Se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno; se hai fiducia
in lui, anche tu vivrai. Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua: là dove vuoi
tendi la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il
male: a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà. Grande infatti è la sapienza
del Signore; forte e potente, egli vede ogni cosa. I suoi occhi sono su coloro
che lo temono, egli conosce ogni opera degli uomini. A nessuno ha comandato di
essere empio e a nessuno ha dato il permesso di peccare.
Fratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una
sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che
vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel
mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la
nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se
l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Ma,
come sta scritto: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai
entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano». Ma a
noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene
ogni cosa, anche le profondità di Dio.
Mt 5,17-37
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:17 Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono
venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. 18 In verità io vi
dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o
un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.19
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato
minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà
considerato grande nel regno dei cieli. 20 Io vi dico infatti: se la
vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete
nel regno dei cieli. 21 Avete inteso che fu detto agli antichi: ‘Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà
essere sottoposto al giudizio’. 22
Ma io vi dico: chiunque si adira con il
proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello:
“Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà
destinato al fuoco della Geènna. 23
Se dunque tu presenti la tua offerta
all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, 24 lascia
lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo
fratello e poi torna a offrire il tuo dono. 25 Mettiti presto d’accordo
con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti
consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. 26 In
verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo
spicciolo! 27 Avete inteso che fu detto: ‘Non
commetterai adulterio’. 28 Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già
commesso adulterio con lei nel proprio cuore. 29 Se il tuo occhio destro ti
è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere
una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella
Geènna 30 E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via
da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il
tuo corpo vada a finire nella Geènna. 31
Fu pure detto: ‘Chi ripudia la propria
moglie, le dia l’atto del ripudio’. 32 Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria
moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e
chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. 33 Avete anche inteso che fu
detto agli antichi: ‘Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i
tuoi giuramenti’. 34 Ma io vi dico: non giurate affatto, né per
il cielo, perché è il trono di Dio, 35
né per la terra, perché è lo sgabello dei
suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. 36 Non
giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o
nero un solo capello. 37 Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”, “No,
no”; il di più viene dal Maligno.
*
BREVE PREAMBOLO
La
liturgia di domenica scorsa richiamava l'insegnamento di Gesù ai suoi discepoli
in modo che comprendessero quale testimonianza dovessero dare con la loro vita.
In questa domenica le letture cercano di far comprendere quale debba essere il
ruolo del cristiano. Egli può essere luce
del mondo se, pervaso dallo Spirito di Dio, vive con sapienza.
La
prima lettura ribadisce
l'importanza dell'osservanza della Legge.
E’
tratta dal libro del Siracide. Questo libro prende il nome da colui che lo ha
materialmente scritto, cioè Ben Sirach (196-175 a.C.), ma nella traduzione
latina veniva chiamato con il termine "Ecclesiastico" perché era
molto usato dalla comunità ecclesiale cristiana.
La
seconda lettura è tratta dalla prima
lettera di Paolo ai Corinti. Egli,
scrivendo ai membri di questa comunità, parla in modo molto concreto, sperando
di arrivare al loro cuore. Li chiama ‘perfetti’, perché molti di essi si
sentivano superiori agli altri. Paolo ricorda loro come i grandi non hanno
conosciuto la sapienza di Dio perché, se l'avessero conosciuta, non avrebbero
messo in croce il Cristo. E mette in luce che la pienezza della rivelazione di
Dio nel vangelo avviene attraverso il dono dello Spirito di Cristo. Da
sottolineare il v.10: solo lo Spirito fa addentrare ne le profondità di Dio!
Il
brano evangelico di Matteo che propone
la liturgia consta di quattro delle sei antitesi che servono da introduzione al grande
discorso della montagna e costituiscono
un esempio di rivisitazione e reinterpretazione della Legge.
La tesi di
fondo è che la giustizia esigita da Gesù è superiore alla Legge interpretata in
maniera legalistica e perciò comunemente detta ‘farisaica’ (i Farisei
rappresentano la corrente principale fra quelle in cui era venuto evolvendosi
il giudaismo del post-esilio).
