia.

In questa, che non è priva di paralleli nella bibbia e nelle liturgie ebraiche, la preghiera sfocia in lode e compie in tal modo il movimento: da speranza e attesa a vittoria e gloria.

preghiera nuda
non so chi tu sia per te stesso
ti lanci oltre l’essere e il nulla
ogni istante nel creato sei storia
fai tuo il dolore dei poveri cristi
contro il male non offri barriera
ma di pietà tutto attraversi
e spalanchi le porte all’ingresso
nel tuo regno d’amore


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