In quei giorni, il Signore
disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla
terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via
che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli
si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il
tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”». Il
Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo
dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li
divori. Di te invece farò una grande nazione». Mosè allora supplicò il Signore,
suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo
popolo che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano
potente? Ricordati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai
giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come
le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi
discendenti e la possederanno per sempre”». Il Signore si pentì del male che
aveva minacciato di fare al suo popolo.
Timoteo1.12-17
Figlio mio, rendo
grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha
giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un
bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia,
perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore
nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.
Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è
venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma
appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in
me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di
esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.
Al Re dei secoli,
incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli.
Lc15,1-32
1 In
quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per
ascoltarlo. 2 I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: ‘Costui accoglie i
peccatori e mangia con loro’. 3 Ed egli disse loro questa parabola:
4 Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le
novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5 Quando
l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6 va a
casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: ‘Rallegratevi con me, perché ho
trovato la mia pecora, quella che si era perduta’. 7 Io vi
dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più
che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. 8 Oppure,
quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza
la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9 E dopo
averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: ‘Rallegratevi con me,
perché ho trovato la moneta che avevo perduto’. 10 Così, io vi
dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si
converte. 11 Disse ancora: Un uomo aveva due figli. 12 Il
più giovane dei due disse al padre: ‘Padre, dammi la parte di patrimonio che mi
spetta’. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13 Pochi
giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un
paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14
Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed
egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15 Allora andò a mettersi al
servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a
pascolare i porci. 16 Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui
si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17 Allora
ritornò in sé e disse: ‘Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza
e io qui muoio di fame! 18 Mi alzerò, andrò da mio padre e gli
dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19 non
sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi
salariati’. 20 Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora
lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò
al collo e lo baciò. 21 Il figlio gli disse: ‘Padre, ho
peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato
tuo figlio’. 22 Ma il padre disse ai servi: ‘Presto, portate
qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e
i sandali ai piedi. 23 Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo
e facciamo festa, 24 perché questo mio figlio era morto ed è
tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato’. E cominciarono a far festa. 25 Il
figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì
la musica e le danze; 26 chiamò uno dei servi e gli domandò
che cosa fosse tutto questo. 27 Quello gli rispose: ‘Tuo
fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha
riavuto sano e salvo’. 28 Egli si indignò, e non voleva
entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29 Ma egli
rispose a suo padre: ‘Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito
a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei
amici. 30 Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha
divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello
grasso”. 31 Gli rispose il padre: ‘Figlio, tu sei sempre con
me e tutto ciò che è mio è tuo; 32 ma bisognava far festa e
rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era
perduto ed è stato ritrovato.
INQUADRAMENTO ESSENZIALE
a)
Il brano odierno e le prime letture
Nella
splendida pagina dell'Esodo si parla di un Dio che si accorge di essere stato
troppo fiducioso nei confronti di un popolo di schiavi, e decide di voltargli
le spalle. Allora Mosè lo sfida e rifiuta di seguirlo: tra Dio e il popolo Mosè
sceglie il popolo. E Dio si stupisce della sua sfida, tanto da cambiare idea
(simpatico modo di avviare chi legge ad entrare nella mentalità consona a quella
divina!).
Il
campo in cui Luca si spende è la sua comunità. Formata in maniera prevalente da
coloro che, insoddisfatti della vita condotta all’interno della società
religiosa di provenienza, hanno seguito Cristo, e ora ripetono lo stesso
paradigma dell’Antica Alleanza. Mescolati ai pagani (l’evangelista ne parla in
Atti 8,4 e 11,18), si comportano come i farisei. Il termine pharisaios vuol
dire separato; ebbene, anche loro si avvertono separati dai ‘cattivi’;
chiusi nella certezza di essere giusti;
si sentono a posto col notes dei propri meriti completo, incuranti della necessità di metanoia,
mentre è questa a permettere l'abbandono di certezze posticce e
l'adeguamento alla mentalità divina.
Animato
da preoccupazione di carattere pastorale, avverte
la necessità di richiamare, mettendole assieme, le tre parabole della
misericordia per spingere i suoi ad entrare nel cuore del vangelo:
la BENEVOLENZA EQUANIME DI DIO.
