venerdì 29 aprile 2011

Dire la fede

Sarà l'argomentare sulla fede che rende povera la corrispondenza in questo secondo blog che affido alla lettura? Non so, ma ritengo che per poter esprimere ciò che sento per davvero, non posso fare a meno di parlarne io, perché di essa si nutre il mio essere.
Nelle ore piccole ascoltavo Ravasi parlare di Trinità. Mi fermo brevemente su un particolare, senza svilupparne tutti i concetti: l'incarnazione del Figlio di Dio continua attraverso l'umanità.
Posso accennare a come vivo questa incarnazione.
Per me lo Spirito è Tutto, e se mi confronto col Vangelo vedo che Cristo afferma che, andandosene, avrebbe lasciato in noi lo Spirito (aggiungo: come guida, alimento e anima della nostra anima). La psicologia non potrà mai spiegare cosa significhi ciò. Altro che parlare di ascolto della propria coscienza come guida dei nostri comportamenti, come via per realizzare la libertà interiore con tutte le sue potenzialità! Tutto ciò implica la molla che scatta in noi quando lasciamo operare lo Spirito. La passività nei riguardi dell'azione dello Spirito è tutt'altro che inattiva; è, per dirla laicamente con la Weil, l'attenzione spirituale a cogliere l'essenza di noi e di tutto.
L'incarnazione di Dio nell'umanità rende possibile questa azione dello Spirito in noi, perché senza il divino nell'umano attraverso l'uomo-Cristo, anche i detti sapienziali che imperlano tutta la storia umana sarebbero affascinanti spinte verso la verità dell'essere creato, ma inefficaci a restituire all'umanità la sua dignità di creatura in dialettica di amore con Dio.
Ma allora perché non si sradicano il male e il dolore dal mondo? Alla prossima.
Ausilia

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