venerdì 13 settembre 2013

XXIV domenica T.O,

15/09/2013 XXIV Domenica del Tempo Ordinario anno C
Esodo 32,7-11.13-14
In quei giorni, il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”». Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione». Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Ricordati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”». Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.
Timoteo1.12-17
Figlio mio, rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù. Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.
Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli.
Lc15,1-32
1 In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2 I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: ‘Costui accoglie i peccatori e mangia con loro’. 3 Ed egli disse loro questa parabola: 4 Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5 Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6 va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: ‘Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta’. 7 Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. 8 Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9 E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: ‘Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto’. 10 Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte. 11 Disse ancora: Un uomo aveva due figli. 12 Il più giovane dei due disse al padre: ‘Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta’. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13 Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14 Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15 Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16 Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17 Allora ritornò in sé e disse: ‘Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18 Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19 non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati’. 20 Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21 Il figlio gli disse: ‘Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio’. 22 Ma il padre disse ai servi: ‘Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23 Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24 perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato’. E cominciarono a far festa. 25 Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26 chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27 Quello gli rispose: ‘Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo’. 28 Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29 Ma egli rispose a suo padre: ‘Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30 Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31 Gli rispose il padre: ‘Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32 ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato.
INQUADRAMENTO ESSENZIALE
a) Il brano odierno e le prime letture
Nella splendida pagina dell'Esodo si parla di un Dio che si accorge di essere stato troppo fiducioso nei confronti di un popolo di schiavi, e decide di voltargli le spalle. Allora Mosè lo sfida e rifiuta di seguirlo: tra Dio e il popolo Mosè sceglie il popolo. E Dio si stupisce della sua sfida, tanto da cambiare idea (simpatico modo di avviare chi legge ad entrare nella mentalità consona a quella divina!).
Il campo in cui Luca si spende è la sua comunità. Formata in maniera prevalente da coloro che, insoddisfatti della vita condotta all’interno della società religiosa di provenienza, hanno seguito Cristo, e ora ripetono lo stesso paradigma dell’Antica Alleanza. Mescolati ai pagani (l’evangelista ne parla in Atti 8,4 e 11,18), si comportano come i farisei. Il termine pharisaios vuol dire  separato; ebbene, anche loro si avvertono separati dai ‘cattivi’; chiusi nella certezza di essere giusti; si sentono a posto col notes dei propri meriti completo, incuranti della necessità di metanoia, mentre è questa a permettere l'abbandono di certezze posticce e l'adeguamento alla mentalità divina.
Animato da preoccupazione di carattere pastorale, avverte la necessità di richiamare, mettendole assieme, le tre parabole della misericordia per spingere i suoi ad entrare nel cuore del vangelo: la BENEVOLENZA EQUANIME DI DIO.
E’ difficile per l’evangelista far capire cosa sia l’equanimità divina. Allora si rifugia nel concetto di PREFERENZA che Dio avrebbe  per coloro che all’occhio umano appaiono indegni. Usa i termini che possano spiegare l’atteggiamento d un Dio che sa guardare a situazioni e avvenimenti con uguale benevolenza per ogni sua creatura senza eccezione di sorta, attraverso immagini sotto forma di parabole. Si tratta di immagini –attenzione! solo immagini- utilizzate in forma didascalica.
C’è di più. Nel tessuto narrativo un sentimento serpeggia ad animare le tre scene: LA GIOIA DE RITROVAMENTO. Gioia di comunione e di compartecipazione. Il ritrovare l’orientamento della propria vita in Dio ha l’aspetto della gioia e della festa, non soltanto dal punto di vista escatologico, ma anche concreto.
b) Ambientazione del capitolo 15
Ci troviamo di fronte ad uno dei testi più alti della letteratura di ogni tempo e per questo più studiati da ogni punto di vista. Qui la rivelazione cristiana raggiunge il suo vertice: possiamo conoscere a memoria queste parabole, ma ogni volta che le leggiamo, si aprono orizzonti nuovi. Leggerle aiuta anche noi che viviamo in epoca postmoderna, e non abbiamo risolto il problema di Dio, di chi è, di come ascoltarlo e di come parlare con Lui e di Lui; laddove i catechismi restano affidati ad osservanti religiosi...
Non è l’unica volta in cui Luca ambienta le sue parabole in un banchetto. Ma, se nel capitolo 14 Gesù pranzava con i farisei, in questo caso condivide la tavola con i peccatori. Ora farisei e scribi, indignati per il suo comportamento di amico dei peccatori, si tengono a distanza. Da zelanti della Torah, evitano ogni prossimità con i peccatori, cioè con coloro che per status o professione non compiono le prescrizioni della Legge.
L’evangelista sottolinea l’atteggiamento di Gesù, che, ricalcato su quello del Dio misericordioso, realizza già sulla terra la comunione con Dio.
La sproporzione, di cui nel v,4, tra 99 e 1 mette in risalto l'interesse del pastore per la singola pecora, cioè per il singolo in quello che è; ed analogo è l’interesse per l’unica dramma perduta [la paga di un solo giorno lavorativo], o l’ansia dell’attesa del padre per il figlio scialacquone e dalla condotta immorale. In ciascuna parabola la vera motivazione della ricerca di ciò che è perduto e nel finale: quando sulla polarità trionfa il suo superamento, che dilata l’orizzonte delle visioni umane.
Lo scopo di Luca è quello di educare alla scuola di Gesù, Maestro di vita nelle radici più profonde dell’essere umano.
A ben notare, il nome Dio non è presente in tutto il capitolo: è solo sfiorato al termine delle prime due parabole con l'accenno alla gioia in cielo e agli angeli di Dio. Eppure il protagonista è proprio il Dio così come si è manifestato in Gesù, e come si propone, mediante lui, a tutti. [I concetti sottesi nei termini Figlio di DioVerboMediatore, andrebbero letti in questa chiave].
L’orizzonte costituito dalle parabole di Luca rivela la sua capacità letteraria e la sua spiritualità. Non ce n’è un'altra prospettiva che possa pareggiare con tale orizzonte: ieri come oggi, quando le scienze umane ed i principi etici, frutto sempre di convenzione, presumono l’illuministica autonomia della ragione. Il ricorso alla religione può essere per molti una scappatoia al senso di responsabilità, ma certamente senza un punto di riferimento oltre l’orizzonte umano vacilla tutto.
RISPONDENZE
Anzitutto una considerazione
Le letture di oggi hanno tutte un punto focale: nessuno può fare a meno della Misericordia divina.

