PRIMA DOMENICA DI AVVENTO anno B
Mc 13,33-37
In quel tempo, Gesù disse ai suoi
discepoli: 33 “Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è
il momento. 34 È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa
e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al
portiere di vegliare. 35 Vegliate
dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a
mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; 36 fate in modo che, giungendo
all’improvviso, non vi trovi addormentati. 37 Quello che dico a voi, lo dico a
tutti: vegliate!”.
Is 63,16-17.194,2-7
Tu, Signore, sei nostro padre, / da
sempre ti chiami nostro redentore. / 17Perché, Signore, cilasci
vagare lontano dalle tue vie / e lasci indurire il nostro cuore, così che non
ti tema? / Ritorna per amore dei tuoi servi, / per amore delle tribù, tua
eredità. / 19Se tu squarciassi i cieli e scendessi! / Davanti a te
sussulterebbero i monti, / 2Quando tu compivi cose terribili che non
attendevamo, / tu scendesti e davanti a te sussultarono i monti. / 3Mai
si udì parlare da tempi lontani, / orecchio non ha sentito, / occhio non ha
visto / che un Dio, fuori di te, /abbia
fatto tanto per chi confida in lui. / 4Tu vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia / e si
ricordano delle tue vie. / Ecco, tu sei adirato perché abbiamo peccato / contro
di te da lungo tempo e siamo stati ribelli. / 5Siamo divenuti tutti
come una cosa impura, / e come panno immondo sono tutti i nostri atti di
giustizia; / tutti siamo avvizziti come foglie, / le nostre iniquità ci hanno
portato via come il vento. / 6Nessuno invocava il tuo nome, / nessuno
si risvegliava per stringersi a te; / perché tu avevi nascosto da noi il tuo
volto, / ci avevi messo in balìa della nostra iniquità. / 7Ma, Signore, tu sei nostro padre; / noi siamo argilla e tu
colui che ci plasma, /
tutti noi siamo opera delle tue mani.
Sal 79
Tu,
pastore d’Israele, ascolta, / seduto sui cherubini, risplendi. / Risveglia la
tua potenza / e vieni a salvarci. // Dio
degli eserciti, ritorna! / Guarda dal cielo e vedi / e visita questa vigna, /proteggi
quello che la tua destra ha piantato, / il figlio dell’uomo che per te hai reso
forte. // Sia la tua mano sull’uomo della tua destra, / sul figlio dell’uomo
che per te hai reso forte. / Da te mai
più ci allontaneremo, / facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome.
1Cor 1,3-9
Fratelli, 3grazia a voi e
pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo!
4Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della
grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, 5perché in lui siete stati arricchiti di tutti i
doni, quelli della parola e quelli della conoscenza. 6La
testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente 7che
non manca più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore
nostro Gesù Cristo. 8Egli vi renderà saldi sino alla fine,
irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. 9Degno di
fede è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione con il Figlio suo
Gesù Cristo, Signore nostro!
COMMENTO
1) L’AVVENTO
[Nel
periodare manca il concatenamento, dovendo raccogliere elementi disparati]
- E’ finito l’anno liturgico
detto anno A, in cui abbiamo letto Matteo, ed inizia il nuovo detto anno B,
in cui leggiamo Marco.
-
In
questa prima domenica dell’avvento entriamo nel tempo liturgico dell’attesa.
- Il termine
Avventoaha
un duplice significato: indica le due venute di Gesù. La prima è la venuta
storica di Gesù a Betlemme, la seconda sarà quella alla fine dei tempi. Queste
due venute sono considerate come un'unica venuta, sdoppiata in due tappe.
Siccome la
venuta di Cristo fu annunciata dai profeti, preparata dal Precursore, e
compiuta dalla
- L'origine
del tempo di Avvento è tardiva: tra il IV e il VI secolo.
Siccome
la prima celebrazione del Natale a Roma è del 336, è proprio verso la fine del
IV secolo che si riscontra in Gallia e in Spagna un periodo di preparazione
alla festa del Natale. Per quanto la prima festa
di Natale sia stata celebrata a Roma, in essa si verificò un tempo di Avvento
solo a partire dal VI secolo. La scelta della data della
nascita di Gesù è stata stabilita con criteri utili alla
evangelizzazione di tradizioni pagane relative al culto del sole. La Chiesa,
nel ricordare la venuta al mondo del Messia, ne celebra
la luminosa manifestazione, collegata con la sua morte e risurrezione, in vista
di diffondere il vangelo tra tutte le genti.