E’
difficile per l’evangelista far capire cosa sia l’equanimità divina. Allora si
rifugia nel concetto di PREFERENZA che Dio avrebbe per coloro che
all’occhio umano appaiono indegni. Usa i termini che possano spiegare
l’atteggiamento d un Dio che sa guardare a situazioni e avvenimenti con uguale
benevolenza per ogni sua creatura senza eccezione di sorta, attraverso immagini
sotto forma di parabole. Si tratta di immagini –attenzione! solo immagini-
utilizzate in forma didascalica.
C’è di
più. Nel tessuto narrativo un sentimento serpeggia ad animare le tre
scene: LA GIOIA DE RITROVAMENTO. Gioia di
comunione e di compartecipazione. Il ritrovare l’orientamento della propria
vita in Dio ha l’aspetto della gioia e della festa, non soltanto dal punto di
vista escatologico, ma anche concreto.
b)
Ambientazione del capitolo 15
Ci
troviamo di fronte ad uno dei testi più alti della letteratura di ogni tempo e
per questo più studiati da ogni punto di vista. Qui la rivelazione cristiana
raggiunge il suo vertice: possiamo conoscere a memoria queste parabole, ma ogni
volta che le leggiamo, si aprono orizzonti nuovi. Leggerle aiuta anche noi che
viviamo in epoca postmoderna, e non abbiamo risolto il problema di Dio, di chi
è, di come ascoltarlo e di come parlare con Lui e di Lui; laddove i catechismi
restano affidati ad osservanti religiosi...
Non è
l’unica volta in cui Luca ambienta le sue parabole in un banchetto. Ma, se nel
capitolo 14 Gesù pranzava con i farisei, in questo caso condivide la tavola con
i peccatori. Ora farisei e scribi, indignati per il suo comportamento di amico
dei peccatori, si tengono a distanza. Da zelanti della Torah,
evitano ogni prossimità con i peccatori, cioè con coloro che per status o
professione non compiono le prescrizioni della Legge.
L’evangelista
sottolinea l’atteggiamento di Gesù, che, ricalcato su quello del Dio
misericordioso, realizza già sulla terra la comunione con Dio.
La
sproporzione, di cui nel v,4, tra 99 e 1 mette in risalto l'interesse del
pastore per la singola pecora, cioè per il singolo in quello che è; ed analogo
è l’interesse per l’unica dramma perduta [la paga di un solo giorno lavorativo], o
l’ansia dell’attesa del padre per il figlio scialacquone e dalla condotta
immorale. In ciascuna parabola la vera motivazione della ricerca di ciò che è
perduto e nel finale: quando sulla polarità trionfa il suo superamento, che
dilata l’orizzonte delle visioni umane.
Lo
scopo di Luca è quello di educare alla scuola di Gesù, Maestro di vita nelle
radici più profonde dell’essere umano.
A ben
notare, il nome Dio non è presente in tutto il capitolo: è solo sfiorato al
termine delle prime due parabole con l'accenno alla gioia in cielo e
agli angeli di Dio. Eppure il protagonista è proprio il Dio così
come si è manifestato in Gesù, e come si propone, mediante lui, a tutti. [I
concetti sottesi nei termini Figlio di Dio, Verbo, Mediatore,
andrebbero letti in questa chiave].
L’orizzonte
costituito dalle parabole di Luca rivela la sua capacità letteraria e la sua
spiritualità. Non ce n’è un'altra prospettiva che possa pareggiare con tale
orizzonte: ieri come oggi, quando le scienze umane ed i principi etici, frutto
sempre di convenzione, presumono l’illuministica autonomia della ragione. Il
ricorso alla religione può essere per molti una scappatoia al senso di
responsabilità, ma certamente senza un punto di riferimento oltre l’orizzonte
umano vacilla tutto.
RISPONDENZE
Anzitutto una
considerazione
Le letture di oggi hanno tutte un punto focale: nessuno
può fare a meno della Misericordia divina.
