28
luglio 2013 XVII DOMENICA T. O. Anno C
Genesi
18, 20-32; Colossesi 2, 12-14
Luca
11, 1-13
1 Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno
dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche
Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». 2 Ed egli disse loro: Quando pregate, dite: Padre, sia santificato
il tuo nome, venga il tuo regno; 3
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, 4 e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni
nostro debitore, e non abbandonarci alla tentazione. 5 Poi disse loro: Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va
da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, 6 perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da
offrirgli”, 7 e se quello
dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i
miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, 8 vi dico che, anche se non si alzerà a
darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene
quanti gliene occorrono. 9 Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto.
10 Perché chiunque chiede riceve e chi
cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11 Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una
serpe al posto del pesce? 12 O se gli
chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13 Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri
figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che
glielo chiedono.
***
N.B. Commentare dal punto di vista esegetico il
vangelo di oggi in maniera alquanto sufficiente richiederebbe la trattazione di
non pochi libri. Qui si fa un’estrema sintesi, che si avvale degli studi
condotti da sommi esegeti, tentando di
renderli in qualche modo accessibili. Ma tutto per cenni, pur senza
mancare di focalizzare alcune questioni.
***
IL SIMBOLO DEL PADRE
a) nei miti extra-biblici
Noi occidentali
siamo assuefatti a far risalire il simbolo del Padre ai miti biblici presenti
nell’Antico Testamento. E sappiamo che
in esso c’è traccia di culture extrabibliche. A queste è bene accennare.
Papa
Luciani, durante l’Angelus del 10 settembre 1978, si espresse così: “Dio è papà, più ancora è madre. E forse
attingeva questo modo di dire-Dio alla sua profonda bontà; certamente era
lontano dal far suo il pensiero della
differenza di Luce Irigaray e di altre teologhe femministe.
Oggi dovrebbe essere
maturata una riflessione sui simboli del maschile e del femminile a prescindere
da ogni schermo ideologico. Infatti in campo simbolico gli opposti si
richiamano l’un l’altro e sono equivalenti.
Nelle tracce del Dio
biblico che si rivela ai grandi profeti, non risulta che abbia definito se
stesso. Il suo nome, JHWH, consiste di quattro consonanti che, in quanto tali,
sono impronunciabili. Nell’Io sono colui
che sono rivelato ad Abramo, il predicato ripete il soggetto, e quindi non
esprime alcuna qualità; ma la frase così
formulata risale al Medio Evo.
Per individuare il
significato da dare al termine Padre nella preghiera cosiddetta di Gesù, è
utile accennare alla cultura arcaica e risalire addirittura al Paleolitico. Ma in esso il primo modo di riferirsi all’essere supremo non riguarda il
simbolo del Padre, bensì quello della Madre. Dal 30.000 al 1000 a.C. sono state disseminate in tutto il mondo numerose
figure femminili steatopigie [dalle parole greche stéatos = grasso, adipe, e puyné = natiche] che si
possono vedere anche in alcuni nostri musei. Le culture primordiali sono state
pervase, per così dire, dalla percezione della
potenza misteriosa intrinseca alla generatività femminile e l’hanno
caricata del senso di una mediazione in grado di attingere direttamente alla
Fonte della vita, oltre la precarietà del terreste. Da qui il culto della Gran
Madre, cioè della Madre terra, da cui si sprigiona la vita.
La Grande Dea assumerà altre
personificazioni in altri tempi e luoghi. Ne citiamo solo alcune. In Grecia
troviamo Divinità dell’amore: Ishtar-Astarte-Afrodite-Venere; della caccia: Ecate, Artemide-Diana; dell’agricoltura: Demetra-Cerere e Persefone-Proserpina. Sono parimenti celebri in
America Estsanatlehi, in Cina Quan-Yin, in India Durga. Eccetera
eccetera. (Detto per inciso, Jung colloca la potenza numinosa della Grande
Madre nell’inconscio).
Più tardi,
nell’epoca medievale, tutte saranno simboleggiate nel vaso femminile: il
calice del Sacro Graal, che ha un potere spirituale il quale si
estrinseca, non solo nella conoscenza e nella saggezza, ma soprattutto nella
verità, nell’amore, nella giustizia. Tanto che la spiritualità della Grande
Madre riemerge oggi in varie forme, dall’ecologia all’interesse verso i temi
dell’unione, dell’integrazione, della pace.
Dulcis
in fundo, tutte le espressioni del simbolismo femminile sono state
trasferite nella Vergine-Madre Maria; e il dogma trinitario ha completato il
quadro della femminilità divinizzata.