- L’Avvento aiuta a comprendere la novità evangelica, inserita
nella tradizione dell’Antico Testamento.
- Non
desta meraviglia il fatto che l'Avvento nasca con una configurazione simile a
quella della quaresima; infatti fin dalle origini la celebrazione del Natale
venne concepita come la celebrazione della risurrezione di Cristo nello stesso
giorno in cui si fa memoria della sua nascita.
- Il
secondo avvento di Gesù nella gloria, potrebbe avvenire in qualunque momento
della storia: a partire dall’Ascensione sono cominciati i cosiddetti ultimi tempi (escatologici) e perciò il
suo ritorno è da considerarsi sempre imminente (cf Ap 22,20). Ma non
spetta a noi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato a tale
venuta escatologica.
- Prima
della seconda venuta, la Chiesa dovrà passare attraverso una prova finale che
scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo
pellegrinaggio sulla terra si rivelerà Mistero
di iniquità sotto la forma di una impostura religiosa che offrirà una
soluzione apparente ai problemi dei cristiani, al prezzo dell’apostasia (defezione).
La massima impostura religiosa sarà quella dell'Anti-Cristo, cioè di uno pseudo-messia che proporrà la
glorificazione di se stessi anziché di Dio.
- La
Chiesa dovrà realizzare il regno, non ottenere un trionfo storico. Questo,
infatti, prenderà la forma dell'ultimo Giudizio, non senza passare attraversare
l'ultimo sommovimento cosmico. Ma Dio, bene assoluto, riporterà vittoria
definitiva sul male.
- Il brano di oggi presenta una breve parabola di esortazione ai
discepoli perché il Figlio dell’uomo verrà. Attenzione, non si dice che ritornerà, perché nei
Vangeli non si parla mai di ritorno, bensì di venuta del Signore. Egli è il Veniente, che può venire sempre.
Vegliare nella notte, vigilare, stare attenti e in guardia, sono tutte
espressioni che indicano ciò che compete a ciascun cristiano: vivere la vigilanza
vegliando anche nella notte.
Occorre vigilare come se la fine dovesse avvenire oggi. Il giusto atteggiamento
del cristiano si articola seguendo un duplice impulso: vigilare, come se la
conclusione fosse imminente, ed attivarsi, come se questa non fosse prossima. Non
bisogna fermare la vita, però non possiamo esimerci dall’assegnarle un
significato non approssimativo.
- Vigilare è aderire alla realtà terrestre, stando sempre alla presenza di
Dio; è resistere allo spirito dominante nella cultura del tempo e conservare la
capacità di critica, per non piegarsi al così
fan tutti!.
- I testi liturgici distinguono
due tempi dell’Avvento; quello escatologico e quello natalizio. Il primo è
prevalente per lunghezza rispetto al secondo che inizia il 17 dicembre e
riguarda la sola IV domenica d’Avvento.
- Il Natale del Cristo rimanda
ben oltre se stesso, sia in direzione del passato che in direzione del futuro.
Rimanda alla costante premura di Dio per il suo popolo e al suo intenso
desiderio di incontro. Lui, non noi, come dice Isaia (40,4) abbasserà i colli e colmerà le valli. L’istante
presente è un ponte senza interruzioni, una strada aperta che scorre in
entrambi i sensi e che in tutti e due conduce nelle Sue braccia. Dovunque ci
volgiamo, sia il passato, il presente o il futuro, non possiamo trovare che
Dio. L’Avvento natalizio presenta allora quella manifestazione storica di Dio
che è conferma della sua parola e insieme caparra della nostra speranza: in
questo consiste l’Avvento escatologico. In sintesi, l’Avvento è memoria ed
attesa, in quanto Dio ha già compiuto
ciò che attendiamo.
- ATTENZIONE! Quando
si fa consistere l’Avvento nella semplice attesa del Natale, si rischia di introdurre una finzione che
diviene forzatura, quasi che Cristo dovesse ancora nascere tra noi in questa
terra.
- La Chiesa ha sempre anteposto
alle principali solennità dell’anno liturgico un tempo di preparazione.
Sappiamo che nel medioevo le quaresime
erano molteplici. Preparare il cuore è essenziale; è già incontro e accoglienza
perché il Cristo viene continuamente; non c’è istante in cui il Signore non stia
alla nostra porta e bussi (Ap 3,20).
- Chiediamoci: la parusia sarà la caduta del velo, dietro
il quale già ora, nel tempo, possiamo soltanto intuire la presenza di Dio? La
risposta dipende dalla trasformazione interiore che sta ai singoli rendere
operosa.
