V DOMENICA T.O.anno A
Mt5,13-16
In quel tempo, Gesù disse ai
suoi discepoli: «13 Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il
sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere
gettato via e calpestato dalla gente. 14 Voi siete la luce del
mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15 né
si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così
fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16 Così risplenda la
vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano
gloria al Padre vostro che è nei cieli».
Commento
- Vorrei anzitutto ricordare a chi legge quale è la prima
condizione per l’ascolto efficace della Parola di Dio: esorcizzare il
fondamentalismo che si nasconde nelle parole del testo, quando si prendono
nella loro materialità, quasi che il significato fosse un tutt’uno con la
parola. Paolo di Tarso lo dice senza attenuanti di sorta: la lettera uccide. Ravasi così si esprime: le letture fondamentaliste, con tutta la buona fede, sono l’uccisione
della Bibbia.
Il vero senso di ogni parola biblica è nel non-detto che, dopo lungo percorso, acquista
quel dato significato.
Il lettore per raggiungere il corretto significato biblico,
non si può affidare all’intuito personale; deve avere un minimo di
pre-conoscenza che gli permetta di individuare chi ha detto quelle
parole, a chi, dove e quando le ha detto, qual è la
situazione in cui esse sono nate. Ad esempio il “Gesù disse” può trarre in inganno. L’evangelista (non solo Matteo)
può inserire in un certo contesto le parole che forse Gesù ha pronunziato in
altro tempo, luogo, situazione. E possono intervenire tanti elementi storici che
l’evangelista utilizza in modo da comunicare un preciso contenuto. Senza
dimenticare che l’ultimo passaggio è quello che va dall’autore allo scrittore,
col suo stile, le sue conoscenze linguistiche e quant’altro.
Inoltre l’esegesi biblica più difficile non è quella riguardante
l’AT, bensì quella riguardante i vangeli, perché essi sono il frutto
terminale di un processo che conosce tante tappe, l’una diversissima dall’altra.
- Chi non è avvezzo a scavare dentro il testo al fine di
cogliere gli aspetti essenziali delle parole evangeliche, può ricavare da
queste poche nozioni un certo scoraggiamento. Però vale la pena studiare un
commento adeguato, e poi riascoltare le parole testuali in silenzio,
nell’interiorità…. Qui, nello spazio vuoto creato per amore, avviene la
comunicazione tra Dio e l’anima.
Un elemento non irrilevante può fare deviare dall’ascolto
interiore: il solipsismo. Non basta il raccoglimento e l’incontro col divino. Dio
ama tutte le creature e tutto il creato e, se si incontra Lui per davvero, non
si può mettere da parte la comunità nella quale si è inseriti. E questa è
necessaria; con essa bisogna misurarsi concretamente. L’amore di Dio ha la
capacità di coniugare i tutti e il singolo. E, siamone certi, è la cosa più
difficile.
Matteo e il suo progetto
- Matteo usa con appassionata diligenza varie fonti e le
organizza, non senza metterci del suo: ha un progetto profondo di chiesa, e si
commisura con l’identità dei destinatari, i quali sono: 1) i giudeo-cristiani, cioè i giudei convertiti al
cristianesimo, i quali costituivano la maggioranza; 2)
gli ebrei semiti che avevano studiato in scuole rabbiniche; 3) i pagani, cioè i provenienti dal mondo ellenico
e da quello romano.
Matteo è catechista di discepoli già convertiti, che
volevano approfondire la conoscenza del cristianesimo.
- L’evangelista ha ritratto Gesù quando predicava le
Beatitudini, ma alla fine sembra aver timore che i discepoli siano rimasti colpiti
soltanto dalla sublimità delle parole, dimenticando che ora tocca a loro un
rinnovato e concreto impegno a tradurle in pratica.
Il Gesù di Matteo continua ad essere sempre presente nella
comunità-chiesa. Senza la sua presenza non c’è chiesa. Ed è attraverso di essa
che i credenti dovranno realizzare il regno
dei cieli (l’uso dell’espressione regno
dei cieli anziché regno di Dio conferma
l’ebraicità, il semitismo di Matteo).
