venerdì 24 marzo 2017

IV DOMENICA di QUARESIMA _ anno A


IV DOMENICA di QUARESIMA anno A
 
Gv 9,1-41
In quel tempo, Gesù 1passando, vide un uomo cieco dalla nascita 2e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». 3Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». 6Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». 10Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». 11Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». 12Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so». 13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». 18Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; 21ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». 22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!». 24Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». 25Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». 26Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! 29Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». 34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. 35Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. 39Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». 40Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». 41Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».
 
Commento
 
FONTI E COLLOCAZIONE DEL RACCONTO
= Molti studiosi ritengono che l’autore del IV Vangelo, nello stendere questo lungo racconto della guarigione del cieco dalla nascita, abbia utilizzato ampiamente un testo dal titolo Il vangelo dei segni, una fonte non nota ai sinottici, nella quale sono narrate storie sorprendenti, tra cui la guarigione del cieco, con l'uso peculiare della parola seméia (segni).  
E’ interessante notare che tutti i miracoli di Gesù non presenti nei vangeli sinottici si trovano collocati prima del vangelo di Giovanni; e ciò rafforza l'ipotesi che l'evangelista si sia servito fino a quel punto di una fonte estranea alla tradizione su cui si basano i sinottici. Inoltre i miracoli narrati sono più elaborati di quelli narrati dai sinottici e tendono più spiccatamente a rappresentare Gesù che opera in nome di Dio.
= L’episodio dovette avvenire durante l’autunno, tempo in cui si celebrava la festa di Sukkot, delle Capanne, nella quale si invocava soprattutto l’acqua in ricordo della sua mancanza nel deserto, ma anche come dono di Dio per la vita piena.
 
LA FINALITA’ DEL RACCONTO
= Questo racconto, ben congegnato e minuzioso nei dettagli, è tutto proteso a sfociare nel momento culminante e finale, e cioè nella professione di fede da parte dal cieco (vedente da poco): Credo, Signore!
Tale professione è di una semplicità incantevole nella sua intensità; ed è accompagnata da un gesto che non è di culto o di adorazione esteriore, ma è preghiera sgorgata da un cuore toccato dalla grazia, profondamente trasformato. Quindi la cecità ha un valenza simbolica ben più forte del dato storico.
= Tale professione, secondo il racconto, è la risposta ad una domanda precisa: Tu, credi nel Figlio dell’uomo? Cioè credi a Colui che, mentre opera in nome di Dio, si mostra solidale, appartenente all’umanità tutta?
L’espressione è di origine semitica, bar adam = figlio di Adamo; o l’equivalente bar nasa = figlio di uomo, ed è ampiamente usata nell’AT. Nei Vangeli appare pronunciata sempre da Gesù, il quale, stando a quanto possiamo dedurre da Marco, la gradiva particolarmente. Gli studiosi cristiani la ritengono come un modo discreto al quale Gesù ricorreva in riferimento alla sua messianicità, e sempre con l'accortezza di non allarmare i suoi ascoltatori che, come avveniva ai tempi di Gesù, aspettavano un messia liberatore dal giogo dell’impero romano e restauratore del regno di Israele.
= Date queste premesse è bene leggere il racconto tenendo presente l’intenzionalità che ne regge la trama: ciò che rende ciechi spiritualmente, intralciando il cammino di fede, è la sete di potere, di danaro, di onore, di prestigio, di quanto alletta l’umano e lo deturpa. Ecco perché i dotti e furbi interlocutori di Gesù rimasero ciechi spiritualmente:…siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane.
 