Gli studi
etnografici hanno dimostrato che la priorità storica del femminile non è di
merito, come vorrebbero alcuni studi femministi; è relativa al fatto che il
simbolo della maternità si afferma attraverso il passaggio dalla preistoria, quando tribù nomadi violente sopravvivevano grazie alla caccia, alla storia, quando si hanno le prime società stabili, legate alla terra da lavorare tramite la formazione di famiglie nelle quali la presenza femminile offriva garanzie di un vivere pacifico. Con ciò non si vuol
dire che la violenza sia di pertinenza maschile, poiché TUTTO CIO' CHE E' UMANO
E’, in forme diversificate, IN ENTRAMBI I GENERI.
b) nella Bibbia
Sia
nell’Antico sia nel Nuovo Testamento la preghiera è rivolta al Padre.
L’invocazione aramaica abba’, papà,
sta alla radice del Padre nostro,
recitato oggi. Nell’Antico Testamento essa aveva un carattere in
prevalenza verticale e pubblico, essendo indirizzata al Cielo (in cui si
immaginava collocata la Sovranità di un Dio lontano e trascendente), ed era
celebrata dai sacerdoti nel Tempio, il luogo di culto per eccellenza. Ma noi
sappiamo che Dio Padre era invocato
anche dai Profeti, i quali trasferivano la verticalità del Divino
nell’immanenza del cuore umano.
In
perfetta linea con questi ultimi, è ritratto dagli evangelisti un Gesù in
preghiera fuori dal Tempio, nel deserto, in montagna e in solitudine; e i
discepoli lo spingono a farli partecipi del suo ‘strano’ modo di rapportarsi a
JHWH: non spettava a loro inaugurare il Regno con la legittimazione della sua
autorità messianica?
c) nell’ottica femminista
Gesù,
nell’ottica femminista - alla quale si accomunano esegeti evangelici schierati
sulla linea del dissenso - avrebbe assunto un carattere provocatorio rispetto
alla cultura ebraica: lo dimostrerebbe in particolare il suo comportamento
verso il mondo femminile negli incontri con donne, portato all’estremo limite,
tanto da farne delle testimoni della risurrezione. Il volto femminile di Dio si sarebbe incarnato in un discepolato di eguali inaugurato dalla
predicazione di Gesù, in forza della quale, come leggiamo in Gal 3,28 non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi
siete uno in Cristo Gesù. Tale volto femminile sarebbe stato espunto a
partire dall’epoca romana marcatamente maschilista.
MISURATI RICHIAMI ESEGETICI
Padre nostro
che sei nei cieli
Tutto il vangelo di Luca è pervaso
del tema della preghiera di Gesù: nel Battesimo di Giovanni solo lui dice che
Gesù sta pregando e riferisce di tanti altri momenti in cui egli si apparta per
pregare. Nella marcia verso Gerusalemme il suo modello di preghiera risulta
affidato ai discepoli attraverso il suo esempio più che con l’insegnamento.
Simone Weil, celebre mistica ebrea
del secolo scorso, notava con ironia una certa contraddizione tra la vicinanza
evocata dal termine Padre e lo ‘stare nei cieli’.
Dal punto di vista ebraico il fatto che Luca trascuri l’aggiunta "nostro’ rimanderebbe ad Abramo (cf. Is 51, 2; 63,16).
Dal punto di vista ebraico il fatto che Luca trascuri l’aggiunta "nostro’ rimanderebbe ad Abramo (cf. Is 51, 2; 63,16).
Sia
santificato il tuo Nome
Nulla è così biblico come questa
prima richiesta. Maria la canta nel suo Magnificat: santo è il suo Nome, e in ciò si accorda con le parole
del salmo 113, 1-3 Benedetto il Nome del
Signore.
Venga il tuo
Regno
Questa richiesta traduce in forma di
preghiera il cuore della predicazione di Gesù. Egli stesso, come dice Origene, era autobasileia, si identificava nel suo regno e lo attualizzava.
I padri della chiesa conoscevano una variante di questa seconda richiesta attraverso Ez 37, 9: “il tuo santo Spirito venga su di noi e ci purifichi. Vieni dunque con il tuo Spirito, soffia sulla tua creazione, soffia dai quattro venti su queste nostre ossa”.
I padri della chiesa conoscevano una variante di questa seconda richiesta attraverso Ez 37, 9: “il tuo santo Spirito venga su di noi e ci purifichi. Vieni dunque con il tuo Spirito, soffia sulla tua creazione, soffia dai quattro venti su queste nostre ossa”.
Sia fatta la
tua volontà come in cielo così in terra
La volontà di Dio viene fatta in
cielo dagli angeli: così si esprimono i padri della chiesa (cf. tra l'altro Sal
103, 21); e continuano: possa ora questa volontà essere compiuta anche sulla terra da noi
uomini. (Ciò corrisponde a una visione tipicamente matteana della chiesa e della
storia).
Dacci oggi il
nostro pane 'quotidiano
Alla quarta richiesta, ogni
traduttore inciampa nell'aggettivo che viene a qualificare il pane richiesto.
In greco c'è epiousion (la parola reca è detta sia in genitivo sia in ablativo, ed è quindi impossibile distinguere se si tratti del male o del maligno).