Nel peccato di Israele, impaziente nell'aspettare la rivelazione del vero Dio per mezzo delle tavole della legge e che vuole disporre immediatamente di un Dio a misura propria, si possono leggere tante sfaccettature della realtà odierna in fatto di religione. Le riscontriamo perfino all'interno dei movimenti ecclesiali, quando, raggiunto un certo stadio di eccessi, la devozione e la pietà si trasformano in mero fanatismo, nascosto dietro l’apparente sete di Dio identificata nel culto dei propri santi, in cielo o ancora in terra.
Sono poco diversi i devoti di ogni risma, i quali intimidiscono di fronte ai potenti ecclesiastici -anche al semplice livello del proprio parroco- ma non si convertono  nel profondo del cuore. Ed è poco diverso un bestemmiatore assiduo di mia conoscenza, il quale chiama la madre di Gesù puttana e venera santa Rita.

Vale la pena percorrere un breve giro di orizzonte, tra autori cristiani o non, vicini e lontani.
Archimede (III secolo a.C.) avrebbe pronunziato la frase: datemi un punto d'appoggio e solleverò la Terra. F. Nietzsche ne La gaia scienza fa dire al folle che ha sentito parlare della morte di Dio: Dov’è che ci muoviamo noi? via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? e all’indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è fatto più freddo? Non seguita a venire notte, sempre più notte? Non dobbiamo accendere lanterne la mattina? Primo Mazzolari scrive sotto forma di preghiera: La mia vita si svolge tra questi due momenti, come tra due poli opposti: la mia povertà e la tua sovrabbondante misericordia. Donde il mio sospiro e il mio grido ‘veni, Domine, et noli tardare’. Lorenzo Milani scrive nel testamento lasciato ai suoi ragazzi: Ho voluto più bene a voi che a Dio; ma ho speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto sul suo conto. Oscar Wilde afferma: Credo nel Dio che ha creato l'uomo, non nel Dio che l'uomo si è creato. Papa Francesco, nella sua semplicità, sembra rispondere al grande Wilde, nella lettera ad E. Scalfari dell'11 settembre scorso: la grandezza dell’uomo sta nel poter pensare Dio. E’ cioè poter vivere un rapporto consapevole e responsabile con Lui. Ma Dio non è un’idea... è realtà con la R maiuscola. Gesù ce lo rivela come un Padre di bontà e misericordia infinita. van Riyn Rembrandt ritrae in un grande, stupendo quadro, l’immagine del Dio misericordioso: impressionanti le mani del padre poste sulle spalle del figlio, inginocchiato di fronte a lui: una è di uomo, robusta, l'altra di donna, più sottile. H.U. Von Balthasar, teologo della croce, parla della Parola-bambino: La Parola è un piccolo figlio che ci viene donato perché possa rannicchiarsi in noi e cercare rifugio e protezione nella nostra debole carne umana  [terribile questa Parola che, a motivo della sua impotenza, simile a quella di un bambino, può essere facilmente respinta in mille modi. Dio viene a noi non come vincitore, ma come colui che invoca protezione…]. Etty Hillesum in una preghiera traccia il suo bisogno di rispondere alla misericordia di Dio con la propria: Ti prometto, o Dio, che cercherò sempre di trovarti una casa, un ricovero. Io mi metto in cammino e cerco un tetto per te. Ci sono tante case vuote, te le offro come all'ospite più importante.


3 commenti:

Anonimo ha detto...

Bellissima articolo! Solo la frase "...non soltanto dal punto di vista escatologico, ma anche concreto." l'avrei tradotta con "non solo dal punto di vista escatologica, ma anche terreno." perchè "concreto" può far pensare che al di fuori del piano terreno non ci sia concretezza, non sia reale! Mentre a mio parere, la realtà VERA è quella che trascende questa vita.
Joelle

Unknown ha detto...

Meditando su questi brani, si riscopre ancora una volta un'identità di Dio nuova che ci spiazza e, inoltre, ci ricoda che l'essere cristiani non è soltanto un seguire fedelmente delle regole prefissate, ma significa vivere le novità che ci offre la vita di ogni giorno in quell'atteggiamento di costante esercizio di amore misericordioso che fa andare oltre ogni norma scritta

Ausilia ha detto...


Tutto si illumina di senso quando si medita sull'amore misericordioso superiore alla giustizia. Illuminiamo a nostra volta gli altri!!!!