LA
TRASFIGURAZIONE - XVIII DOMENICA T.O. anno A
Mt
17,1-9
1 Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni
suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. 2 E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il
sole e le sue vesti divennero candide come la luce. 3 Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 4 Prendendo la parola, Pietro disse a
Gesù: Signore, è bello per noi essere
qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia.
5 Egli stava ancora parlando, quando
una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che
diceva: Questi è il Figlio mio, l'amato:
in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo. 6 All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono
presi da grande timore. 7 Ma Gesù si
avvicinò, li toccò e disse: Alzatevi e
non temete. 8 Alzando gli occhi
non videro nessuno, se non Gesù solo. 9
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell'uomo
non sia risorto dai morti.
C o m m e n t o
La visione di Gesù trasfigurato nella gloria è sempre legata al
tema della passione.
Da un punto di vista iconografico la
Trasfigurazione va classificata nel ciclo della Glorificazione di Cristo, prima
dell’Ascensione, della quale è una sorta di anticipazione e con la quale viene
spesso confusa.
La Trasfigurazione è comune a tutti e tre i
vangeli sinottici ed è presentata da loro in modo pressoché identico. Matteo e
Marco, però, subito dopo questa pericope aggiungeranno un ulteriore annuncio
della passione.
Siamo al culmine della vita pubblica di Gesù
(quindi è da ricordare l’ambientazione di un Gesù pre-pasquale.
La scena descritta appare in pendant con la
preghiera nell’Orto degli olivi; in entrambi i casi, infatti, Gesù rimane con i
tre apostoli preferiti per pregare con loro in disparte e sul Tabor, come nel
Getsemani, e anche in questo caso i discepoli si addormentano mentre il Maestro
si intrattiene con Dio. Le due scene sono parallele, con la sola differenza che
l’una appartiene al ciclo della passione e l’altra, la nostra di oggi, al ciclo
che culminerà nella glorificazione
Per Agostino e Tommaso d’Aquino la
Trasfigurazione è una teofania come il Battesimo.
Nell’organizzare la scena, Matteo segue la
sua fonte, il vangelo di Marco, con qualche variante: quando si parla delle vesti di Gesù, il
Nostro subito aggiunge al fatto che le vesti di Gesù diventano candide come la
luce e il suo volto brillò come
il sole,
mentre Luca si limita a dire che “il
suo volto cambiò d’aspetto”. Sono evidenziazioni di non poco conto:
Gesù ha contorni epifanici; a metà del suo itinerario terreno svela il suo
autentico Volto, fino ad ora celato sotto i lineamenti dell’uomo di
Galilea.
Lo schema di Matteo amplia la forma di Marco
con l’espressione: Questi
è il Figlio mio, l'amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Compare, così, il
profilo messianico del Figlio e la filiazione va letta attraverso il fatto che
ai lati del Salvatore appaiono Mosè ed Elia, rappresentanti della Legge e dei
Profeti; mentre il compiacimento del Padre rimanda al Servo sofferente di cui parla Isaia.
Il luogo non è specificato: si parla solo di
una montagna alta, che dal IV sec. è stata identificata con il Tabor.
- Tra gli esegeti di questo avvenimento vanno ricordati in
particolare Jean-Marie Van Cangi e Michel Van Esbroeck. Essi
hanno sviscerato il rapporto di questa ricorrenza con il calendario delle
festività giudaiche, richiamando l'attenzione sul fatto che soltanto cinque
giorni separano due grandi feste giudaiche nell’autunno: prima vi è lo Yom Kippur, la
grande festa dell’espiazione; sei giorni dopo viene celebrata la festa delle
Capanne (Sukkot) che dura una settimana.
Jean Daniélou invece ricollega l'indicazione della data fornita dagli evangelisti
esclusivamente alla festa delle Capanne, sicché la trasfigurazione di Gesù
avrebbe avuto luogo l'ultimo giorno di questa festa. La relazione con tale
festa si manifesta nel testo stesso e consente una comprensione più profonda
dell'intero avvenimento. Infatti i grandi avvenimenti della vita di Gesù, per i
cristiani hanno un rapporto intrinseco con il calendario delle festività
ebraiche. La commemorazione diventa realtà, vita, che riconduce a sua volta
alla liturgia e che da essa vuol ridiventare vita.
A questa interpretazione liturgica della data se ne contrappone
un’altra, sostenuta con insistenza soprattutto da Hartmut Gese, che non
reputa sufficientemente fondata l'allusione alla festa delle Capanne e legge invece
l'intero testo sullo sfondo di Esodo 24, dove è descritta la salita di Mosè sul
monte Sinai. In effetti, questo capitolo, in cui viene descritta la
stipulazione dell’Alleanza di Dio con Israele, è una chiave interpretativa
essenziale per l'evento della trasfigurazione. Ciò che si è realizzato nel
mondo ebraico antico, ora ha suo suggello nel nuovo. Gesù è il Cristo atteso da
millenni di storia dell’AT.
