sabato 23 agosto 2014

Domenica XXI T:O.anno A

DOMENICA XXI T.O Anno A
Is 22,19-23
Così dice il Signore a Sebna, maggiordomo del palazzo: Ti toglierò la carica, ti rovescerò dal tuo posto. In quel giorno avverrà che io chiamerò il mio servo Eliakìm, figlio di Chelkìa; lo rivestirò con la tua tunica, lo cingerò della tua cintura e metterò il tuo potere nelle sue mani. Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme e per il casato di Giuda. Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide: se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire. Lo conficcherò come un piolo in luogo solido e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre.
Sal 137
Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
Non agli dèi, ma a te voglio cantare,
mi prostro verso il tuo tempio santo.

Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza. 

Perché eccelso è il Signore, ma guarda verso l’umile;
il superbo invece lo riconosce da lontano.
Signore, il tuo amore è per sempre:
non abbandonare l’opera delle tue mani.

Rm11,33-36
O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo tanto da riceverne il contraccambio? Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli.
Mt 16,13-20
13 Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?. 14 Risposero: “Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti”. 15 Disse loro: Ma voi, chi dite che io sia?. 16 Rispose Simon Pietro: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente. 17 E Gesù gli disse: Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. 18 E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. 19 A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli. 20 Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

1. PUNTUALIZZAZIONI SUI PASSI DELLA LITURGIA ODIERNA

Prima lettura - Isaia, profeta dell’VIII secolo a.C., parla di un oscuro avvicendamento al potere nel regno di Giuda: Dio rimuove il sovrintendente del palazzo, Sebnà, e pone al suo posto Eliakìm, chiamandolo mio servo e dandogli la chiave della casa di Davide, in quanto destinata ad un grande futuro. Questa chiave che apre e chiude è simbolo  della vigilanza su tutto ciò che è pertinente alla vita del palazzo.
Risulta evidente che Matteo abbia modellato le parole messe in bocca a Gesù su quelle di Isaia.

Salmo 137 - L’autore scioglie un inno di ringraziamento a YHWH, l’unico Dio, da distinguere dagli altri Elohim o divinità inferiori che, secondo l’immaginario dell’Antico Oriente, facevano parte della corte celeste (alcuni traduttori li chiamano angeli). Il tema dell’unicità di Dio da salvaguardare nel popolo eletto nell’AT risulta in consonanza con l’unità da realizzare nella comunità ecclesiale; l’iniziativa di questo affidamento e scelta parte da Dio.
L’autore del salmo elenca i motivi della riconoscenza al Signore (termine equivalente a YHWH), che mantiene la Promessa, definita più grande del tuo nome per esprimere l’illimitatezza della sua fedeltà [ma sarebbe meglio tradurre: in forza del tuo nome].
Alla fine mette in rilievo un’altra grande dote  del Signore, celebrata nella Bibbia costantemente: la sua predilezione verso i più bisognosi di aiuto.

Seconda lettura - Paolo pronunzia una esclamazione sulla profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza di Dio. Parla implicitamente di una chiave -dal forte richiamo profetico-, necessaria per avere l’accesso al mistero di Dio, luogo ideale dove si possono ammirare  magnificenze, ma non si possono penetrare i segreti di Dio.