-
La rinnovata liturgia voluta dal Vaticano
II offre numerosi strumenti per cogliere il centro della novità che Cristo
ho portato in e per la storia.
Per
cogliere il profondo significato dell’Avvento, sarebbe necessario un ascolto
attento delle Scritture e della tradizione della Chiesa. Ma aiuterebbe anche un
confronto con altre ‘sapienze’, lo ha riconosciuto papa Francesco: le parole del Budda offrono a ciascuno di
noi una guida”. Cerco di spiegare: il tirocinio per realizzare una
disciplina interiore è sostanzialmente uguale, anche se l’appartenenza religiosa
è diversa.
2) PERCEZIONE DEL TEMPO DI AVVENTO NELL’OGGI
- L’uso
del linguaggio manifesta una delle difficoltà che attraversiamo. Ad esempio, negli
anni passati i verbi dell’avvento venivano pronunciati al futuro: faremo, realizzeremo,
verrà, cambierà... Ora il futuro non è usato nel parlare di Avvento.
- Alla
spontaneità della speranza cristiana si sta sostituendo un senso di stanchezza,
di accettazione negativa della realtà. Alla condivisione si sta sostituendo la
tentazione di difendere quello che già si possiede. Di fronte alla fatica di
costruire e di testimoniare la paternità di Dio, presente nel nostro tempo,
cresce la percezione che nella storia non ci può essere salvezza. Anche oggi viviamo
la grande tentazione di ritenere possibile la venuta del Regno di Dio (così lo Matteo
6,13).
- Da
un certo numero di anni la comunicazione di massa ha modificato i costumi e le
finalità della politica. Ha eliminato le parole cristiane dal vocabolario e,
quando non ha potuto, le ha svuotato di senso.
Si
abbandona sempre più l’orizzonte della solidarietà e ciascuno cerca la propria
salvezza, nella persuasione che l'impedimento al proprio sviluppo sia la
presenza fisica degli altri. C'è la percezione diffusa che sicurezza,
benessere, mezzi di sussistenza, non siano più a disposizione di tutti: Dio non
può più essere un padre per tutti e la creazione non è stata pensata per
soddisfare tutti. In ultima
analisi, siamo in troppi a dividere le risorse che il mondo mette
a disposizione…
3) COMUNITÀ CRISTIANE IMPREPARATE
Di
fronte ad un cambio culturale così determinante dal quale si è sommersi, le comunità
cristiane appaiono incerte ed annaspano nei devozionalismi. Sanno che la
maggioranza dei loro utenti si rivolgono tradizionalmente ala taumaturgico
quasi unicamente nei momenti di difficoltà, desiderando che questo o quel santo
intervenga in sostituzione di Dio e delle incapacità sociali e politiche. Non
ci si rende conto della responsabilità necessaria ad affrontare la gravità
della crisi che la cultura occidentale.
Nasce
la tentazione di affidare un ruolo di mediazione culturale a nuove forme di
sicurezza sociale che si manifestino soprattutto attraverso la creazione di
consensi diretti, senza la giusta attenzione ai valori cristiani, assecondando,
piuttosto, forme culturali che chiedono il tradimento di due verità
fondamentali della fede: l’adorazione di Dio sostituita
con quella umana (idolatria) e il comandamento dell'amore scambiato
per una più comoda osservanza della morale privata.
Per
sostenere questo adattamento puramente umano della speranza non si pensa a riformulare
(aggiornare) il messaggio evangelico e la predicazione, in modo tale da mettere
in crisi il sistema di potere e di alleanza con i nuovi falsi liberatori. Così facendo,
senza averne coscienza, perfino la pastorale slitta verso una riduzione
infantile e puramente psicologica della cristologia perdendone il fondamento
che è la fede nel vero liberatore, Cristo, il
Messia di Dio. Invece non costa niente, anzi è ambiguamente
appagante attendere la nascita di un Gesù bambino! Per giunta un Gesù Bambino
sepolto dai giocattoli…
4) LA SPERANZA CRISTIANA DEFORMATA
-
A ben vedere ciò che viviamo indica che è entrato definitivamente in crisi, nel
cuore e nella mente di molti battezzati, la rappresentazione evangelica
della speranza. Nonostante il grande slancio con cui in questi
ultimi anni il Magistero ha riproposto questa virtù teologale, sembra che nelle
comunità la predicazione domenicale non riesca ad aiutare i cristiani ad uscire
dalla progressiva indifferenza verso il futuro e la costruzione della storia a
cui ci invita la rivelazione.
