XIX T. O. ANNO B
1Re 19,4-8, Ef
4,30-5,2
Gv 6, 41-51
In
quel tempo,] 1 i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva
detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 2 E dicevano: «Costui non
è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la
madre? Come dunque può dire: "Sono disceso dal cielo"?». 3 Gesù
rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44 Nessuno può venire a me, se
non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo
giorno. 45 Sta scritto nei profeti: "E tutti saranno istruiti da
Dio". Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46
Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha
visto il Padre. 47 In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la
vita eterna. 48 Io sono il pane della vita. 49 I vostri padri
hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50 questo è il pane che
discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51 Io sono il pane
vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il
pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
ALCUNE NOTE
ESPLICATIVE SUL TESTO
1) Un’omelia che dà unità a frasi sparse
a)
Gli altri vangeli riportano varie
espressioni di Gesù presenti nel capitolo 6 di Giovanni, ma in contesti
diversi da questo. Anche se
l'origine storica è composita, è importante
non distruggere l'unitarietà data dal quarto evangelista, il quale
mette a fuoco concetti fondamentali della missione di Gesù. b) Ci troviamo di
fronte ad un'omelia basata sull'originale
insegnamento di Gesù, ma è evidente l’elaborazione ad opera di un predicatore
della prima generazione cristiana e che Giovanni ha accolto in modo organico
nel suo vangelo. Ne risulta un testo ricco di contenuti e di significati.
2) Mormorio tra i ‘Giudei’.
a)
Il termine Giudei indica il popolo
dell’Alleanza rappresentato dalle autorità religiose. Ma in questo vangelo
gli scontenti riguardano tutti: come riconoscere nell’uomo-Gesù la
rivelazione del Padre? b) Siccome ai tempi
della stesura del testo avevano preso piede alcuni dei movimenti gnostici che
negavano l’umanità di Gesù, Giovanni si propone di combattere la loro tesi. c) Questa omelia segue la tecnica di quello che i
Giudei chiamano midrash,
infatti il testo segue l'ordine della frase biblica spiegata parola per
parola. Si articola secondo le
due direttive: il pane dal cielo e il donarlo da mangiare.
3) Il pane
disceso dal cielo
Nella
prima lettura il riferimento ad Elia mostra la continuità dell’agire di Dio
quale si desume dalla Bibbia.
Nella vicenda, il profeta, sfuggito
alla persecuzione della regina Gezabele che voleva la sua morte per aver
ucciso 400 profeti di Baal, è deciso a farla finita con la vita. Dio gli
incute coraggio con un gesto materiale: provvede per lui un cibo che gli
permetterà di camminare per quaranta giorni e quaranta notti verso il monte
Oreb (il numero 40 esprime il tempo dell’attesa, della
purificazione, del ritorno al
Signore, della certezza che Dio è fedele alle sue promesse; il monte Oreb è, per antonomasia, il monte di Dio). Elia attraverserà
il deserto, e il suo cammino sarà tortuoso e demoralizzante. Or ecco Dio gli
manda un messaggero-angelo a portargli un aiuto fatto di essenzialità – pane,
acqua - . Agli orecchi dei Giudei suona esagerata e presuntuosa l’affermazione
gesuana di essere disceso dal cielo. Ma chi può dare questo Pane se non Dio stesso? Dicendosi
disceso dal cielo, Gesù compendia il concetto che il cibo in grado di
soddisfare completamente l’essere umano non può che discendere dalla
trascendenza di Dio. Giovanni scrive quando Gesù era ormai risorto, quindi può
parlare senza ambage del mistero del dono del Padre in Lui, il quale ne fa a
sua volta dono all’umanità, bisognosa di nutrimento di Vita.
4)
Mangiare-credere
Mangiare il pane di vita
significa assumerlo, assimilarlo, conformarsi. E' in questa ottica che si
muove la seconda lettura. L'apostolo Paolo ‘ordina’: "Fatevi dunque
imitatori di Dio". Se Gesù è il donatore di se stesso (vv.
35.38.41.42), bisogna scoprire in Lui, non l’ultimo, definitivo santone che
si spaccia per Dio, ma l’inauguratore di un nuovo modo di rapportarsi a Dio: accogliere
il dono e riprodurlo nella nostra terrestrità. Il termine ‘carne’ (sarx)
in ebraico indica la persona. L’insegnamento di Gesù è più che verbale; è la
sua stessa vita in corpo umano, cibo da ricevere e da dare a tutti: altro che
dimostrazione di onnipotenza!
COMMENTI
PERSONALI
E. Ronchi. La nervatura di tutto il brano è il verbo mangiare.
Mentre le religioni orientali si concentrano sul respiro, il cristianesimo
ha come gesto centrale il mangiare: Dio diventa parte integrante di me, è sotto
la mia pelle, si insedia al centro della mia povertà.
Wilma Chasseur. Il verbo che in questa sezione appare
con più frequenza è "credere". Gesù non dice “chi crede avrà” poi nel
futuro la vita eterna, ma “chi crede ha
già”; “il pane [il cibo] che io
darò è la mia carne”. La vita
eterna non inizia dopo la morte, ma comincia nel momento stesso in cui
crediamo in Gesù Cristo Figlio di Dio. "Questa è la vita eterna: che
conoscano te l'unico vero Dio e colui che hai mandato".
Armando
e Lucia.
"Solo Colui che viene da Dio ha visto il Padre". Viene=proviene.
Gesù rivela la sua radice divina e ne compendia l’essenza; “è disceso” per
farsi cibo a chi crede e in tal modo attinge alla vera Vita, di cui si fa
primizia nell’umanità con la morte e la risurrezione. Chi accetta il dono
della fece si lascia assimilare da Dio come Lui, impregnandosi di consegna,
abbandono, fiducia, certezza. A volte ci si domanda se Gesù, nei Vangeli, si
riconosca e manifesti come Dio. Ebbene, Lui ha ricevuto in consegna il
progetto divino, realizzandolo nella sua persona-che-si-dona: è Dio stesso
che si dona tangibilmente attraverso di Lui.
Ausilia. Il padre nostro è
la più precisa traduzione del senso delle frasi lette. Il senso globale è da trasferire
dagli zirgogoli dei nostri ragionamenti nella preghiera: Dacci oggi il nostro pane quotidiano, terreno e celeste; venga il tuo regno; regno che
simboleggia il compimento finale del destino dell’umanità. Refernte di tale
preghiera è il Padre: simbolo che non indica la figura tradizionale maschile….
Mi dà un senso di tristezza pensare a come non sappiamo destreggiarci tra i
simboli di Padre e di Figlio. Adoriamo ancora una volta l’idolo delle nostre
strettoie figurative, perdendo la semplicità dei sgignificati di cui solo lo
Spirito può illuminarci.
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1 commento:
Tutti noi proveniamo dal Dio e abbiamo in noi potenzialmente la conoscenza di Dio. Durante la vita terrena questa conoscenza dovrebbe potersi "svelare" nella consapevolezza di ciò che siamo. Nelle religioni orientali il "respiro" è un modo per entrare in "sintonia" con il Dio che abbiamo in noi e di cui siamo fatti. Per fare un paragone esplicativo: Tutti i pesci vivono nel mare, sono fatti di mare... Come noi siamo fatti di Dio. Solo che alcuni ne hanno consapevolezza, altri nuotano alla ricerca dell' Oceano di cui hanno sentito parlare.
Ciao, Joelle
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