venerdì 1 dicembre 2017

PRIMA DOMENICA DI AVVENTO anno B


PRIMA DOMENICA DI AVVENTO anno B

 

Mc 13,33-37

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 33Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. 34 È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. 35  Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; 36 fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. 37 Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!”.

 

Is 63,16-17.194,2-7

Tu, Signore, sei nostro padre, / da sempre ti chiami nostro redentore. / 17Perché, Signore, cilasci vagare lontano dalle tue vie / e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema? / Ritorna per amore dei tuoi servi, / per amore delle tribù, tua eredità. / 19Se tu squarciassi i cieli e scendessi! / Davanti a te sussulterebbero i monti, / 2Quando tu compivi cose terribili che non attendevamo, / tu scendesti e davanti a te sussultarono i monti. / 3Mai si udì parlare da tempi lontani, / orecchio non ha sentito, / occhio non ha visto / che un Dio, fuori di te,  /abbia fatto tanto per chi confida in lui. / 4Tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia / e si ricordano delle tue vie. / Ecco, tu sei adirato perché abbiamo peccato / contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli. / 5Siamo divenuti tutti come una cosa impura, / e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia; / tutti siamo avvizziti come foglie, / le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento. / 6Nessuno invocava il tuo nome, / nessuno si risvegliava per stringersi a te; / perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, / ci avevi messo in balìa della nostra iniquità. / 7Ma, Signore, tu sei nostro padre; / noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, / tutti noi siamo opera delle tue mani.

Sal 79

Tu, pastore d’Israele, ascolta, / seduto sui cherubini, risplendi. / Risveglia la tua potenza /  e vieni a salvarci. // Dio degli eserciti, ritorna! / Guarda dal cielo e vedi / e visita questa vigna, /proteggi quello che la tua destra ha piantato, / il figlio dell’uomo che per te hai reso forte. // Sia la tua mano sull’uomo della tua destra, / sul figlio dell’uomo che per te hai reso forte. / Da te mai più ci allontaneremo, / facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.

1Cor 1,3-9

Fratelli, 3grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo!

4Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, 5perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza. 6La testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente 7che non manca più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. 8Egli vi renderà saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. 9Degno di fede è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!

 

COMMENTO

 

1) L’AVVENTO

[Nel periodare manca il concatenamento, dovendo raccogliere elementi disparati]

 

- E’ finito l’anno liturgico detto anno A, in cui abbiamo letto Matteo, ed inizia il nuovo detto anno B, in cui leggiamo Marco.

- uale ququle quale biogna prequuqqqq

In questa prima domenica dell’avvento entriamo nel tempo liturgico dell’attesa.

 

 