Qualunque significato possiamo dare al termine, si dovrà riconoscere la contrapposizione ad un altro pane. Ora, sembra che la migliore spiegazione di questo ricercato aggettivo consista nel considerarlo derivato dal sostantivo ousia: in greco il prefisso epi è necessario per la formazione di un aggettivo. Ousia significa natura, essenza, realtà, ma anche potere e possesso. Allora, tradotto, l'aggettivo significa essenziale.
Qualunque significato possiamo dare al termine, si dovrà riconoscere la contrapposizione ad un altro pane. Ora, sembra che la migliore spiegazione di questo ricercato aggettivo consista nel considerarlo derivato dal sostantivo ousia: in greco il prefisso epi è necessario per la formazione di un aggettivo. Ousia significa natura, essenza, realtà, ma anche potere e possesso. Allora, tradotto, l'aggettivo significa essenziale.
Nella struttura di questa preghiera si esprime una preziosa percezione,
tipicamente ebraica: anche ciò che ci si è procacciato con le proprie mani è un
dono. Nel momento in cui si sta per appropriarsene, bisogna imparare a riconoscerlo per
quello che realmente è (un dono di Dio), e perciò a riceverlo in gratitudine e condividerlo in
fraternità.
Un padre della chiesa ha anche questa osservazione: "Il povero ti chiede un pezzo di pane, e tu chiedi a Dio la vita eterna! Da' al povero, per diventare degno di partecipare alla vita di Cristo. Parlare di pane quotidiano, su di un pianeta dove milioni di persone soffrono la fame quotidiana, è un assurdo. Allora non si tratta solo di benedire Dio con cuore grato prima di fruire dei cibi. "Ho fame", grida oggi "uno di questi piccoli, mio fratello".
Un padre della chiesa ha anche questa osservazione: "Il povero ti chiede un pezzo di pane, e tu chiedi a Dio la vita eterna! Da' al povero, per diventare degno di partecipare alla vita di Cristo. Parlare di pane quotidiano, su di un pianeta dove milioni di persone soffrono la fame quotidiana, è un assurdo. Allora non si tratta solo di benedire Dio con cuore grato prima di fruire dei cibi. "Ho fame", grida oggi "uno di questi piccoli, mio fratello".
E rimetti a
noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori
Il perdono
sta al cuore del lieto annunzio di Gesù e non c'è testo del N.T. che non
annunzi a chiare lettere il "perdono dei peccati".
La seconda parte della frase ha meravigliato molti commentatori, sia dal punto di vista letterario sia da quello teologico e spirituale: la preghiera a Dio non viene condizionata da una promessa dell'uomo? In Luca ciò diventa una questione, come si nota dal suo ‘infatti’: una vera argomentazione.
La seconda parte della frase ha meravigliato molti commentatori, sia dal punto di vista letterario sia da quello teologico e spirituale: la preghiera a Dio non viene condizionata da una promessa dell'uomo? In Luca ciò diventa una questione, come si nota dal suo ‘infatti’: una vera argomentazione.
E non
farci entrare nella Prova, ma liberaci dal Maligno
Perché tuo è
il Regno, la potenza e la gloria nei secoli
La tentazione è vista come
uno spazio nel quale si teme di dover entrare. La preghiera è allora un
pressante appello: non condurci dentro la fornace di fuoco, la prova. Questa preghiera e
la sua formulazione ricordano la preghiera notturna di Gesù nel Gethsemani. La
preghiera cristiana, imitando l'agonia di Gesù, discende fin dentro questa
fornace di fuoco e continua a gridare: "Signore, salvaci!". A certi
santi è dato di dovere esperire la loro esistenza come ‘nell'inferno’, mentre
ottengono come unica parola da udire: ‘Sta' saldo e non disperare’. Paolo risolve la questione col suo invito a partecipare direttamente alla
grande sofferenza messianica (cf. Paolo in Col 1.24). [Non è meglio inoltrarsi nell'abisso divino?].
Prestissimo, nella tradizione
cristiana del Padre Nostro, si è avvertita la difficoltà di una preghiera che
termina con "il Maligno". La tradizionale preghiera ebraica è particolarmente
istruttiva da questo punto di vista: "tutte le preghiere hanno come scopo
la Pace, e non c'è preghiera che non si concluda con una richiesta di
pace". Perciò già nella versione della Didachè, e anche
in alcuni antichi manoscritti di Matteo, ma soprattutto nei libri liturgici, si
è concluso il Padre Nostro con una dossologia.
In questa, che non è priva di paralleli nella bibbia e nelle liturgie ebraiche,
la preghiera sfocia in lode e compie in tal modo il movimento: da speranza e
attesa a vittoria e gloria.
preghiera nuda
non
so chi tu sia per te stesso
ti
lanci oltre l’essere e il nulla
ogni
istante nel creato sei storia
fai
tuo il dolore dei poveri cristi
contro
il male non offri barriera
ma
di pietà tutto attraversi
e
spalanchi le porte all’ingresso
nel tuo regno d’amore
Nessun commento:
Posta un commento