Mt 16,13-20 – Succinta analisi del testo

13 Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?.
Matteo ambienta la sua narrazione in un ambiente localizzato alle pendici del monte Hermon, alle sorgenti del Giordano, nella regione di Cesarea, la quale prende il nome dalla città che Filippo aveva ereditato dal padre, Erode il grande. (All’epoca di Gesù la zona era un gran cantiere per la ricostruzione della città).
Per far conoscere la sua identità ai discepoli, Gesù li conduce in terra pagana (straniera), lontano dall’influsso di farisei e sadducei (come è detto nei versetti precedenti che oggi non leggiamo): è significativo questo suo desiderio di essere riconosciuto come Messia proprio là dove vigevano culti pagani.
Il termine Figlio dell'uomo è molto usato da Gesù per designare se stesso come Messia.
Alcuni esegeti notano che nella domanda -La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?- l’evangelista intende sottolineare il contrasto tra gli uomini e il Figlio dell’Uomo, cioè tra coloro che non rappresentano ancora pienezza di umanità e colui che invece la rappresenta (Gesù). Altri esegeti si fermano a considerare che l’espressione -il Figlio dell’uomo- nell’AT era riferita al Messia in quanto portatore dell’imperituro Regno di Dio sulla terra. Così sentenziava Daniele: I tanti re di questo mondo, finiscono, passano, come la loro forza; si rivelano ignobili, caduchi, volgari, pieni di ossessioni. Il suo regno non finisce.
14 Risposero: “Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti”.
Le risposte sono rassicuranti, semplici, in continuità con le attese di Israele: Gesù è un profeta, si tratta solo di stabilire quale.
Gesù aveva in precedenza inviato i suoi discepoli a predicare (Mt 10,7), ma frutto della loro predicazione era stata la confusione totale nel disegnare la figura di Gesù, pur restando in linea con la tradizione profetica: per qualcuno è Giovanni il Battista, poiché si credeva che i martiri sarebbero subito risorti -Mt 14,2-; per altri è Elia, il profeta del quale era preannunciato l’arrivo quale battistrada del Messia -Mal 3,23-, per altri Geremia in base ad una tradizione popolare che riteneva il profeta sopravvissuto alla lapidazione in quanto trasformato da Dio in pietra.
Nessuna di queste risposte è appropriata; pertanto Gesù si rivolge ai suoi discepoli per sapere la loro opinione.
Tutto ricorda da vicino la riflessione di Erode in Mt 14,2
15 Disse loro: Ma voi, chi dite che io sia?.
La domanda di Gesù non attende una formulazione della sua identità, ma interpella sulla qualità del rapporto che il credente intrattiene con Lui.
E’ da notare che la richiesta è rivolta a tutti i discepoli; ma da essi non viene fuori una risposta.
16 Rispose Simon Pietro: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente.
Simon Pietro, sempre immediato, ha il coraggio di rispondere. E’ la prima volta che, definendo Gesù come Messia, egli aggiunge un aggettivo che si riferisce al Padre come  vivente contro le false interpretazioni riguardo al Messia, specialmente quelle di stampo politico. Nel significato dell’appellativo è sottesa  la comunicazione profonda tra il Padre e il Figlio.
17 E Gesù gli disse: Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli.
Figlio di Giona è praticamente il cognome con cui Pietro veniva meglio identificato. Questo profeta era stato l’unico ad aver fatto, inizialmente, esattamente il contrario di quello che il Signore gli aveva richiesto: invitato ad andare a predicare la conversione alla città pagana di Ninive, Giona si era imbarcato su una nave che andava in direzione opposta (Giona 1,1-3). Ma l’errore non aveva impedito a Dio di far trionfare su di lui il Suo disegno. Anche la scelta di Pietro nelle sue imperfezioni serve a mettere in risalto che l’azione divina è prevalente.
L’espressione carne e sangue rinvia all’umano sia nella sua debolezza e fragilità, sia nelle componenti più elevate: intelligenza, intuizione, sapienza, creatività.
18 E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa.
Benché molti siano i punti del NT in cui si parla di Pietro, il dibattito esegetico si riduce spesso alla discussione sul significato e la traduzione di questo versetto: si parla della durezza o resistenza di Pietro ad una chiamata tanto alta? o della solidità della base che Pietro dovrà essere per l’edificio della chiesa?
Un’altra questione è di minore importanza: nel testo greco Simone viene chiamato pitros, e nella seconda parte del versetto, con un gioco di parole, petra: si tratta probabilmente di un artefatto realizzato nella traduzione dall’aramaico, nel quale il termine al femminile è la traslitterazione dell’alfabeto latino, Cefa. Interessante è notare che la traduzione francese del vangelo di Matteo non ha questo problema della lingua italiana, dato che la frase risulta così: Tu es Pierre, et sur cette pierre je bâtirai mon Eglise.
L’espressione potenze degli inferi è una figura che indica il regno della morte, localizzato nelle caverne sotterranee della terra: Gesù assicura che il regno del Dio vivificante è più forte di quello della morte e che la vita trionferà, sconfiggendo definitivamente la morte, realizzando in tal modo le promesse profetiche.
19 A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli.
L’immagine della consegna delle chiavi era nota in Oriente: chi deteneva le chiavi del palazzo o della città, era il responsabile della sicurezza di quanti stavano dentro.
La consegna che Gesù fa a Pietro non si riferisce tanto ad una realtà futura, quanto ad un’attività da compiere su questa terra e per questa terra.
Una interpretazione è sicura: Gesù, consegnando simbolicamente le chiavi a Pietro, lo incarica di insegnare ed interpretare la Legge: legare e sciogliere erano espressioni del linguaggio rabbinico, col significato di avere l’incarico di dichiarare la verità o la falsità di una dottrina. Infatti Gesù trasferisce al discepolo quello che era stato finora l’incarico degli scribi, come risulta bene in Luca11, 52, nel suo “Guai! ([a traduzione letteraria sarebbe Ahi!]: a voi, dottori della Legge, che avete portato via la chiave della conoscenza! Voi non siete entrati e a quelli che volevano entrare voi l’avete impedito.
20 Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.
Una volta definita l’identità di Gesù, ci si aspetterebbe che il Signore avesse inviato i discepoli a proclamarla; ma non è così. Gesù proibisce ai discepoli di divulgare l’affermazione di Simon Pietro: la realtà di Gesù sfugge ad ogni definizione, perché egli è, sì, il Messia, ma non è Messia nel modo in cui finora si era inteso.