-
Le categorie religiose che circolano nella cultura cattolica contemporanea sono
frutto di una interpretazione che ha perduto il senso profetico del kerigma evangelico. Perdura nella
cultura dei battezzati, una rappresentazione ingenua della speranza come assicurazione
che, attraverso la partecipazione ai riti sacramentali e liturgici, verrà
assicurato il paradiso.
Come
guarire questa malattia ‘borghese’ del cristianesimo religioso?
Annunciare
e invitare alla speranza oggi significa prendere molto sul serio la mancanza di
parole della attuale tradizione ecclesiale e la difficoltà a declinare l'evento
della salvezza nella quotidianità dell'esistenza. Troppo spesso nei luoghi
della vita il cristiano si sente solo. Il linguaggio della fede che ha ricevuto
e che gli è stato trasmesso sembra non entrare assolutamente in sintonia con la
sua quotidianità.
- Abbiamo bisogno di rifondare il linguaggio
dell'attesa. Non
più centrandolo sul desiderio della vita dopo la morte, ma ricercando nella
esperienza di vita di Gesù i tratti fondamentali di una vera esistenza umana.
5) LA PARUSIA: VISIONE APOCALITTICA O ATTESA DEL POVERO?
- Secondo Marco, la manifestazione gloriosa del Figlio dell’uomo
avverrà dopo una tribolazione nella quale l’assetto attuale del mondo sarà
sconvolto e avrà fine. Allora tutta l’umanità sarà posta di fronte alla visione
del Figlio dell’uomo veniente sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli
instaurerà per sempre il suo Regno: La visione sarà apocalittica, rivelativa. La
parusia, la venuta gloriosa, coinciderà con la fine dell’attuale creazione e
l’avvento della nuova: un evento che avverrà certamente ma la cui ora non è
conosciuta da nessuno se non da Dio. Certamente non mancano i segni che
potranno servire da ammonimento attraverso un discernimento attento.
- Se volessimo individuare gli
atteggiamenti di fondo suggeriti da questo tempo liturgico dovremmo muovere
dalla povertà interiore, ossia dalla consapevolezza che Dio lo possiamo solo
attendere con speranza certa. Lui non è un giocattolo nelle nostre mani, non è
qualcosa che possiamo conquistare o meritare.
- L’Avvento ribadisce lo
spettacolo delle nostre mani vuote protese verso un Dio pronto a ricevere i
suoi beni (Is 25,6).
- Chi attende è anche aperto al
nuovo. È pronto a contemplare un deserto
che fiorisce. Questa è un’immagine cara al profeta Isaia, più che
mai adatta a descrivere l’opera di Dio, sempre inaspettata, rigogliosa, commovente.
Dio viene nella novità: è eterna novità
(Is 43,19).
Chi ha un cuore appesantito da
mille attaccamenti, come potrà scorgere la sua presenza nelle pieghe delle
vicende umane?
- Attesa è anche sobrietà, come
ribadiscono in particolar modo i testi dell’apostolo Paolo. L’attesa si
fa allora vigilanza: il cuore è attirato e unificato dalla tensione verso
l’incontro con Lui. Infatti, come dice Paolo, in lui siete stati arricchiti di
tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza. Tutto il resto perde d’importanza e non assorbe
l’anima così da consumarla attorno all’inessenziale. Comprendiamo anche il
significato del colore violaceo dei paramenti: esso richiama, non tanto la
penitenza quanto piuttosto la conversione. E non esiste tempo dell’anno
liturgico che, offrendo una speciale grazia, non domandi un particolare
cambiamento.
- Non siamo in Quaresima: la
gioia invade ampiamente tante pagine bibliche tipiche di questo periodo. Allora,
invochiamo Dio con le parole di Isaia: Tu
vai incontro a quelli che praticano con gioia la giustizia.
Anche l’ingiustizia è sonno
dell’anima. Bisogna risvegliarsi e scoprire che Dio ci visita nehli altri ed in
ogni evento.
6) QUALCHE ‘VOCE’ CRITICA
Gli specialisti del vangelo di Marco mettono in
dubbio il fatto che Gesù abbia pronunciato la frase sulla vigilanza pensando
alla fine del mondo, alla morte inattesa e ad altre minacce simili. Tutto
questo è stato tema della predicazione in sermoni ed omelie. Così si fa paura
alla gente. E si sa che l’argomento della paura della morte è stato molto
utilizzato dal clero. Questo si deve evitare ad ogni costo. Perché in questo
modo non si parla di Dio, ma della paura. Ma il Dio di cui ci ha parlato Gesù
non è un Dio della paura, ma è il Padre della Bontà e della Misericordia.