- Il termine Avventoaha un duplice significato: indica le due venute di Gesù. La prima è la venuta storica di Gesù a Betlemme, la seconda sarà quella alla fine dei tempi. Queste due venute sono considerate come un'unica venuta, sdoppiata in due tappe.
Siccome la venuta di Cristo fu annunciata dai profeti, preparata dal Precursore, e compiuta dalla
- L'origine del tempo di Avvento è tardiva: tra il IV e il VI secolo.
Siccome la prima celebrazione del Natale a Roma è del 336, è proprio verso la fine del IV secolo che si riscontra in Gallia e in Spagna un periodo di preparazione alla festa del Natale. Per quanto la prima festa di Natale sia stata celebrata a Roma, in essa si verificò un tempo di Avvento solo a partire dal VI secolo. La scelta della data della nascita di Gesù è stata stabilita con criteri utili alla evangelizzazione di tradizioni pagane relative al culto del sole. La Chiesa, nel ricordare la venuta al mondo del Messia, ne celebra la luminosa manifestazione, collegata con la sua morte e risurrezione, in vista di diffondere il vangelo tra tutte le genti.                                                                                                          
- L’Avvento aiuta a comprendere la novità evangelica, inserita nella tradizione dell’Antico Testamento.
- Non desta meraviglia il fatto che l'Avvento nasca con una configurazione simile a quella della quaresima; infatti fin dalle origini la celebrazione del Natale venne concepita come la celebrazione della risurrezione di Cristo nello stesso giorno in cui si fa memoria della sua nascita.
- Il secondo avvento di Gesù nella gloria, potrebbe avvenire in qualunque momento della storia: a partire dall’Ascensione sono cominciati i cosiddetti ultimi tempi (escatologici) e perciò il suo ritorno è da considerarsi sempre imminente (cf Ap 22,20). Ma non spetta a noi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato a tale venuta escatologica.
- Prima della seconda venuta, la Chiesa dovrà passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra si rivelerà Mistero di iniquità sotto la forma di una impostura religiosa che offrirà una soluzione apparente ai problemi dei cristiani, al prezzo dell’apostasia (defezione). La massima impostura religiosa sarà quella dell'Anti-Cristo, cioè di uno pseudo-messia che proporrà la glorificazione di se stessi anziché di Dio.
- La Chiesa dovrà realizzare il regno, non ottenere un trionfo storico. Questo, infatti, prenderà la forma dell'ultimo Giudizio, non senza passare attraversare l'ultimo sommovimento cosmico. Ma Dio, bene assoluto, riporterà vittoria definitiva sul male.
- Il brano di oggi presenta una breve parabola di esortazione ai discepoli perché il Figlio dell’uomo verrà. Attenzione, non si dice che ritornerà, perché nei Vangeli non si parla mai di ritorno, bensì di venuta del Signore. Egli è il Veniente, che può venire sempre. Vegliare nella notte, vigilare, stare attenti e in guardia, sono tutte espressioni che indicano ciò che compete a ciascun cristiano: vivere la vigilanza vegliando anche nella notte. Occorre vigilare come se la fine dovesse avvenire oggi. Il giusto atteggiamento del cristiano si articola seguendo un duplice impulso: vigilare, come se la conclusione fosse imminente, ed attivarsi, come se questa non fosse prossima. Non bisogna fermare la vita, però non possiamo esimerci dall’assegnarle un significato non approssimativo.
- Vigilare è aderire alla realtà terrestre, stando sempre alla presenza di Dio; è resistere allo spirito dominante nella cultura del tempo e conservare la capacità di critica, per non piegarsi al così fan tutti!.
- I testi liturgici distinguono due tempi dell’Avvento; quello escatologico e quello natalizio. Il primo è prevalente per lunghezza rispetto al secondo che inizia il 17 dicembre e riguarda la sola IV domenica d’Avvento.
- Il Natale del Cristo rimanda ben oltre se stesso, sia in direzione del passato che in direzione del futuro. Rimanda alla costante premura di Dio per il suo popolo e al suo intenso desiderio di incontro. Lui, non noi, come dice Isaia (40,4) abbasserà i colli e colmerà le valli. L’istante presente è un ponte senza interruzioni, una strada aperta che scorre in entrambi i sensi e che in tutti e due conduce nelle Sue braccia. Dovunque ci volgiamo, sia il passato, il presente o il futuro, non possiamo trovare che Dio. L’Avvento natalizio presenta allora quella manifestazione storica di Dio che è conferma della sua parola e insieme caparra della nostra speranza: in questo consiste l’Avvento escatologico. In sintesi, l’Avvento è memoria ed attesa, in quanto Dio ha già compiuto  ciò che attendiamo.
- ATTENZIONE! Quando si fa consistere l’Avvento nella semplice attesa del Natale, si  rischia di introdurre una finzione che diviene forzatura, quasi che Cristo dovesse ancora nascere tra noi in questa terra.
- La Chiesa ha sempre anteposto alle principali solennità dell’anno liturgico un tempo di preparazione. Sappiamo che nel medioevo le quaresime erano molteplici. Preparare il cuore è essenziale; è già incontro e accoglienza perché il Cristo viene continuamente; non c’è istante in cui il Signore non stia alla nostra porta e bussi (Ap 3,20).
- Chiediamoci: la parusia sarà la caduta del velo, dietro il quale già ora, nel tempo, possiamo soltanto intuire la presenza di Dio? La risposta dipende dalla trasformazione interiore che sta ai singoli rendere operosa.
- La rinnovata liturgia voluta dal Vaticano II offre numerosi strumenti per cogliere il centro della novità che Cristo ho portato in e per la storia.
Per cogliere il profondo significato dell’Avvento, sarebbe necessario un ascolto attento delle Scritture e della tradizione della Chiesa. Ma aiuterebbe anche un confronto con altre ‘sapienze’, lo ha riconosciuto papa Francesco: le parole del Budda offrono a ciascuno di noi una guida”. Cerco di spiegare: il tirocinio per realizzare una disciplina interiore è sostanzialmente uguale, anche se l’appartenenza religiosa è diversa.
 