2. QUALCHE CONSIDERAZIONE

Il testo del vangelo odierno è stato molto studiato e commentato. Si tratta di uno dei più insicuri e meno attendibili dal punto di vista della critica testuale, ma è certo che da esso si sono tratte importanti conseguenze nella storia della Chiesa cattolica.
Seguendo il racconto di Matteo, Gesù ha fatto una domanda ai Dodici sul suo messianismo, e perciò la risposta di Pietro è stata interpretata come quella del loro portavoce. Secondo parecchi esegeti, da ciò si dovrebbe trarre una conseguenza di non poco conto: la compartecipazione dei successori degli apostoli [i quali negli sviluppi successivi della chiesa sarebbero diventati vescovi] nel governo della chiesa, la quale avrebbe diffuso nel mondo il messaggio di Gesù. Pietro avrebbe avuto la funzione di salvaguardare l’unità tra i Dodici e nella comunità ecclesiale (= assembleare) del popolo degli aderenti alla fede in Dio attraverso Cristo. Oggi, per indicare che il governo della Chiesa è affidato al papa assieme ai vescovi, si parla di collegialità episcopale. Senza dimenticare che il governo di cui si parla, altro non è che servizio, spogliato di quella patina di ipocrisia, che nel mondo laico si traduce in potere nel senso peggiore del termine.
Ciò che si respira attraverso le letture bibliche di oggi è il riferimento a
a) un Dio Padre di tutti, quindi fonte di Unità;
b) alla Chiesa cattolica, il cui stesso nome significa universale: ad essa spetta il compito di farsi carico del messaggio di quell’Unità, che già nell’AT era il principale oggetto dell’ispirazione profetica; basti ricordare Isaia, il quale mette in bocca allo stesso Dio queste espressioni: l’egiziano mio popolo, l’assiro, opera delle mie mani e Israele mia eredità.
Senza l’unità della chiesa, prolificano gruppi che raccolgono persone attorno a singoli ideali religiosi, spesso ideologizzati, e perciò fanatizzanti. Nel consegue la separazione tra popoli e tra varie fedi. [Il mio pensiero va alle aggregazioni comunitarie che corrodono il principio di unità, come nell’islamismo attuale, come in Ruanda dove Hutu e Tutsi si uccidono a vicenda con ferocia nel nome dell’unico Dio; senza dimenticare le Crociate, o le divisioni tra cristiani o  il campanilismo di tanti gruppi ugualmente cattolici…].

3. LA PAROLA DI DIO NELLA NOSTRA ESISTENZA

La cosa più essenziale nell’ascolto di questa pericope evangelica consiste nel lasciarsi abitare e lavorare dalla domanda di Gesù ai discepoli: Ma voi, chi dite che io sia?.
E si potrebbero associare altre domande, rivolte ad ogni persona nell’intimo del cuore: cosa fai tu di fronte alle sofferenze talvolta atroci di tante persone? che cosa fai tu per seguire le orme di Gesù, il quale non elargì mai risposte teoriche, ma visse il dolore e il male del mondo?
Non è il caso di moltiplicare le parole.
Più che arzigogolare con ragionamenti, associamoci
a) al salmista che innalza un inno di adorazione del mistero, di lode riconoscente a Dio che risponde a chi lo invoca e accresce la nostra forza, di abbandono all’opera delle sue mani;
c) a Paolo che ribadisce gli stessi contenuti, stando in attesa, non del contraccambio, ma della grazia divina che rafforzi la capacità di elevarci aldilà dei grandi e piccoli crucci personali;

c) a Matteo che non dimentica di far esprimere a Gesù un monito: non disperdere il dono della fede, facendolo divenire fideismo e/o oggetto di cronaca, di fascino per il sensazionale...

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