Mt 28,16-20
In quel
tempo, 16 gli undici discepoli andarono in Galilea, sul
monte che Gesù aveva loro indicato. 17 Quando lo videro, si
prostrarono. Essi però dubitarono. 18 Gesù si avvicinò e disse loro: "A me è stato dato ogni potere in
cielo e sulla terra. 19 Andate
dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del
Figlio e dello Spirito Santo, 20 insegnando
loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti
i giorni, fino alla fine del mondo
Commento
- Il racconto
dell’Ascensione, cioè della salita al cielo con il corpo di Gesù, si muove
nella visione mitologica dell'epoca, che vedeva il mondo diviso in tre piani:
a) al centro la Terra; b) al di sopra il cielo, che, visto dalla terra, appare
posto in alto e, appunto per questo, è considerato luogo dell’ultra-terreno; c)
al di sotto gli inferi, termine derivato dal latino infërus che
significa situato-sotto (la Scrittura usa il termine ebraico Shéol per indicare il luogo dei morti,
buoni e cattivi, anche se la sorte degli uni non è considerata identica a quella degli altri).
-
Il racconto più dettagliato è quello di Luca nel suo vangelo e negli Atti
degli Apostoli. In questi ultimi l'ascensione di Gesù sarebbe avvenuta 40
giorni dopo la Pasqua, a
differenza del suo stesso vangelo dove egli sembra riunire in un solo giorno i
due eventi. I quaranta giorni sembrano essere un tempo-limite e potrebbero
indicare l'autorità dei primi testimoni, oppure la durata-tipo
dell'insegnamento del Risorto ai discepoli.
- Matteo non
parla esplicitamente di ascensione al cielo come gli altri sinottici; parla dell’ultimo
saluto agli undici in Galilea, su un monte non specificato, sito teologico, là
dove Dio a più riprese si è rivelato e ha voluto essere incontrato, là dove
Gesù aveva pronunciato il lungo discorso contenente anche le beatitudini, là
dove Pietro, Giacomo e Giovanni avevano contemplato la sua Trasfigurazione.
Giovanni ne parla indirettamente, quando apparve a Maria Maddalena che voleva
trattenerlo e Gesù le disse: Non trattenermi, perché
non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli, e di' loro: “Io
salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro” (Gv 20,17).
-
Il testo che oggi leggiamo è la conclusione del Vangelo secondo Matteo. Per lui,
con l'ascensione si conclude il tempo della presenza visibile di Gesù in mezzo
ai suoi e inizia il tempo della Chiesa.
- v.16 gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro
indicato.
Matteo parla di undici discepoli, per
ricordare che il gruppo ha una ferita causata dal tradimento. Le parole e la
missione non sono donate ad un gruppo di perfetti, ma ad uomini fragili che
hanno fallito. Il numero dodici che rappresentava il nuovo Israele non viene
più ricostituito da Gesù. C’è anche il richiamo al monte Nebo dove Mosè salì,
dopo aver dato l'investitura a Giosuè per entrare nella terra promessa.
- v.17 Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.
La
nuova traduzione ha tolto giustamente la parola ‘alcuni’. Tutti i discepoli
(nonostante che avessero visto e udito) dubitano. Davvero ogni credente deve
far proprio il grido di supplica del papà del ragazzo epilettico: "Gesù
credo, ma aiutami nella mia incredulità" (Mc 9,24).
- v.18 Gesù si avvicinò e disse loro: A me è stato dato ogni potere in cielo e
sulla terra.
Sul monte
della tentazione, satana aveva proposto a Gesù ogni potere in cambio della sua
adorazione (Mt 4,8); ora qui sul monte si proclama che, Egli, avendo sconfitto
satana con la sua morte e resurrezione, ha realmente ricevuto ogni potere dal
Padre.
Questa affermazione
posta dall’evangelista in bocca a Gesù è una citazione del profeta Daniele
riguardo al Figlio di uomo al quale Dio Diede
potere, gloria e regno (Dn 7,14 LXX). Ma in Matteo c’è un cambio
sostanziale: mentre Daniele scrive che “tutti i popoli, nazioni e lingue lo
servivano”, per Matteo, Gesù, che “non è venuto per farsi servire ma per
servire…” (Mt 20,28), non viene a dominare le nazioni ma a liberarle,
comunicando loro lo stesso Spirito vitale di Dio. Il significato di potere va
dunque distinto dal modo di intendere comune, tanto è vero che si realizza
sotto forma di servizio.
- v.19 Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome
del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo,
L’esperienza
di vedere Gesù risuscitato non è un privilegio storicamente concesso a undici
discepoli, ma una possibilità per ogni generazione di credenti che accolga e
pratichi le beatitudini: il comandamento unico lasciato ai suoi da Gesù è
quello dell’amore concreto, praticato, vissuto.