2) PERCEZIONE DEL TEMPO DI AVVENTO NELL’OGGI
- L’uso del linguaggio manifesta una delle difficoltà che attraversiamo. Ad esempio, negli anni passati i verbi dell’avvento venivano pronunciati al futuro: faremo, realizzeremo, verrà, cambierà... Ora il futuro non è usato nel parlare di Avvento.
- Alla spontaneità della speranza cristiana si sta sostituendo un senso di stanchezza, di accettazione negativa della realtà. Alla condivisione si sta sostituendo la tentazione di difendere quello che già si possiede. Di fronte alla fatica di costruire e di testimoniare la paternità di Dio, presente nel nostro tempo, cresce la percezione che nella storia non ci può essere salvezza. Anche oggi viviamo la grande tentazione di ritenere possibile la venuta del Regno di Dio (così lo Matteo 6,13).
- Da un certo numero di anni la comunicazione di massa ha modificato i costumi e le finalità della politica. Ha eliminato le parole cristiane dal vocabolario e, quando non ha potuto, le ha svuotato di senso.
Si abbandona sempre più l’orizzonte della solidarietà e ciascuno cerca la propria salvezza, nella persuasione che l'impedimento al proprio sviluppo sia la presenza fisica degli altri. C'è la percezione diffusa che sicurezza, benessere, mezzi di sussistenza, non siano più a disposizione di tutti: Dio non può più essere un padre per tutti e la creazione non è stata pensata per soddisfare tutti. In ultima analisi, siamo in troppi a dividere le risorse che il mondo mette a disposizione…
 
3) COMUNITÀ CRISTIANE IMPREPARATE
Di fronte ad un cambio culturale così determinante dal quale si è sommersi, le comunità cristiane appaiono incerte ed annaspano nei devozionalismi. Sanno che la maggioranza dei loro utenti si rivolgono tradizionalmente ala taumaturgico quasi unicamente nei momenti di difficoltà, desiderando che questo o quel santo intervenga in sostituzione di Dio e delle incapacità sociali e politiche. Non ci si rende conto della responsabilità necessaria ad affrontare la gravità della crisi che la cultura occidentale.
Nasce la tentazione di affidare un ruolo di mediazione culturale a nuove forme di sicurezza sociale che si manifestino soprattutto attraverso la creazione di consensi diretti, senza la giusta attenzione ai valori cristiani, assecondando, piuttosto, forme culturali che chiedono il tradimento di due verità fondamentali della fede: l’adorazione di Dio sostituita con quella umana (idolatria) e il comandamento dell'amore scambiato per una più comoda osservanza della morale privata.
Per sostenere questo adattamento puramente umano della speranza non si pensa a riformulare (aggiornare) il messaggio evangelico e la predicazione, in modo tale da mettere in crisi il sistema di potere e di alleanza con i nuovi falsi liberatori. Così facendo, senza averne coscienza, perfino la pastorale slitta verso una riduzione infantile e puramente psicologica della cristologia perdendone il fondamento che è la fede nel vero liberatore, Cristo, il Messia di Dio. Invece non costa niente, anzi è ambiguamente appagante attendere la nascita di un Gesù bambino! Per giunta un Gesù Bambino sepolto dai giocattoli…
 
