IV DOMENICA
T.O. anno A
Mt 5,1-12°
1 In
quel tempo Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si
avvicinarono a lui isuoi discepoli. 2 Si mise a parlare e insegnava loro
dicendo:
1 Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
2 Beati quelli che sono nel
pianto, perché saranno consolati.
3 Beati i miti, perché avranno
in eredità la terra.
4 Beati quelli che hanno fame e
sete della giustizia, perché saranno saziati.
5 Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
6 Beati i puri di cuore, perché
vedranno Dio.
7 Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
8 Beati i perseguitati per la
giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
[9 Beati voi quando vi
insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro
di voi per causa mia. 12 Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra
ricompensa nei cieli.]
Commento
LINEE INTERPRETATIVE
- Il discorso della montagna aperto dalle beatitudini non è
una carta o un codice, ma l’orientamento indicativo per una comunità che fa di
Gesù Cristo il solo interprete della Legge divina, in continuità con la Legge
data a Mosè: nulla della Legge antica è contraddetto o svuotato, ma tutto è
sottomesso all’interpretazione fornita Lui.
Siccome le molte
iperboli fanno apparire tale discorso paradossale, c’è da chiedersi il perché
esso sia divenuto la magna charta, la parola normativa per chi ascolta i
suoi insegnamenti. E’ quello che cercheremo di dire.
- Matteo ha attinto
da varie fonti, consistenti in brevi e isolate frasi e ne ha fatto un discorso unico
di più ampio respiro. Gli studiosi della Bibbia lo chiamano discorso della
montagna.
A differenza di
Luca che inserisce il discorso delle Beatitudini nel contesto di un luogo
pianeggiante, l'indicazione geografica della montagna acquista un valore
simbolico con precisi riferimenti all’episodio dell'AT, in cui Mosè promulgò il
decalogo dal monte Sion. La motivazione di Matteo è chiara. Rivolgendosi ad una comunità di giudei, sapeva che
questa riconosceva Gesù quale il Messia atteso, a condizione che fosse nella
linea della tradizione, cioè sulla scia di Mosè e del profeta Elia. Perciò egli
presenta velatamente la figura di Gesù quale nuovo Mosè nell’atto di promulgare
la legge nuova.
In
quel tempo Mosè era riconosciuto come l’autore dei primi cinque libri della
Bibbia, conosciuti con il termine Pentateuco. Per tale motivo Matteo
divide la sua opera esattamente in 5 parti, ognuna delle quali termina con
parole simili, spesso identiche a quelle con le quali terminava ciascuno dei
libri di Mosè.
- Ma,
pur nella fedeltà alla Legge Antica, Gesù, nel vangelo di Matteo, propone
qualcosa di nuovo. Mentre l’Antica metteva in
risalto, nella relazione con Dio, ciò che l’essere umano ha il dovere di
fare nei confronti di Lui, la Nuova fa guardare a ciò che Dio fa per gli
uomini. Detto con altre parole, con Gesù finisce la categoria del merito. L’amore
di Dio e i suoi doni non sono da meritare bensì da accogliere.
- Le
beatitudini di Matteo sono 8 [le
restanti sviluppano lo stesso concetto dell’ottava]. Il numero otto
indica la vita indistruttibile (ed ecco perché nell’antichità il battisteri,
cioè il luogo dove si amministrava il battesimo, aveva una forma ottagonale). La
nuova Vita, chiamata anche eterna, nell’immaginario è collocata nell’aldilà,
mentre Gesù si riferisce ad una vita che “non è fatta di tempo”.
- Il
migliore Maestro che spiega questo alto concetto è lo stesso Gesù; ma anche i
mistici ne parlano molto bene e per esperienza personale. Per essi la Vita eterna è vita che continua oltre la morte; una Vita da
intendere, non come prolungamento indefinito dell’esperienza terrena, ma
come partecipazione alla vita di Dio, l’Eterno, il Vivente, che si
manifesta tale rimanendo fedele alla sua promessa.
- E la migliore
testimonianza di questa Vita è avvalorata dalla Risurrezione di Cristo, il
quale, non è un morto che si è rianimato, ma è Colui che ci guida perché
possiamo compiere il suo stesso percorso.
LA PRIMA BEATITUDINE è PARADIGMA DELLE ALTRE
- Siccome
le altre beatitudini riproducono lo schema della prima, facciamo di questa il
paradigma, non solo dal punto di vista strutturale, ma anche da quello
normativo e soprattutto da quello spirituale. Cioè, se si comprende in
profondità e si traduce in vita il significato della prima, il resto procede di
conseguenza.
Notiamo
subito che nella prima beatitudine, il verbo è al presente: Beati
i poveri in spirito, perché di essi è
il regno dei cieli. Chi
accoglie il messaggio di Gesù e lo traduce in pratica sentirà liberare dentro
di sé la forza vitale d’amore il quale lo porta già su questa terra in una
dimensione che è quella definitiva. (E’ da notare che solo
nell’ultima beatitudine il verbo non rimanda al futuro: la consolazione non
rimanda all’aldilà, ma è un messaggio immediato, perché è compito di tutta la
comunità dei credenti porre fine alle afflizioni dell’oggi, come a tutte le limitazioni
di cui parlano le Beatitudini.
- Ogni
beatitudine inizia con Beati!