In
fondo, quando parlano tanto della paura, molti vogliono “sottomettere la
gente”. Una persona spaventata è una persona sottomessa. Il Dio della paura
vuole persone sottomesse, non persone rette. Ma nella vita quello di cui
abbiamo più bisogno è rettitudine, onestà, bontà, giustizia. Non tanto parlare
di sottomissione.
- C’è il rischio che, distratti da
tante cose, svogliati, superficiali come siamo, non ci accorgiamo di
quell’occasione che, una volta che si è presentata, non ritorna più. Questo era
il significato biblico di kairós:
l’occasione opportuna, il momento opportuno che passa e poi non si ripresenta.
7) UN LINGUAGGIO APPROPRIATO è
premessa PER PARLARE DI VENUTE [al
plurale]
- Non è
facile, per la mentalità contemporanea, parlare dell’eterno.
- In primo
luogo, c’è il rischio di confondere eterno e perpetuo. L’eternità non ha
estensione né durata alcuna [subito una breve nota: la comprensione
dell’eternità non è un fatto meramente intellettuale; comporta un’esperienza
radicale, la quale è quanto di più distante si possa immaginare dallo spirito
della modernità].
L’eternità è
qui ed ora, e soltanto qui ed ora va trovato il passato ed il futuro. E’ inconcepibile che in Dio si verifichi qualche cosa che
prima non c'era. Chi è condizionato infatti subisce una modificazione e ogni
essere che subisce una modificazione è nel tempo in divenire.
- Quanto
al tempo, dobbiamo premettere che esiste
sempre e soltanto ora.
Né c’è un qui in cui si fermi,
per poi ricominciare. Gli istanti sono senza grandezza e senza estensione, e
mai nessuna somma di enti senza grandezza potrebbe dare per risultato una
grandezza.
- Ma
allora questo mondo è forse un’illusione? È forse un niente?
- Dopo
che la scienza ha evidenziato il legame indissolubile del tempo non solo con lo
spazio, ma anche con l’energia e la materia, a maggior ragione oggi non
riusciamo a pensare che l’eternità equivalga a un protrarsi infinito del
tempo, né tanto meno al ripetersi continuo di un tempo ciclico
nell’eterno ritorno dell’uguale.
- Se è vero che l’eternità è la dimensione propria di
Dio, mentre la nostra dimensione è la temporalità, ciò non significa che la
prima annulli la seconda. Non c’è semplice continuità e omogeneità tra le due
realtà, come non ci può essere omogeneità tra l’assoluto e il contingente, tra
Creatore e creatura. Ma non c’è nemmeno contrapposizione e negazione.
- L’espressione in principio (cf. Gen 1,1) non
identifica tanto l’inizio cronologico dell’universo, l’istante del big bang;
su di un altro piano rispetto a quello fisico-cosmologico, intende affermare
piuttosto che Dio è il fondamento delle creature, causa ultima di tutto
ciò che esiste, e che mantiene una relazione permanente e positiva con la sua
creazione.
Dice Agostino: Dio non ha creato il mondo nel
tempo, ma ha creato il mondo con il tempo. Non c’è un tempo, un prima cronologico rispetto alla
creazione. Lo stesso così sintetizza in una sua preghiera: Non ci
fu dunque un tempo durante il quale avresti fatto nulla, poiché il tempo stesso
l’hai fatto Tu (Conf. XI,14).
Personale deduzione
O mio Dio, Tu, Eterno che impronta la
mia temporalità, quando sarò rapita nella Tua eternità, mi svelerai tutto. No
no!… Non svelarmi tutto. Perché sto bene qui nella terra dentro il
Mistero che sei Tu.
Le sofferenze appartengono al tempo, e
non so come farò senza di esse, che mi hanno insegnato ad amare sempre, nella
gioia e nel dolore, senza un prima e senza un dopo, senza misurazione di
quantità e di qualità.
Non ho paura di annoiarmi nell’eterno,
perché Tu sei perenne Novità.
O Dio, o Amore, o Gioia da condividere
con gli altri (perché senza gli altri non hai saputo starci nemmeno Tu).
Non voglio sapere altro, o Dio
misterioso, che mi sveli una cosa sola: l’AMORE INFINITO.
* Postilla
Non ho parlato delle due, forse più Venute….
Ma non ho potuto, né voluto inventarmi anch’io
un’altra Bibbia. Ne basta UNA.
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