Nel peccato di Israele, impaziente nell'aspettare la rivelazione del vero Dio per
mezzo delle tavole della legge e che vuole disporre immediatamente di un Dio a
misura propria, si possono leggere tante sfaccettature della realtà
odierna in fatto di religione. Le riscontriamo perfino all'interno dei
movimenti ecclesiali, quando, raggiunto un certo stadio di eccessi, la
devozione e la pietà si trasformano in mero fanatismo, nascosto dietro
l’apparente sete di Dio identificata nel culto dei propri santi, in cielo o
ancora in terra.
Sono poco diversi i devoti di ogni risma, i quali intimidiscono di fronte ai
potenti ecclesiastici -anche al semplice livello del proprio parroco- ma non si
convertono nel profondo del cuore. Ed è poco diverso un
bestemmiatore assiduo di mia conoscenza, il quale chiama la madre di Gesù
puttana e venera santa Rita.
Vale la
pena percorrere un breve giro di orizzonte, tra autori cristiani o non,
vicini e lontani.
Archimede (III
secolo a.C.) avrebbe pronunziato la frase: datemi un punto
d'appoggio e solleverò la Terra. F.
Nietzsche ne La gaia scienza fa dire al folle
che ha sentito parlare della morte di Dio: Dov’è
che ci muoviamo noi? via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno
precipitare? e all’indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste
ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito
nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto più freddo? Non
seguita a venire notte, sempre più notte? Non dobbiamo accendere lanterne la
mattina? Primo Mazzolari scrive sotto forma di
preghiera: La mia vita si svolge tra questi due momenti, come tra due
poli opposti: la mia povertà e la tua sovrabbondante misericordia. Donde il mio
sospiro e il mio grido ‘veni, Domine, et noli tardare’. Lorenzo Milani scrive
nel testamento lasciato ai suoi ragazzi: Ho voluto più bene a voi che a
Dio; ma ho speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia
scritto sul suo conto. Oscar Wilde afferma: Credo
nel Dio che ha creato l'uomo, non nel Dio che l'uomo si è creato. Papa
Francesco, nella sua semplicità, sembra rispondere al grande
Wilde, nella lettera ad E. Scalfari dell'11 settembre scorso: la
grandezza dell’uomo sta nel poter pensare Dio. E’ cioè poter vivere un rapporto
consapevole e responsabile con Lui. Ma Dio non è un’idea... è realtà con la R
maiuscola. Gesù ce lo rivela come un Padre di bontà e misericordia infinita.
van Riyn Rembrandt ritrae in un grande, stupendo quadro, l’immagine
del Dio misericordioso: impressionanti le mani del padre poste sulle spalle del
figlio, inginocchiato di fronte a lui: una è di uomo, robusta, l'altra di
donna, più sottile. H.U. Von Balthasar, teologo della croce, parla della
Parola-bambino: La Parola è un piccolo figlio che ci viene donato
perché possa rannicchiarsi in noi e cercare rifugio e protezione nella nostra
debole carne umana [terribile questa Parola che, a motivo della sua
impotenza, simile a quella di un bambino, può essere facilmente respinta in
mille modi. Dio viene a noi non come vincitore, ma come colui che invoca
protezione…]. Etty
Hillesum in
una preghiera traccia il suo bisogno di rispondere alla misericordia di Dio con
la propria: Ti prometto, o Dio, che cercherò sempre di trovarti una casa, un
ricovero. Io mi metto in cammino e cerco un tetto per te. Ci sono tante case
vuote, te le offro come all'ospite più importante.
3 commenti:
Bellissima articolo! Solo la frase "...non soltanto dal punto di vista escatologico, ma anche concreto." l'avrei tradotta con "non solo dal punto di vista escatologica, ma anche terreno." perchè "concreto" può far pensare che al di fuori del piano terreno non ci sia concretezza, non sia reale! Mentre a mio parere, la realtà VERA è quella che trascende questa vita.
Joelle
Meditando su questi brani, si riscopre ancora una volta un'identità di Dio nuova che ci spiazza e, inoltre, ci ricoda che l'essere cristiani non è soltanto un seguire fedelmente delle regole prefissate, ma significa vivere le novità che ci offre la vita di ogni giorno in quell'atteggiamento di costante esercizio di amore misericordioso che fa andare oltre ogni norma scritta
Tutto si illumina di senso quando si medita sull'amore misericordioso superiore alla giustizia. Illuminiamo a nostra volta gli altri!!!!
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