ESEGESI essenziale su Mt 5,17-37
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:17 Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono
venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. 18 In verità io vi
dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o
un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.19
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato
minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà
considerato grande nel regno dei cieli. 20 Io vi dico infatti: se la
vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete
nel regno dei cieli.
Questi
versetti che introducono alle antitesi lasciano trasparire la forte polemica in
atto tra il nascente cristianesimo e il giudaismo. Infatti, in virtù della nuova predicazione si riteneva
la Legge mosaica ormai superata. Matteo richiama con forza la sua comunità a
scoprire l’intimo nesso tra la Legge e
il messaggio di Gesù. Le antitesi, in realtà, si annidano nel cuore umano, e
perciò si superano attraverso un’osservanza della Legge che superi una visione
miope e proprio per questo contrappositiva.
Bastano
questi brevi accenni per comprendere la complessità tematica di questi
versetti, apparentemente semplici.
Il v.17
in modo velatamente polemico lascia trasparire come all'interno della comunità
matteana, composta prevalentemente da giudei convertiti al cristianesimo, fosse
in qualche modo filtrata la convinzione che la venuta di Gesù avesse posto fine
alla Legge mosaica e alle sue pretese, e che un nuovo capitolo religioso e
cultuale si fosse aperto per i nuovi discepoli.
Questo modo
di pensare doveva creare certamente un qualche problema, e non di poco conto,
alla comunità, dal momento che Matteo interviene in modo deciso: il non
crediate è teso a togliere ogni dubbio e a troncare ogni polemica o
illazione. Gesù è venuto, non per abbattere o distruggere, ma per dare
compimento alla Legge. Il termine compimento,
che in Matteo ricorre almeno quindici volte, è utilizzato in questi casi
esclusivamente per sottolineare come per Gesù non c'è contrapposizione tra il
suo operare ed insegnare, e la tradizione religiosa e cultuale ebraica; le due
realtà si integrano e si illuminano reciprocamente.
Posta in
questi termini, la comunità, nell’intenzione dell’evangelista, avrebbe dovuto
configurare in Gesù il polo catalizzatore di confluenza dell'intera storia
veterotestamentaria, nonché dell'intera umanità, in risposta al disegno
salvifico del Creatore.
Il v.18
si apre con un'affermazione di principio dall'intonazione solenne -in verità
vi dico- in modo da ribadire il concetto del compimento della Legge in
Gesù.
Il v.19
stabilisce un parallelismo -caratteristico nella retorica ebraica- tra il
trasgredire e l'osservare. Il comandamento stimato piccolo dai sofismi umani, è
grande, perché in esso si rispecchia e si esprime la volontà di Dio.
E’ implicito
il riferimento a due correnti di pensiero che dovevano essere in qualche modo
presenti all'interno della comunità matteana: alcuni ritenevano i comandamenti
di poco conto, così da poterli trascurare e in tal modo relativizzare; altri,
invece, sostenevano l'obbligatorietà dell'osservanza radicale di tutti i
comandamenti, in tal modo assolutizzandoli. Il punto di ricongiunzione è nel
verbo insegnare: per essere minimi o grandi non sembra sufficiente il violare
o l’eseguire, ma si richiede anche l'insegnare, nel senso del relazionarsi
esemplare all'interno della comunità.
Il v. 20
ha una intonazione polemica: il regno dei cieli richiede una giustizia
decisamente superiore a quella praticata dagli scribi e dai farisei: come dire
che le nuove realtà portate da Cristo possiedono in se stesse delle esigenze e
delle pretese che la Scrittura da sola non è in grado di soddisfare. Di
conseguenza giusta è la persona che osserva la Legge guardando allo spirito di
essa; soltanto grazie a ciò è destinata ad entrare
nel regno dei cieli.
Prima antitesi 21-26 OMICIDIO
21 Avete inteso che fu detto agli antichi: ‘Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà
essere sottoposto al giudizio’. 22
Ma io vi dico: chiunque si adira con il
proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello:
“Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà
destinato al fuoco della Geènna. 23
Se dunque tu presenti la tua offerta
all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, 24 lascia
lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo
fratello e poi torna a offrire il tuo dono. 25 Mettiti presto d’accordo
con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti
consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. 26 In
verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo
spicciolo!
