II DOMENICA
T.O. anno A
Giovanni 1,29-34
In
quel tempo, 29 Giovanni, il giorno dopo, vedendo Gesù venire verso di lui,
disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! 30 Egli è
colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché
era prima di me”. 31 Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare
nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». 32 Giovanni testimoniò
dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e
rimanere su di lui. 33 Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato
a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere
lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. 34 E io ho visto e ho
testimoniato che questi è il Figlio di Dio».
Commento
Inizia nel IV vangelo la successione dei giorni: siamo al giorno dopo (dopo che Gesù aveva subito
l'interrogatorio da parte dei sacerdoti e dei leviti mandati dai Giudei per
processarlo).
L’obiettivo
complessivo dell’evangelista è far
coincidere l’annuncio e il principio dell’opera di Gesù con il sesto giorno,
quello della creazione dell’essere umano: l’opera di Gesù consisterà nel
portarla a compimento.
L’assenza di
uditorio indica che le parole di Giovanni Battista sono rivolte a tutta
l’umanità. Egli ha un
mandato divino: risvegliare negli uomini la pienezza di vita rinunciando alle
tenebre attraverso il battesimo di purificazione in preparazione all’azione
seguente del Messia. La sua testimonianza non nasce da una conoscenza concreta
del Messia - Io non lo conoscevo
- ; procede unicamente dalla rivelazione divina che gli indica il segno per
riconoscerlo: Colui sul quale vedrai discendere e
rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo.
- Sembra ci sia
stato tra gli evangelisti un certo riserbo nel parlare del battesimo di Gesù.
Tutti e quattro ne prendono atto e lo riportano (ed è molto raro che uno stesso
episodio della vita di Gesù sia riportato da tutti e quattro). Le
differenziazioni sono evidenti: Marco è parsimonioso di particolari, ma
afferma col suo solito stile essenziale che Gesù fu battezzato nel Giordano da
Giovanni Battista. Matteo riporta il piccolo ‘bisticcio’ tra Gesù e
Giovanni che non voleva battezzarlo e poi descrive cosa sia successo mentre
Gesù usciva dall'acqua. Luca inizia il suo brano con Gesù che era stato appena
battezzato e poi era raccolto in preghiera. Giovanni non narra direttamente
questo avvenimento, ma lo presuppone e trova l’occasione per affermare
che Gesù è Figlio di Dio attraverso la testimonianza del Battista.
I SIMBOLI
Ci
troviamo davanti ad un brano in cui a parlare sono soltanto i simboli.
Accostiamoci perciò a questi per orientarci a capire il senso delle parole.
a) È possibile che Gesù sia
detto Agnello di Dio e non Servo di Dio per porre simbolicamente la sua persona
in rapporto con l’agnello pasquale la cui immolazione ricordava la liberazione
del popolo dall’Egitto: questa per l’evangelista è stata portata a compimento
precisamente mediante la
morte di Gesù, con la quale si è attuata la liberazione definitiva dal peccato.
- Nella frase colui che toglie il peccato del mondo meritano attenzione
due particolari: a) il verbo togliere (in greco airo) significa eliminare (e non, come
solitamente si crede, caricarselo addosso, farsene carico in espiazione; b) l’uso
della parola peccato, al singolare, evidenzia
la sua universalità;.
- E’ facile notare nel
testo giovanneo la contrapposizione, marcatamente espressa nel Prologo, tra bene e male, luce e tenebre, Vita e morte.
Essendo il desiderio di completezza (oggi diremmo ‘di positività), insito in
ciascuno, questo peccato si oppone allo stesso istinto vitale, corrisponde a
una ideologia di morte.
b) Nella colomba troviamo parecchi
rimandi simbolici. Il più importante è ciò che leggiamo in Genesi, dove essa è immagine
dello spirito di Dio, il quale nella creazione aleggiava sulle acque.
Per l’evangelista in Gesù si realizza pienamente il progetto creatore:
comunicare a tutti la condizione divina. E’ anche da ricordare che l’evangelista
parla in termini spaziali secondo la cosmologia dell’epoca che separava la
terra, dimora umana, dai cieli, dimora divina. Oggi, più che parlare di discesa
dello Spirito sugli uomini bisognerebbe parlare di salita verso l’Alto (il divino) dal più
profondo del cuore umano.
[Il simbolismo della colomba è presente anche in altre
culture antiche con una pluralità di sfumature. La sua funzione preminente è
quella di messaggero (già nell'antico Egitto i colombi erano utilizzati per
spedire messaggi) oppure espressione di tenero amore a causa del tubare dei piccioni.
Nelle culture pagane la colomba era animale sacro alla dea dell'amore, Afrodite in Grecia e le sue equivalenti siriane e romane].
Nella Genesi è una colomba a
portare a Noè il rametto d'ulivo, mostrandogli così la fine del diluvio
universale e l'inizio di una nuova era di pace. In un testo del profeta Osea
Israele è paragonato a un'ingenua colomba e ne salmo 68 la colomba dalle ali
argentee e dorate è simbolo del popolo di Israele. Anche il nome del profeta
Giona è legato alle colombe: esso è in ebraico Yonàh, sostantivo sia
maschile sia femminile. Nel Cantico dei cantici la colomba rappresenta
l’amore appassionato di un innamorato, che così chiama la sua amata: O mia colomba […], fammi vedere il tuo viso,
fammi udire la tua voce; aprimi, sorella mia, amica mia, mia colomba, mia
perfetta.
c) Acqua e Spirito
Nel
v. 33 il Battista narra la sua rivelazione: Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito,
è lui che battezza nello Spirito Santo. Il battesimo che il Battista offriva ai richiedenti era di immersione
nell’acqua e quello che sarebbe stato segno nuovo in Gesù era nello Spirito santo. Il verbo greco baptízein ha il significato di sommergere o impregnare.
Mentre il battesimo di Giovanni sommergeva l’uomo nell’acqua del Giordano, come
segno di morte a una condizione precedente e di rinascita a una nuova, il
battesimo nello Spirito Santo non sarà un’immersione esterna nell’acqua, ma una
penetrazione dello Spirito nell’uomo; quest’ultimo sarà la sorgente interiore
che zampilla, dando vita definitiva. D’altra parte
l’evangelista parla in termini spaziali secondo la cosmologia dell’epoca che
separava la terra-dimora umana, dai cieli-dimora divina. Oggi, più che parlare
di discesa dello Spirito sugli uomini bisognerebbe parlare di salita verso l’Alto (il divino) dal più
profondo del cuore umano.
L’appellativo santo è nominato in relazione agli umani; significa
una qualità dello Spirito, che rende ciascun essere umano capace d’amare come e in Gesù [e certamente dipenderà da ciascuno allargare la capacità
d’accoglienza dello Spirito attraverso la pratica dell’amore].
Il Battista insiste
sul verbo rimanere. L’esperienza dello
Spirito è possibile a molti, ma solo colui sul quale lo Spirito rimane può
comunicarlo ad altri. Gesù è il culmine
dell’umanità e la sua missione consiste nel comunicare la vita divina secondo
il progetto che ha Dio anche per tutta l’umanità.
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