INSEGUIAMO IL RACCONTO CON NOTE ESEGETICHE
= Gesù, uscito dal Tempio dove ha partecipato alla celebrazione della festa delle capanne, vede un uomo colpito dalla cecità fin dalla sua nascita, nei pressi della piscina di Siloe [Giovanni, con una forzatura esegetica, non chiama la piscina Siloe, ma Siloah, che significa ‘dell’Inviato’]. E, senza aspettare che il cieco invochi la guarigione, Lui stesso riconosce l’uomo bisognoso, prima ancora che della vista, della salvezza. Anche i discepoli che sono con Gesù vedono questo cieco, ma con uno sguardo diverso: conoscono la dottrina tradizionale la quale lega in modo automatico malattia e peccato, e per questo domandano subito a Gesù: Rabbi, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?
= Mentre nei sinottici la fede è un prerequisito del miracolo, in Giovanni sono i miracoli ad indurre alla fede. Il che, non solo contrasta con i sinottici, ma anche con il resto del quarto vangelo, in cui Giovanni parla di un Gesù che pone in primo piano la fede indotta dai segni.
Il miracolo operato da Gesù, più che un atto di potenza teso a realizzare gli annunci dei profeti (come in Marco), è presentato come un segno (seméion) della presenza nel mondo di Colui che afferma di essere la luce del mondo (Gv 9,5).
Già i Padri della chiesa, senza avere gli strumenti esegetici dei nostri tempi, avevano intuito che il grande miracolo non consiste nel fatto che Gesù avesse dato al cieco la vista [non “ridato”, dal momento che l’uomo era cieco dalla nascita]; consiste nella sua conversione. Questa è infatti è un venire alla luce in maniera piena.
= C’è un cammino che porta il cieco alla conoscenza di Gesù, dapprima come quell’uomo. Poi la sua conoscenza diventa più chiara e profonda: è un profeta (v.17), è da Dio (v. 33), è il Figlio dell’uomo, è il Signore (v. 35-38).
= Il gesto di Gesù - sputò a terra, fece del fango… è simbolico: richiama  quello della creazione del primo uomo, formato di fango (= la carne) e saliva (= lo spirito comunicato). [Per gli ebrei osservanti, l’azione con l’uso del fango era una di quelle proibite in giorno di sabato].
= Il cieco incontra, dentro e fuori di sé, delle resistenze, vincendo le quali comincia a scoprire la sua identità, a diventare persona libera di pensare senza pregiudizi, fino a mettere in causa, con sapiente sarcasmo, la sapienza e l’autorità degli interlocutori. Sembra che più egli vede, più acquista sicurezza e forza, fino a rovesciare le posizioni; infatti fa osservare agli increduli: Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla (v.33).
= Però la vera conclusione del racconto va oltre, quando il guarito, cacciato via dagli osservanti ipocriti, incontra ancora Gesù. Ora ha trovato la propria identità, e può gustare l'esperienza della fede, come esperienza di libertà, in un abbraccio d'Amore tra un Dio che si mostra come dono, e l’essere umano che si lascia amare.
= L'ultima frase di Gesù - È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo - sembra contraddire i versetti dove aveva detto: "non sono venuto per giudicare". In realtà non c’è una contraddizione poiché qui giudicare significa discernere; è come se dicesse: Sono venuto per porre un criterio di giudizio, in modo da distinguere coloro che ammettono con sincerità di non sapere, e perciò vedono, e quelli che credono di sapere, e perciò non vedono.
= Giovanni, da raffinato ragionatore, non rifiuta gli strumenti interpretativi che possono venire dalla cultura, ma rifiuta sia il fideismo di chi crede ciecamente, sia la cultura che abbia la pretesa di giungere al senso globale delle cose. Per giungere a tale senso ci va intuizione profonda e grande amore per la verità. Credere, infatti, non è solo un consenso mentale freddo, frutto di ragionamento, senza partecipazione emotiva. E’ conoscenza dinamica che introduce nell'amore di Dio e dà senso a tutto.

 

= Aggiungo due quartine del salmo 22, proposto dalla liturgia odierna. Vorrei accompagnare le parole con sentimenti di gioia condivisi e DA TRADURRE IN VITA VISSUTA.

 
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia.
- -
Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.

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