venerdì 10 agosto 2012


XIX T. O. ANNO B

1Re 19,4-8, Ef 4,30-5,2
Gv 6, 41-51
In quel tempo,] 1 i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 2 E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: "Sono disceso dal cielo"?». 3 Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44 Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 45 Sta scritto nei profeti: "E tutti saranno istruiti da Dio". Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46 Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47 In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. 48 Io sono il pane della vita. 49 I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50 questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51 Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

ALCUNE NOTE ESPLICATIVE SUL TESTO
1) Un’omelia che dà unità a frasi sparse
a) Gli altri vangeli riportano varie espressioni di Gesù presenti nel capitolo 6 di Giovanni, ma in contesti diversi da questo. Anche se l'origine storica è composita, è importante non distruggere l'unitarietà data dal quarto evangelista, il quale mette a fuoco concetti fondamentali della missione di Gesù. b) Ci troviamo di fronte ad un'omelia basata sull'originale insegnamento di Gesù, ma è evidente l’elaborazione ad opera di un predicatore della prima generazione cristiana e che Giovanni ha accolto in modo organico nel suo vangelo. Ne risulta un testo ricco di contenuti e di significati.
2) Mormorio tra i ‘Giudei’.
a) Il termine Giudei indica il popolo dell’Alleanza rappresentato dalle autorità religiose. Ma in questo vangelo gli scontenti riguardano tutti: come riconoscere nell’uomo-Gesù la rivelazione del Padre? b) Siccome ai tempi della stesura del testo avevano preso piede alcuni dei movimenti gnostici che negavano l’umanità di Gesù, Giovanni si propone di combattere la loro tesi. c) Questa omelia segue la tecnica di quello che i Giudei chiamano midrash, infatti il testo segue l'ordine della frase biblica spiegata parola per parola. Si articola secondo le due direttive: il pane dal cielo e il donarlo da mangiare.
3) Il pane disceso dal cielo
Nella prima lettura il riferimento ad Elia mostra la continuità dell’agire di Dio quale si desume dalla Bibbia. Nella vicenda, il profeta, sfuggito alla persecuzione della regina Gezabele che voleva la sua morte per aver ucciso 400 profeti di Baal, è deciso a farla finita con la vita. Dio gli incute coraggio con un gesto materiale: provvede per lui un cibo che gli permetterà di camminare per quaranta giorni e quaranta notti verso il monte Oreb (il numero 40  esprime il tempo dell’attesa, della purificazione, del ritorno al Signore, della certezza che Dio è fedele alle sue promesse; il monte Oreb è, per antonomasia, il monte di Dio). Elia attraverserà il deserto, e il suo cammino sarà tortuoso e demoralizzante. Or ecco Dio gli manda un messaggero-angelo a portargli un aiuto fatto di essenzialità – pane, acqua - . Agli orecchi dei Giudei suona esagerata e presuntuosa l’affermazione gesuana di essere disceso dal cielo. Ma chi  può dare questo Pane se non Dio stesso? Dicendosi disceso dal cielo, Gesù compendia il concetto che il cibo in grado di soddisfare completamente l’essere umano non può che discendere dalla trascendenza di Dio. Giovanni scrive quando Gesù era ormai risorto, quindi può parlare senza ambage del mistero del dono del Padre in Lui, il quale ne fa a sua volta dono all’umanità, bisognosa di nutrimento di Vita.
4) Mangiare-credere
Mangiare il pane di vita significa assumerlo, assimilarlo, conformarsi. E' in questa ottica che si muove la seconda lettura. L'apostolo Paolo ‘ordina’: "Fatevi dunque imitatori di Dio". Se Gesù è il donatore di se stesso (vv. 35.38.41.42), bisogna scoprire in Lui, non l’ultimo, definitivo santone che si spaccia per Dio, ma l’inauguratore di un nuovo modo di rapportarsi a Dio: accogliere il dono e riprodurlo nella nostra terrestrità. Il termine ‘carne’ (sarx) in ebraico indica la persona. L’insegnamento di Gesù è più che verbale; è la sua stessa vita in corpo umano, cibo da ricevere e da dare a tutti: altro che dimostrazione di onnipotenza!

COMMENTI PERSONALI
E. Ronchi. La nervatura di tutto il brano è il verbo mangiare. Men­tre le religioni orientali si concentrano sul respiro, il cristianesimo ha come gesto centrale il mangiare: Dio diventa parte integrante di me, è sot­to la mia pelle, si insedia al centro della mia povertà.
Wilma Chasseur. Il verbo che in questa sezione appare con più frequenza è "credere". Gesù non dice “chi crede avrà” poi nel futuro la vita eterna, ma “chi crede ha già”; “il pane [il cibo] che io darò è la mia carne”. La vita eterna non inizia dopo la morte, ma comincia nel momento stesso in cui crediamo in Gesù Cristo Figlio di Dio. "Questa è la vita eterna: che conoscano te l'unico vero Dio e colui che hai mandato".
Armando e Lucia. "Solo Colui che viene da Dio ha visto il Padre". Viene=proviene. Gesù rivela la sua radice divina e ne compendia l’essenza; “è disceso” per farsi cibo a chi crede e in tal modo attinge alla vera Vita, di cui si fa primizia nell’umanità con la morte e la risurrezione. Chi accetta il dono della fece si lascia assimilare da Dio come Lui, impregnandosi di consegna, abbandono, fiducia, certezza. A volte ci si domanda se Gesù, nei Vangeli, si riconosca e manifesti come Dio. Ebbene, Lui ha ricevuto in consegna il progetto divino, realizzandolo nella sua persona-che-si-dona: è Dio stesso che si dona tangibilmente attraverso di Lui.
Ausilia. Il padre nostro è la più precisa traduzione del senso delle frasi lette. Il senso globale è da trasferire dagli zirgogoli dei nostri ragionamenti nella preghiera: Dacci oggi il nostro pane quotidiano, terreno e celeste; venga il tuo regno; regno che simboleggia il compimento finale del destino dell’umanità. Refernte di tale preghiera è il Padre: simbolo che non indica la figura tradizionale maschile…. Mi dà un senso di tristezza pensare a come non sappiamo destreggiarci tra i simboli di Padre e di Figlio. Adoriamo ancora una volta l’idolo delle nostre strettoie figurative, perdendo la semplicità dei sgignificati di cui solo lo Spirito può illuminarci.


1 commento:

Anonimo ha detto...

Tutti noi proveniamo dal Dio e abbiamo in noi potenzialmente la conoscenza di Dio. Durante la vita terrena questa conoscenza dovrebbe potersi "svelare" nella consapevolezza di ciò che siamo. Nelle religioni orientali il "respiro" è un modo per entrare in "sintonia" con il Dio che abbiamo in noi e di cui siamo fatti. Per fare un paragone esplicativo: Tutti i pesci vivono nel mare, sono fatti di mare... Come noi siamo fatti di Dio. Solo che alcuni ne hanno consapevolezza, altri nuotano alla ricerca dell' Oceano di cui hanno sentito parlare.
Ciao, Joelle