- Con questa consapevolezza dobbiamo leggere il brano di
oggi con le sue metafore, del sale, della città che sta sopra un monte, della lampada da mettere sopra il
candelabro, della luce, delle opere buone che
rendano gloria al Padre.
- Rileggiamo il v.16, il
quale, dopo l’uso dell’impersonale in tutte le beatitudini tranne che alla
fine, introduce un discorso personalizzato, rivolto ai discepoli: Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini,
perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei
cieli. (E’ da notare la ripetizione del voi e del vostro).
- La luce è qualcosa di impalpabile, abita nel profondo e
traspare all’esterno. Così è l’essere umano abitato dallo spirito delle
beatitudini, simile al Cristo che è la luce del mondo come si legge proprio all’inizio
del Vangelo di Matteo: Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande
luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è sorta. Da
allora Gesù cominciò a predicare e a dire: "Convertitevi, perché il regno
dei cieli è vicino”. La luce dei discepoli che deve illuminare è il
riflesso della luce che viene dal Cristo stesso e, sempre come Chiesa, siamo
chiamati alla fede e alla sequela del Cristo, lui che è la luce. Se perdiamo
questa relazione con Lui, possiamo anche essere una città sul monte, ma siamo
una città morta, senza vita.
- Sale e luce sono due elementi fatti anche per esser
donati; e sono in pienezza nella misura in cui si consumano. Il sale è qualcosa
anche di nascosto che si perde nella massa, eppure dà il suo contributo fondamentale.
Così avviene anche per la luce: basta una piccola fiamma per sconfiggere il
buio.
- I rabbini d’Israele
erano soliti ripetere: La Toràh è come il
sale e il mondo non può stare senza sale. Facendo propria questa immagine e
applicandola ai discepoli, Gesù sa di usare un’espressione che può suonare
provocatoria. Non smentisce la convinzione del suo popolo che ritiene le sacre
Scritture sale della terra, ma
afferma che anche i suoi discepoli lo sono, se assimilano la Parola e si
lasciano guidare dalla sapienza delle
beatitudini.
- Queste metafore non sono sovrapponibili, e pertanto suggeriscono
aspetti diversi: la città sul monte ricorda che la chiesa deve diventare un
punto di riferimento per il cammino dell’umanità (e non si tratta di
proselitismo); l’immagine della lucerna fa capire che compito della chiesa non
è illuminare se stessa, ma ciò che la circonda; la luce è innanzitutto la Parola
di Dio e la sua Legge.
- Infine è utile notare che il testo matteano non parla di
‘opere buone’, ma di opere belle, palesando così l’esigenza di
trasparenza nell’agire dei discepoli. Essi nella loro vita concreta devono
rendere perciò visibile la bellezza della luce divina, e non per attirare
l’attenzione su se stessi, bensì per permettere a tutti di intuire qualcosa del
volto splendente del Padre.
- Il punto più alto
della teologia di Matteo è il suo porre la presenza di Cristo nella chiesa come
il culmine del progetto divino, che è lo stesso dell’AT (Matteo lo ripete con
insistenza): la presenza di YHWH nel suo popolo, Israele, ora è assicurata
dalla presenza di Gesù, il quale comunica il suo rapporto filiale col Padre ai
suoi discepoli.
Nota
personale
Mi fa
male confrontarmi con persone che sono stanche di sentire le letture della
liturgia ascoltando parole non sentite e contagiate da un clima
ecclesiale stanco e fiaccato da un ritualismo senz’anima, nonché dalla cultura
del sensazionale, del mordi e corri, ecc.; persone che si rifugiano là dove
persiste un certo affiatamento tra persone, i sacramenti sono semplice festa ed
è cancellato il ritualismo (identificano col rito!), fino a fare a meno di….
Ma
voglio trasportare questo senso di disagio alla situazione di un’anziana, anzi
di una vecchia quale mi sento orgogliosa di essere, e mi chiedo se e come potrei
sentirmi-chiesa se non facessi un coraggioso uso della Parola studiata con
amore e custodita nel mio cuore, senza aspettare contatti concreti, tanto meno da
parte di una comunità.
Eppure
ho la gioia di dire che vivo gioiosamente la Parola di Dio con tutti i senza.
Altri vive una solitudine esistenziale più nera della mia.
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