Gv14,15-21
In
quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 15 «Se mi amate, osserverete i miei
comandamenti; 16 e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito
perché rimanga con voi per sempre, 17 lo Spirito della verità, che
il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e
sarà in voi.
18
Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19 Ancora un poco e il mondo non mi vedrà
più. 20 In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io
in voi.
21 Chi accoglie i miei
comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal
Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
At 8,5-8.14-17
In quei giorni, Filippo, sceso
in una città della Samarìa, predicava loro il Cristo. E le folle, unanimi,
prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i
segni che egli compiva. Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri,
emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. E vi fu
grande gioia in quella città. Frattanto gli apostoli, a Gerusalemme, seppero
che la Samarìa aveva accolto la parola di Dio e inviarono a loro Pietro e
Giovanni. Essi scesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito
Santo; non era infatti ancora disceso sopra nessuno di loro, ma erano stati
soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora imponevano loro le mani e
quelli ricevevano lo Spirito Santo.
Sal 66 (65)
Acclamate Dio, voi tutti della terra,
cantate la gloria del suo nome,
dategli gloria con la lode.
Dite a Dio: «Terribili sono le tue opere!
A te si prostri tutta la terra,
a te canti inni, canti al tuo nome».
Venite e vedete le opere di Dio,
terribile nel suo agire sugli uomini.
Egli cambiò il mare in terraferma;
passarono a piedi il fiume:
per questo in lui esultiamo di gioia.
Con la sua forza domina in eterno.
Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio,
e narrerò quanto per me ha fatto.
Sia benedetto Dio,
che non ha respinto la mia preghiera,
non mi ha negato la sua misericordia.
cantate la gloria del suo nome,
dategli gloria con la lode.
Dite a Dio: «Terribili sono le tue opere!
A te si prostri tutta la terra,
a te canti inni, canti al tuo nome».
Venite e vedete le opere di Dio,
terribile nel suo agire sugli uomini.
Egli cambiò il mare in terraferma;
passarono a piedi il fiume:
per questo in lui esultiamo di gioia.
Con la sua forza domina in eterno.
Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio,
e narrerò quanto per me ha fatto.
Sia benedetto Dio,
che non ha respinto la mia preghiera,
non mi ha negato la sua misericordia.
1Pt 3,15-18
Carissimi, adorate il Signore,
Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione
della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto,
con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di
voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in
Cristo. Se questa infatti è la volontà di Dio, è meglio soffrire operando il
bene che facendo il male, perché anche Cristo è morto una volta per sempre per
i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel
corpo, ma reso vivo nello spirito.
Commento
- Il vangelo di oggi, come quello della
scorsa domenica, è tratto dal primo dei tre discorsi di addio pronunciati da
Gesù durante l’ultima cena. I discepoli hanno capito che Gesù sta per
lasciarli, sono tristi e si chiedono come potranno continuare ad essergli uniti
e ad amarlo se egli se ne va. Gesù promette di non lasciarli soli perché il
Padre manderà lo Spirito che rimarrà per sempre con loro (v.16).
Lo Spirito è definito un altro Paràclito, perché il primo è lui stesso. Chi
vorrà rimanere nel suo amore, lo vivrà in forma nuova, nell’interiorità. In
loro vivrà lo Spirito! Il vincolo di unione e di amore tra Gesù e il Padre, si
dilaterà e avvolgerà anche loro tramite l’azione invisibile e profonda dello
Spirito.
Nel v.17 esiste un gioco
verbale tra presente e futuro: Voi lo conoscete
perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. E’ chiara l’allusione alle
apparizioni pasquali, quando tutti potevano vedere sensibilmente Gesù. Dopo la
risurrezione, invece, la visione sarà un dono riservato a chi si inserirà nella
dinamica di amore dello Spirito tramite una presenza interiore. Paolo
svilupperà questo aspetto dello Spirito con la dottrina dell’inabitazione dello Spirito nell’anima.
Lo Spirito ha due nomi: Parákletos e Spirito
della verità.
Il mondo
sta a significare i non-convertiti, i quali vivono, come dice Paolo in
“Efesini”, adempiendo le voglie della
carne e dei pensieri. Ad essi manca la capacità della visione interna dello
Spirito.
Consolatore non è una buona traduzione dal greco Parákletos, perché è un termine
preso dal linguaggio forense e indica
colui che è chiamato accanto, difensore. Più appropriato è l’appellativo Spirito
della verità che enuncia un’altra funzione del Paraclito: il
suo essere a servizio della verità, impedendo che si introducano errori nella
trasmissione del messaggio di Cristo.
Nel v.18 la frase: Non vi lascerò orfani fa trasparire lo spirito filiale che c’è nel rapporto di Gesù col Padre
e che rende anche noi figli di Dio.
Nel v.19 Gesù promette
ancora, a chi entra nel circuito dell’amore, una qualità di vita nuova: ciò
significa che anche nel tempo storico della nostra esistenza avviene il
miracolo della partecipazione alla vita divina.
Il v. 20 voi saprete che io sono nel Padre mio e voi
in me e io in voi sviluppa il tema del versetto precedente.