Il v.21 segna
l’inizio della prima antitesi.
La struttura
dell'antitesi è semplice: esposizione della tesi, che si rifà a dei noti
comandamenti mosaici -Avete udito che fu detto agli antichi- e
contrapposizione ad essa con un'altra tesi che, riprendendo il tema della
prima, lo amplia in modo innovativo -ma io vi dico-.
Il fu
detto è un passato remoto espresso nella forma passiva perché ha come soggetto implicito Dio stesso. Ma
probabilmente nei tempi antichi il soggetto richiamava Mosé, che ricevette da
Dio la Legge e successivamente Giosué e gli anziani, i quali a loro volta la
ricevettero da Mosè.
La tesi -non
ucciderai- è tratta dall’Esodo, ma la formulazione è assoluta ed
atemporale. Si noti come non viene specificato l'oggetto verso cui l'azione
dell'uccidere è rivolta, per lasciare intendere come tale divieto è posto a
totale tutela della vita sotto qualsiasi forma essa si presenti.
Il v.22
sottolinea che l'atto di aggressione alla vita non si manifesta soltanto con la
soppressione fisica della stessa. I termini aramaici dabar, stupido, e raca,
insensato, pazzo, in concreto sono aggressione, attentato alla vita, e perciò chi
li pronunzia è soggetto ad un giudizio di condanna.
Il v. 23
pone l’accento, non su chi compie normalmente l'azione cultuale, ma su chi non
la sta compiendo e che è pertanto fuori dal cerchio cultuale; motivo per cui,
se l'altro ha qualcosa contro di te -non tu, ma l'altro- tu non puoi dirti
riconciliato e per questo non puoi entrare in comunione con Dio.
I vv.24-26
indicano il modo di ricomporre l’equilibrio spezzato: a fatti.
Seconda antitesi vv.27-30 ADULTERIO
27 Avete inteso che fu detto: ‘Non
commetterai adulterio’. 28 Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già
commesso adulterio con lei nel proprio cuore. 29 Se il tuo occhio destro ti è motivo di
scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue
membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. 30 E se la tua mano destra ti
è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere
una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella
Geènna.
Lo
sfondo biblico della seconda antitesi è quello dell’Esodo.
Il
compimento proposto da Gesù va nel senso della ricerca di ciò che sta
alla radice del peccato: cioè più che il peccato materiale conta la motivazione
interiore che lo provoca; il peccato si ‘cura’ risalendo alla causa della
caduta morale.
I
vv.27-28
alludono al nono comandamento, non ridotto a fattore prescrittivo, di
osservanza: il senso dei comandamenti va cercato oltre le formulazioni,
nell’impostazione che ciascuno dà alle proprie scelte di vita.
I
vv.29-30
aggiungono un'ulteriore esemplificazione che fa riferimento a parti del corpo
ritenute importanti (nel parallelo di Marco sono menzionati mano, piede,
occhio) per la loro funzione, che simboleggia i comportamenti. Ecco perché
l'occhio ha un collegamento con il desiderio. Questo, se lussurioso, guarda la
persona in modo possessivo, laddove il desiderio dovrebbe essere incanalato
verso la persona da rispettare ed amare.
Il tema
dell'adulterio è affrontato giuridicamente in Esodo, Levitico e Deuteronomio, e
non presenta equivoci nella sua interpretazione. L’adulterio si verifica quando
uno dei due coniugi tradisce l'altro, o entrambi si tradiscono reciprocamente.
In tal caso viene gravemente offeso il vincolo matrimoniale che fa dei due una
sola carne e trova il suo fondamento in Genesi: Gesù lo ricondurrà a questo
principio genesiaco. Inoltre nella Scrittura esso viene preso come parametro di
raffronto per configurare il rapporto di Alleanza tra Dio e il suo popolo.
Pertanto il matrimonio viene ad assumere un significato e una sacralità che
vanno ben al di là del semplice decorso naturale delle cose.