- 20 insegnando
loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti
i giorni, fino alla fine del mondo.
Nel Vangelo
di Matteo si distingue tra il verbo insegnare e quello che indica il proclamare
e l’annunciare.
Oggetto di questi due verbi sono i popoli pagani, i quali non sono appoggiati
ai testi del’AT, eppure dovranno praticare lo stesso comandamento.
Le ultime
parole io sono con voi tutti i
giorni, fino alla fine del mondo
sono formulate sul modello di quelle che chiudono la Bibbia ebraica che
riportano il decreto di Ciro, re di Persia, contenute nel Secondo Libro delle
Cronache: «Così dice Ciro, re di Persia: “Il Signore, Dio del cielo, mi ha
concesso tutti i regni della terra. Egli mi ha incaricato di costruirgli un
tempio a Gerusalemme, che è in Giuda. Chiunque di voi appartiene al suo popolo,
il Signore, suo Dio, sia con lui e salga!”»
Infatti come
con il decreto di Ciro, i Giudei, da Babilonia terra di prigionia, furono
invitati a tornare in Giudea, terra della libertà, con Gesù i discepoli sono
invitati a uscire dalla Giudea, diventata terra di prigionia e di morte, per
andare in tutto il mondo.
La seconda
parte di questo versetto richiama letteralmente le parole di Mosè, il quale
quando fu inviato a liberare il popolo d'Egitto, ricevette da Dio una certezza,
l'unica certezza che offre garanzia totale: "Va, io sarò con te!" (Es
3,12). E questa stessa certezza venne data ai profeti e ad altre persone
inviate da Dio per svolgere una missione importante nel progetto di Dio (Gr
1,8; Gdc 6,16). Maria ricevette la stessa certezza quando l'angelo le disse:
"Il Signore è con te" (Lc 1,28). Qui è Gesù, in persona, l'espressione
viva di questa certezza, perché il suo nome è Emmanuele, Dio con noi (Mt 1,23).
Lui sarà con i suoi discepoli, con tutti noi, fino alla fine dei tempi. Questa
certezza dà sostegno alle persone, alimenta la loro fede, sostiene la speranza
e genera amore e dono di sé.
RIFLESSIONI
-
L'Ascensione dovrebbe ricordarci la bellezza dello spostamento del polo attorno
a cui gira la vita umana: dagli interessi terreno ad una visione delle cose
dilatata al Cielo, cioè a ciò che non è destinato a finire.
- L'essere
umano vive nella misura in cui spera.
L'uomo
moderno commette il peccato di togliere la speranza che, con la morte, si
abbrevierà il raggio di distanza tra quello che chiamiamo aldilà in quanto
oltre il tempo, e presente temporale. Lo sguardo rivolto al Cristo che ascende
al Padre, è, dunque, uno sguardo che ci radica nel segmento di storia in cui
viviamo, con l'impegno di combattere il male e aprirci alla fraternità e
alla solidarietà, le sole capaci di instaurare nel mondo giustizia e pace. Il
presente vissuto ogni momento è determinante; in esso si condensa il passato e
si determina il futuro: ricordarlo richiede un esercizio liberante. La
spiritualità dell’ascensione è una spiritualità del quotidiano: il Cristo
risorto è con noi e opera attraverso di noi tutti i momenti. Ogni giorno va
vissuto quindi come fosse l’unico o l’ultimo.
- Elsa
Morante, nel suo celebre romanzo ‘La Storia’ così si esprime: “Ah, Cristo, sono duemila anni che
aspettiamo il tuo ritorno”. “Io - risponde lui - non sono MAI partito da voi. Siete voi che ogni giorno mi linciate,
o peggio ancora, tirate via senza vedermi, come s’io fossi l’ombra di un
cadavere putrefatto sotto terra. Io tutti i giorni vi passo vicino mille volte,
mi moltiplico per tutti quanti siete, i miei segni riempiono ogni millimetro
dell’universo, e voialtri non li riconoscete, pretendete di aspettare chi sa
quali altri segni volgari”. [Non è ancora così?
Cos’è questa sete di apparizioni, che si aggiungono a quella del Cristo
Risorto]
- Voglio concludere con le parole di un grande mistico arabo, al-Hallaj,
morto nel 921, ma vicinissimo alla nostra esperienza cristiana:
Le ore della meditazione
divina e della poesia sono conchiglie che giacciono nel mare del nostro cuore.
Ma arriverà il giorno della risurrezione che porterà a riva queste conchiglie,
le quali si schiuderanno e allora saranno tutta luce. Luce senza striature di
tenebre. Saranno gioia intatta, senza quei fremiti di paura che ora posseggono.
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