venerdì 7 ottobre 2016

Domenica XXVIII T.O. anno C


Domenica XXVIII T.O. anno C
 
Lc 17.11-19
11 Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. 12 Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza 13 e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». 14 Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. 15 Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, 16 e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17 Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? 18 Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». 19 E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».
 
Commento
 
PREMESSA
Siccome la nostra lettura del testo del vangelo domenicale vuole essere un abbozzo di approfondimento, prestiamo attenzione all’ambientazione così come la pone Luca. Egli si riferisce al Gesù prima della sua morte, in cammino verso il luogo della quale, Gerusalemme, si dirige nel suo ultimo viaggio; e intanto nelle soste si comporta da Maestro e talvolta anche da guaritore. Nello sfondo c’è sempre variamente presente la folla.
Gesù, essendo giunto il tempo di dichiarare e dimostrare pubblicamente che è il Messia tanto atteso nel mondo giudaico, si preoccupa di smontare molti pregiudizi legati alla sua figura, dovuti quasi sempre ad una mentalità ligia alla lettera della Legge. Mentre una parte di ebrei non sa vedere oltre le barriere di adempimenti legalistici minuziosi, dentro le quali se ne sta rinchiusa, Egli vuole aprire nuove prospettive sullo spirito della Legge e prefigurare una concezione universalistica della religione, slegata da ritualismi miopi e da un’osservanza fine a se stessa.
LA NARRAZIONE DELL’EPISODIO NELLA PENNA DI LUCA
La guarigione del lebbroso fa coppia con quella del paralitico. In essa si fa luce il motivo per cui Gesù opera guarigioni. Queste debbono essere segno di una liberazione più profonda, tesa a testimoniare il compimento delle promesse messianiche (tutte da reinterpretare).
Tra i malati incontrati da Gesù vi sono dei lebbrosi: la loro guarigione è narrata solo dai sinottici; e noi la leggiamo nella versione di Luca perché è l’evangelista che la liturgia ci fa seguire da vicino durante quest’anno liturgico.
Anzitutto va ricordato che, se per noi il termine lebbra designa una malattia classica, per la Bibbia essa si estende ad abbracciare un'ampia serie di affezioni cutanee, che divengono una sorta di marchio visibile, non solo della malattia, ma anche della vergogna ad essa connessa. Nell’Antico Testamento, infatti, la lebbra è un castigo divino a causa dei peccati commessi: Maria, sorella di Mosè, diviene lebbrosa a seguito del suo peccato di mormorazione; Davide invoca la lebbra sulla casa di Joab come castigo per l'omicidio da questi commesso; in Deuteronomio la lebbra è elencata fra le maledizioni rivolte al popolo di Dio se non obbedisce alla sua voce; ecc.
Ai tempi di Gesù il lebbroso è ancora espropriato della sua identità personale: incute paura perché può contagiare gli altri e perciò è abbandonato dai familiari, evitato ed emarginato dalla società, la quale lo costringe a vivere in luoghi distanti dai centri abitati e, per quanto riguarda la sfera religiosa, escluso dalla partecipazione alla vita cultuale, alla quale potrà essere riammesso soltanto quando i sacerdoti ne avranno constatato la guarigione.
= Luca evita, nel racconto, i tratti troppo umani di Gesù su cui invece si sofferma Marco. Eppure la scena descritta presenta particolari interessanti. Ne facciamo un breve accenno. Anzitutto il fatto si svolge in un villaggio, luogo per nulla propenso ai cambiamenti, e i lebbrosi che vanno da Gesù sono dieci. Questo ed altri particolari non riproducono esattamente la verità storica; ad esempio  dieci lebbrosi sono un numero sproporzionato rispetto ad un villaggio. La veridicità del testo è sempre da cercare nel significato delle parole e nel contesto preso nel suo insieme. I lebbrosi restano a doverosa distanza come imponeva la Legge, e perciò tutti e dieci, per farsi ascoltare, gettano un ponte verso Gesù con un grido: Gesù, maestro, abbi pietà di noi! il grido è forse l’unica preghiera che può uscire dalla bocca degli esclusi. Gesù - li vide – e il suo sguardo segna una svolta decisiva nella loro vita. Egli si limita a dare l’ordine di andare a presentarsi ai sacerdoti. Ed essi, certamente consci di essere stati guariti, vanno dai sacerdoti per la purificazione legale di riabilitazione sociale.
E’ qui che occupa la scena quell’unico che torna indietro dal guaritore.
= E’ chiaro che Luca, da educatore della sua comunità, vuole insegnare, attraverso questa guarigione,  quale deve essere l'atteggiamento del guarito: guarito da limiti e debolezze umane, oltre che da menomazioni corporali.
L’episodio del lebbroso guarito serve molto a spostare l’attenzione dal miracolo allo scopo che questo speciale guaritore si propone. Se la malattia a volte incattivisce, isola, porta a una sfiducia radicale verso gli altri e la vita, invece l'uomo samaritano, quindi eretico, mostra, non solo volontà di vivere e fiducia in Gesù (il suo non è un atto di semplice riconoscenza, quasi di galateo), ma anche apertura alla fede.
Una esegesi corretta deve far cogliere nel gesto del guarito la luce nuova da cui è investito. Egli ha intuito in maniera sorprendente, per primo, che Dio ha inviato colui che i profeti hanno annunciato, colui che apre gli occhi ai ciechi e le orecchie ai sordi, che fa camminare gli storpi, risuscita i morti e sana i lebbrosi (Lc 7,22). Ha intuito che ci si può comportare in maniera opposta a ciò che impongono tanti vincoli sociali inutili se non dannosi. Inoltre l’evangelista attraverso il comportamento del lebbroso, vuole comunicare un messaggio di gioia: gli impuri, gli eretici, gli emarginati (compresi noi che siamo pigri nell’ascolto della Parola-che-salva) non vengono mai allontanati da Dio; possono giungere a Lui in modo più autentico di tanti che si trincerano dietro le proprie sicurezze.
= Infine, se leggiamo la Parola di Dio seriamente, poniamoci la domanda: in ultima analisi cosa è la fede? e cosa è la salvezza?
La  fede nasce dalla preghiera. Il lebbroso tornò indietro lodando Dio a gran voce. Il suo grido non è di disperazione, e non è solo di riconoscenza. E’ di lode. La lode qui è assertiva e si sprigiona da un cuore il quale riconosce che tutto viene da Dio. E’ lode-preghiera, disinteressata, certamente da coltivare da soli e con gli altri, in chiesa e ovunque.
La salvezza è la liberazione che Dio concede a chi non si ripiega su stesso… Non si tratta solo di un fenomeno spirituale, tanto meno psicologico, ma di cambiamento continuo verso la purificazione. Essere puri significa rimuovere gli ostacoli all’amore di Dio e del prossimo.
I nove giudei sono stati guariti, l’eretico è stato salvato: la differenza è abissale. Nel primo caso si tratta di un recupero della salute a livello fisico; nel secondo di un rinnovamento totale, sia della pelle purulenta, sia di tutta la persona, esteriore ed interiore.

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