Gesù vuole
ricondurre l'essere umano alla sincerità del cuore, là dove nel segreto egli si
incontra con Dio ancor prima di celebrarlo nel culto del Tempio o della Torah,
poiché ciò che lo contamina è ciò che esce dal suo cuore.
Terza antitesi
vv.31-32 DIVORZIO
31 Fu pure detto: ‘Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del
ripudio’. 32 Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di
unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata,
commette adulterio.
Soltanto
questa terza antitesi esordisce in modo diverso con Fu detto poi. Il poi
dice aggiunta, aggancio all’antitesi precedente.
Contro
la pratica del ripudio prevista dal Deteuronomio, Gesù ribadisce
l'indissolubilità del matrimonio. Mentre in Luca l'adulterio si dà nel caso in
cui al divorzio segua un altro matrimonio, per Matteo il divorzio stesso è
equiparato all'adulterio. Per unione illegittima si intende l'unione
illecita, proibita, ma accettabile nel caso di persone provenienti dal
paganesimo, oppure caratterizzate da un atteggiamento sessuale deviato. Il
termine utilizzato nell'originale greco, porneia, ha un significato
molto controverso (la clausola è presente solo in Matteo).
Quarta antitesi
vv.33-37 GIURAMENTO
33 Avete anche inteso che fu detto agli antichi: ‘Non giurerai il falso,
ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti’. 34 Ma io vi dico: non giurate
affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, 35 né per la terra, perché è
lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re.
36 Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di
rendere bianco o nero un solo capello.37
Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”,
“No, no”; il di più viene dal Maligno.
La
quarta antitesi è introdotta da un anche
che pare segnare una frattura con le precedenti. Il riferimento è ai testi del Levitico
e dell’Esodo: si giurava usando dei termini sostitutivi del nome di Dio: il
cielo, la terra, la propria testa. L'osservazione del v. 36 è ironica, visto
che la pratica di tingersi i capelli è antichissima e sotto la tinta era sempre
possibile scorgere il colore naturale; potrebbe essere quindi un rimprovero per
la tentazione sempre in agguato di voler cambiare la natura.
La
proibizione di Gesù contro il giuramento ha lo stesso scopo della norma contro
il falso giuramento.
Il
maligno di cui si parla nel v. 37 può essere riferito sia all'essere umano che
compie il male sia a Satana.
UNA CONCLUSIONE?
Tante
volte, ascoltando i commenti evangelici a più livelli, stranamente essi mi
sembrano poco dissimili da quelli che mi ammannisce in radio-Maria nelle lunghe
notti insonni Padre Livio, instancabile accanito noioso predicatore; o i
giornalisti preparati del tipo di ‘Prima Pagina’, o qualche raro show
televisivo qualificato sulla intricata attualità, o i discorsi che ovunque
ascolto dalla tanto plagiata gente comune (il nuovo dio da adulare). Ovunque
non c’è modo di uscire dall’empasse: non ascoltare nessuno o trovare il modo
giusto di ascoltare. Nemmeno la mia lettura appassionata della Scrittura mi
libera da tale empasse.
La
liberazione la trovo nella preghiera, quando in essa mi metto nella
disposizione di ascoltare la Parola autentica di Dio.
Ma
la preghiera è efficace se mi distoglie dal cercare da me ed a mio uso e
consumo; se non mi pone nella disposizione di ‘obbedire al tempo’ (S.Weil), e
cioè al limite di qualsiasi parola e relativo atteggiamento umano.
Ed è
difficile saper pregare: bisogna implorare la stessa preghiera perché sia lo
Spirito a pregare in me e potere scoprire che i cosiddetti comandamenti sono
dono, grazia, e che hanno la forza propulsiva di cambiare tutto: nell’operare,
comunicare, vivere.
Gesù
non prega con parole sue sulla croce, ripete salmi frutto di una sapienza senza
confini geografici e temporali. Le sue parole sono frutto dei tale sapienza. La
quale, in ultima analisi, non è umana.
- Insegnami, o
Gesù, a pregare come Te
[Sarebbero utili gli sviluppi anche minimi da parte di chi
legge, perché io davvero non so dire meglio e di più].
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