Nel v.21 Gesù conclude ripetendo
ciò che aveva enunciato nel v.15: Chi accoglie i miei
comandamenti e li osserva… per ricordare, con il possessivo miei, che i comandamenti
di Mosè ora vanno re-interpretati alla luce del’unico comandamento dell’amore
umile che si fa servizio. E’ questo retaggio che Gesù consegna ai suoi come
fondamento della chiesa, definita nel suo mistero più profondo: vedere la vita
terrena inserita nella Vita vera quale si è realizzata nel Risorto (il
redattore, anche se il discorso è stato ambientato nel periodo pre-pasquale, parlando
dell’azione dello Spirito, è proiettato in quello post-pasquale, attraverso la
promessa dello Spirito) .
- Anche le altre due letture proposte dalla
liturgia insistono sugli stessi concetti espressi nel vangelo. Il racconto
degli Atti ricorda che l’ultima tappa dell’opera di evangelizzazione è
l’imposizione delle mani per conferire il dono dello Spirito Santo. E Pietro
nelle sua prima Lettera si ferma sul modo di comunicare la verità riguardante
la presenza dello Spirito nella Chiesa: questo sia fatto con dolcezza
e rispetto, con una retta coscienza.
Un approfondimento
Vorrei proporvi una questione molto seria,
anche se dovrò attenermi alla regola di usare concetti il più possibile
semplici.
Gli storici cercano di avvicinarsi a Gesù con
i loro strumenti critici, senza mai raggiungere tale obiettivo compiutamente.
Il Gesù degli storici è sempre parziale. Le ricostruzioni unilaterali sono
persino contrastanti fra loro: vedi, ad esempio, come l'interpretazione di Gesù
quale profeta escatologico sia in contrasto con quella di un Gesù, sapiente
carismatico non escatologico. Bisogna riconoscere, però che gli storici ci
aiutano a vederlo inserito nel contesto culturale e religioso giudaico del
primo secolo.
Anche la fede si interessa alla storicità di
Gesù, perché attraverso di essa ci si avvicina più concretamente all’essere
della sua persona e del suo messaggio. Ma deve restare fermo un principio: qualora
la ricerca del Gesù storico dovesse scalzare la fede, ciò vorrebbe dire che non
è corretta nemmeno storicamente.
Se è vero che non ci si può disinteressare al
Gesù storico, rimane il principio che oggetto ultimo della fede è il Cristo
crocifisso e risorto, presente attivamente nella comunità mediante il suo
Spirito.
Siccome la storia è sempre necessariamente
interpretazione, e la storia di Gesù è narrata da testimoni credenti, non si
può separare la vera storia di Gesù dal kerigma
[il termine significa annuncio ed indica il contenuto di base
della fede attraverso la narrazione evangelica e studiando le modalità in cui
gli scritti possono riportare alla verità storica].
Il pericolo maggiore dei teologi e degli
studiosi è quello di proiettare la loro visione nelle fonti evangeliche.
Siccome il contesto moderno e postmoderno è
critico, ove si incrociano filosofie diverse e metodi molteplici di ricerca, il
teologo e la teologia debbono avere sempre presente il Gesù testimoniato e
quindi interpretato, ma non inventato, dai primi testimoni e da coloro che ne
hanno tramandato le tradizioni fino alla redazione evangelica. Il Gesù storico
sta al di là della storia e anche della teologia. Questa coscienza del
limite della storia e della teologia ci preserva dall'errore di considerare
detentori della verità su Gesù soltanto lo storico o il teologo.
Personale
Anch’io, stendendo il mio
limitato commento, ho le mie tentazioni. E siccome so di essere letta da
persone mature, ho il coraggio di confessarvele.
Le grandi enunciazioni circa le
verità stabilite nei concili ecclesiali a volte mi riescono più di disturbo che
di aiuto nel fare il mio commento.
Vorrei avere la libertà di
interrogare il vangelo, il mio cuore, la mia coscienza, le mie esigenze
spirituali.
Ecco: amo il Cristo col suo
programma di amore per tutti. E quando dico ‘tutti’, non penso solo ai credenti
e ai frequentatori della chiesa.
Sono consapevole del fatto che
la chiesa risponde ad una necessità storica, soprattutto quella di trasmettere
la verità biblica. E sono consapevole che la fede è per me un mezzo, anzi l’unico mezzo, per affidarmi ad un punto
saldo nell’esistenza temporale: la certezza che sbaglierei a fidarmi di me e
anche dei miei studi; che debbo trascendere i miei gusti, le mie sensazioni, i
miei bisogni, le mie paure ecc. Voglio trovare nell’interiorità la Luce della
verità che si comunica a me attraverso la PREGHIERA. E la preghiera mi fa
attendere il dono della FEDE con pazienza e con l’umiltà che non ho ma che
imploro.
La risposta che mi dà la
preghiera è sempre questa: Gesù non è venuto soltanto per un gruppo di persone
che sono nella Chiesa. Gesù vuol fare conoscere il Padre di tutto il genere
umano, distribuito in questo piccolo pianeta, con le varie religioni e credenze
(anche le più rozze) (e com’è, forse, in altri pianeti).
Quello di cui parlo non è
il mondo, così come è identificato nelle pericope di oggi, e cioè “i
non-convertiti”. Come diceva Giovanni XXIII: non è l’umanità che si deve convertire al cristianesimo, ma è
il cristianesimo che si deve convertire all’umanità.
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