4) LA SPERANZA CRISTIANA DEFORMATA
- A ben vedere ciò che viviamo indica che è entrato definitivamente in crisi, nel cuore e nella mente di molti battezzati, la rappresentazione evangelica della speranza. Nonostante il grande slancio con cui in questi ultimi anni il Magistero ha riproposto questa virtù teologale, sembra che nelle comunità la predicazione domenicale non riesca ad aiutare i cristiani ad uscire dalla progressiva indifferenza verso il futuro e la costruzione della storia a cui ci invita la rivelazione.
- Le categorie religiose che circolano nella cultura cattolica contemporanea sono frutto di una interpretazione che ha perduto il senso profetico del kerigma evangelico. Perdura nella cultura dei battezzati, una rappresentazione ingenua della speranza come assicurazione che, attraverso la partecipazione ai riti sacramentali e liturgici, verrà assicurato il paradiso.
Come guarire questa malattia ‘borghese’ del cristianesimo religioso?
Annunciare e invitare alla speranza oggi significa prendere molto sul serio la mancanza di parole della attuale tradizione ecclesiale e la difficoltà a declinare l'evento della salvezza nella quotidianità dell'esistenza. Troppo spesso nei luoghi della vita il cristiano si sente solo. Il linguaggio della fede che ha ricevuto e che gli è stato trasmesso sembra non entrare assolutamente in sintonia con la sua quotidianità.
- Abbiamo bisogno di rifondare il linguaggio dell'attesa. Non più centrandolo sul desiderio della vita dopo la morte, ma ricercando nella esperienza di vita di Gesù i tratti fondamentali di una vera esistenza umana.
 
5) LA PARUSIA: VISIONE APOCALITTICA O ATTESA DEL POVERO?
- Secondo Marco, la manifestazione gloriosa del Figlio dell’uomo avverrà dopo una tribolazione nella quale l’assetto attuale del mondo sarà sconvolto e avrà fine. Allora tutta l’umanità sarà posta di fronte alla visione del Figlio dell’uomo veniente sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli instaurerà per sempre il suo Regno: La visione sarà apocalittica, rivelativa. La parusia, la venuta gloriosa, coinciderà con la fine dell’attuale creazione e l’avvento della nuova: un evento che avverrà certamente ma la cui ora non è conosciuta da nessuno se non da Dio. Certamente non mancano i segni che potranno servire da ammonimento attraverso un discernimento attento.
- Se volessimo individuare gli atteggiamenti di fondo suggeriti da questo tempo liturgico dovremmo muovere dalla povertà interiore, ossia dalla consapevolezza che Dio lo possiamo solo attendere con speranza certa. Lui non è un giocattolo nelle nostre mani, non è qualcosa che possiamo conquistare o meritare.
- L’Avvento ribadisce lo spettacolo delle nostre mani vuote protese verso un Dio pronto a ricevere i suoi beni (Is 25,6).
- Chi attende è anche aperto al nuovo. È pronto a contemplare un deserto che fiorisce. Questa è un’immagine cara al profeta Isaia, più che mai adatta a descrivere l’opera di Dio, sempre inaspettata, rigogliosa, commovente. Dio viene nella novità: è eterna novità (Is 43,19).
Chi ha un cuore appesantito da mille attaccamenti, come potrà scorgere la sua presenza nelle pieghe delle vicende umane?
- Attesa è anche sobrietà, come ribadiscono in particolar modo i testi dell’apostolo Paolo. L’attesa si fa allora vigilanza: il cuore è attirato e unificato dalla tensione verso l’incontro con Lui. Infatti, come dice Paolo, in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza. Tutto il resto perde d’importanza e non assorbe l’anima così da consumarla attorno all’inessenziale. Comprendiamo anche il significato del colore violaceo dei paramenti: esso richiama, non tanto la penitenza quanto piuttosto la conversione. E non esiste tempo dell’anno liturgico che, offrendo una speciale grazia, non domandi un particolare cambiamento.
- Non siamo in Quaresima: la gioia invade ampiamente tante pagine bibliche tipiche di questo periodo. Allora, invochiamo Dio con le parole di Isaia: Tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia.
Anche l’ingiustizia è sonno dell’anima. Bisogna risvegliarsi e scoprire che Dio ci visita nehli altri ed in ogni evento.
 
6) QUALCHE ‘VOCE’ CRITICA
Gli specialisti del vangelo di Marco mettono in dubbio il fatto che Gesù abbia pronunciato la frase sulla vigilanza pensando alla fine del mondo, alla morte inattesa e ad altre minacce simili. Tutto questo è stato tema della predicazione in sermoni ed omelie. Così si fa paura alla gente. E si sa che l’argomento della paura della morte è stato molto utilizzato dal clero. Questo si deve evitare ad ogni costo. Perché in questo modo non si parla di Dio, ma della paura. Ma il Dio di cui ci ha parlato Gesù non è un Dio della paura, ma è il Padre della Bontà e della Misericordia.
In fondo, quando parlano tanto della paura, molti vogliono “sottomettere la gente”. Una persona spaventata è una persona sottomessa. Il Dio della paura vuole persone sottomesse, non persone rette. Ma nella vita quello di cui abbiamo più bisogno è rettitudine, onestà, bontà, giustizia. Non tanto parlare di sottomissione.
- C’è il rischio che, distratti da tante cose, svogliati, superficiali come siamo, non ci accorgiamo di quell’occasione che, una volta che si è presentata, non ritorna più. Questo era il significato biblico di kairós: l’occasione opportuna, il momento opportuno che passa e poi non si ripresenta.
 