(in greco makárioi, in ebraico ’ashré). Per otto volte risuona questo
grido di Gesù, forte, ma tutt’altro che triste; anzi esso è il manifesto della gioia umana
secondo il vangelo. Leggendolo o ascoltandolo
alla luce della propria situazione, si scopre quale deve essere il nuovo
atteggiamento da tenere verso Dio, verso se stessi e verso il fratello.
- L'originalità di
Matteo consiste nell'aggiunta di una frase secondaria che specifica ogni
beatitudine. Ad esempio, l'affermazione principale beati i poveri in spirito, è illustrata da
una frase aggiunta perché
di essi è il regno dei cieli. Un'altra differenza rispetto
all'AT: le parole di Gesù annunciano una felicità che salva nel presente e
senza limitazioni; cioè tutti possono accedere alla felicità, alla sola
condizione di essere uniti a
- La prima
beatitudine inizia con l’accenno alla posizione fisica di Gesù e, messosi a sedere. Tale atteggiamento conferisce alla
sua persona una nota di autorità. Lo circondano i discepoli e le folle: tale
particolare intende mostrare che Gesù si rivolge a tutti, nessuno escluso.
Vanno notati
elementi importanti: il discorso di Gesù non presenta atteggiamenti di vita
impossibili; non tende a formare un gruppo di persone speciali; non mira a fondare
un'etica dall'indirizzo soltanto interiore. Le sue esigenze sono propositive,
concrete, impegnative e nello stesso temo radicali.
- Il termine beati
(in greco makarioi) è un vero e proprio grido di felicità,
diffusissimo nel mondo della bibbia. Nell'AT, per esempio, vengono definite
persone felici coloro che vivono le indicazioni della Sapienza (Siracide
25,7-10). L'orante dei Salmi definisce felice chi teme, più
precisamente chi ama, il Signore, esprimendolo nell'osservanza delle
indicazioni contenute nella parola di Dio (Sal 1,1; 128,1).
L'originalità di
Matteo consiste nell'aggiunta di una frase secondaria che specifica ogni
beatitudine: ad esempio, l'affermazione principale beati i poveri in spirito è illustrata da
una frase aggiunta perché
di essi è il regno dei cieli. Per Gesù tutti possono accedere
alla felicità, a condizione che si stia uniti a Lui.
INFINE QUALCHE CITAZIONE
Teresa d’Avila così commenta:: felici sono coloro che fanno esperienza del "Dio solo basta!", nel senso che sono ricchi di Dio.
Un grande autore
spirituale del nostro tempo, Divo Barsotti, ha così descritto il senso
vero di povertà: Finché l'uomo non svuota il suo cuore, Dio non può
riempirlo di sé. Non appena e nella misura che di tutto vuoti il tuo cuore, il
Signore lo riempie. La povertà è il vuoto non solo per quanto riguarda il
futuro, ma anche per quanto riguarda il passato. Nessun rimpianto o ricordo,
nessuna ansia o desiderio. Dio non è nel passato, Dio non è nel futuro: Egli è
la presenza! Lascia a Dio il tuo passato, lascia a Dio il tuo futuro. La tua
povertà è vivere nell'atto che vivi, la Presenza pura di Dio che è l'Eternità.
- Un breve commento
sulla terza beatitudine perché la mitezza per molti ha una connotazione
negativa, in quanto viene scambiata per debolezza o per quella imperturbabilità
di chi sa controllare per calcolo la propria emotività. Invece nel salmo 37 i
miti vengono ricordati come persone che godono di una grande pace e nello
stesso tempo vengono contrapposte ai malvagi, agli empi, ai peccatori. Quindi
l'AT presenta una ricchezza di significati che non permettono una definizione
univoca. Nel NT è ancora Matteo a venirci incontro, nel cap.11, 29: Imparate
da me che sono mite ed umile di cuore. Un secondo è sempre in Matteo, cap.21,5,
quando riporta l'ingresso di Gesù in Gerusalemme, e cita la profezia di
Zaccaria: Ecco il tuo servo viene a te mite. Davvero, quello di
Matteo, potrebbe essere definito il vangelo della mitezza.
- Illuminante è la
definizione dell'uomo mite offerta dal Cardinale Carlo Maria Martini: L'uomo
mite secondo le beatitudini è colui che, malgrado l'ardore dei suoi sentimenti,
rimane duttile e sciolto, non possessivo, internamente libero, sempre
sommamente rispettoso del mistero della libertà, imitatore in questo, di Dio
che opera tutto nel sommo rispetto per l'uomo, e muove l'uomo all'obbedienza e
all'amore senza mai usargli violenza. La mitezza si oppone così a ogni forma di
prepotenza materiale e morale, è vittoria della pace sulla guerra, del dialogo
sulla sopraffazione.
- A questa sapiente
interpretazione aggiungiamo quella di un altro illustre esegeta, Jacques
Dupont: La mitezza di cui parla la beatitudine non è altro che
quell'aspetto dell'umiltà che si manifesta nell'affabilità messa in atto nei
rapporti con il prossimo. Tale mitezza trova la sua illustrazione e il suo
perfetto modello nella persona di Gesù, mite ed umile di cuore. Infondo tale
mitezza ci appare come una forma di carità, paziente e delicatamente attenta
nei riguardi altrui.
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