7) UN LINGUAGGIO APPROPRIATO è premessa PER PARLARE DI VENUTE [al plurale]
 
 
- Non è facile, per la mentalità contemporanea, parlare dell’eterno.
- In primo luogo, c’è il rischio di confondere eterno e perpetuo. L’eternità non ha estensione né durata alcuna [subito una breve nota: la comprensione dell’eternità non è un fatto meramente intellettuale; comporta un’esperienza radicale, la quale è quanto di più distante si possa immaginare dallo spirito della modernità].
L’eternità è qui ed ora, e soltanto qui ed ora va trovato il passato ed il futuro. E’ inconcepibile che in Dio si verifichi qualche cosa che prima non c'era. Chi è condizionato infatti subisce una modificazione e ogni essere che subisce una modificazione è nel tempo in divenire.
- Quanto al tempo, dobbiamo premettere che esiste sempre e soltanto ora. Né c’è un qui in cui si fermi, per poi ricominciare. Gli istanti sono senza grandezza e senza estensione, e mai nessuna somma di enti senza grandezza potrebbe dare per risultato una grandezza.
- Ma allora questo mondo è forse un’illusione? È forse un niente?
- Dopo che la scienza ha evidenziato il legame indissolubile del tempo non solo con lo spazio, ma anche con l’energia e la materia, a maggior ragione oggi non riusciamo a pensare che l’eternità equivalga a un protrarsi infinito del tempo, né tanto meno al ripetersi continuo di un tempo ciclico nell’eterno ritorno dell’uguale.
- Se è vero che l’eternità è la dimensione propria di Dio, mentre la nostra dimensione è la temporalità, ciò non significa che la prima annulli la seconda. Non c’è semplice continuità e omogeneità tra le due realtà, come non ci può essere omogeneità tra l’assoluto e il contingente, tra Creatore e creatura. Ma non c’è nemmeno contrapposizione e negazione.
- L’espressione in principio (cf. Gen 1,1) non identifica tanto l’inizio cronologico dell’universo, l’istante del big bang; su di un altro piano rispetto a quello fisico-cosmologico, intende affermare piuttosto che Dio è il fondamento delle creature, causa ultima di tutto ciò che esiste, e che mantiene una relazione permanente e positiva con la sua creazione.
Dice Agostino: Dio non ha creato il mondo nel tempo, ma ha creato il mondo con il tempo. Non c’è un tempo, un prima cronologico rispetto alla creazione. Lo stesso così sintetizza in una sua preghiera:  Non ci fu dunque un tempo durante il quale avresti fatto nulla, poiché il tempo stesso l’hai fatto Tu (Conf. XI,14).
 
Personale deduzione
O mio Dio, Tu, Eterno che impronta la mia temporalità, quando sarò rapita nella Tua eternità, mi svelerai tutto. No no!… Non svelarmi tutto. Perché sto bene qui nella terra dentro il Mistero che sei Tu.
Le sofferenze appartengono al tempo, e non so come farò senza di esse, che mi hanno insegnato ad amare sempre, nella gioia e nel dolore, senza un prima e senza un dopo, senza misurazione di quantità e di qualità.
Non ho paura di annoiarmi nell’eterno, perché Tu sei perenne Novità.
O Dio, o Amore, o Gioia da condividere con gli altri (perché senza gli altri non hai saputo starci nemmeno Tu).
Non voglio sapere altro, o Dio misterioso, che mi sveli una cosa sola: l’AMORE INFINITO.
 
* Postilla
Non ho parlato delle due, forse più Venute….
Ma non ho potuto, né voluto inventarmi anch’io un’altra Bibbia. Ne basta UNA.

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