Entriamo ora nel testo.
Come nel Discorso della
montagna e nelle notti trascorse da Gesù in preghiera, incontriamo di nuovo il
monte come luogo della particolare vicinanza di Dio; di nuovo dobbiamo pensare
ai vari monti della vita di Gesù come a un tutt'uno: il monte della tentazione,
il monte della grande predicazione, il monte della preghiera, il monte della
trasfigurazione, il monte dell'angoscia, il monte della croce e infine il monte
dell'ascensione; su di esso il Signore - in contrasto con l'offerta del
dominio sul mondo in virtù del potere del demonio, ora il potere è dato al
Figlio in funzione opposta all’antecedente.
Nella ricerca di un'interpretazione, si profila, sullo sfondo
dello scenario della Trasfigurazione, dapprima
il simbolismo generale del monte, non solo come luogo della salita
esteriore, ma anche come luogo dell'ascesa interiore; il monte come
il liberarsi dal peso della vita quotidiana, come il respirare nell'aria pura
della creazione; il monte che dà elevatezza interiore e permette di sentire
vicino il Creatore.
La trasfigurazione è un avvenimento di preghiera. Ciò che accade nel dialogo di Gesù con il
Padre, diventa visibile: l'intima compenetrazione del suo essere con Dio,
diventa pura luce. Ciò che Gesù sa di essere nel suo intimo e ciò che Pietro
aveva cercato di dire nella sua confessione, in questo momento si rendono
percepibili anche ai sensi.
Qui appaiono chiaramente il
riferimento alla figura di Mosè e la sua differenza. Daniele (proposto dalla
liturgia odierna) aveva profetizzato la glorificazione del Cristo come
espressione di potere; potere da usare come segno di sovranità imperitura
ed espansiva a tutti:
Gli furono dati potere, gloria
e regno / tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: / il suo potere è un
potere eterno, / che non finirà mai, / e il suo regno non sarà mai distrutto.
Leggiamo qualche
versetto:
3 Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
La Legge e i Profeti parlano con Gesù di Gesù. Mosè ed Elia
sono figure e testimoni della passione. Parlano con il Trasfigurato di ciò che
hanno detto sulla terra, della passione di Gesù; ma, mentre ne parlano con il
Trasfigurato, diventa palese che questa passione porterà salvezza, perché è
permeata della gloria di Dio; e la passione viene trasformata in luce, in
libertà e gioia.
E tuttavia Pietro prende la parola, anche se – dicono alcuni
esegeti - forse non sapeva cosa dire: v.4 Signore, è bello per noi essere qui! Se
vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia. Certamente Pietro vorrebbe dare continuità
con l’AT all'evento e perciò chiede di erigere tende di rivelazione, tanto più
che poteva confermarlo la presenza di Dio attraverso la nube sacra, la Shekinah:
v.5 una nube luminosa li coprì con la sua ombra.
Si ripete così la scena del battesimo di Gesù, in cui era stata
proclamata da parte dello stesso Padre la filiazione (di amore) nei riguardi di
Gesù. Nello stesso tempo torna visibile la relazione con la salita di Mosè sul
Sinai. E infatti ora la voce arcana del Padre emette l’imperativo: Ascoltatelo!.
Acquista nuovo significato la frase fondamentale del Prologo di
Giovanni, dove l'evangelista riassume il mistero di Gesù: «E il Verbo si fece
carne e venne ad abitare [letteralmente: pose la tenda] in mezzo a noi» = Il
Padre parla attraverso Gesù, il Cristo con il carico dell’umanità.
Non è solo il discepolo di Gesú che passa per questa esperienza.
Il discepolo si può distinguere dagli altri solo se traduce in pratica quest’Ascoltatelo. Il comando può essere doloroso, ma non è capriccioso, da parte di Dio, perché Egli dà
più di quanto promette.
- Un appropriato commento della gloria trasfigurante lo canta in
forma poetica il salmo 96, proposto dalla liturgia odierna. Il poeta si
affaccia su un mondo perfetto e pacificato nel quale la lode raggiunge
facilmente il cielo e il cuore di tutti è fremente di amore. ed ecco esplode in
un canto corale e in una danza cosmica.
Il
Signore regna: esulti la terra,
gioiscano le isole tutte.
Nubi e tenebre lo avvolgono,
giustizia e diritto sostengono il suo trono.
I monti fondono come cera davanti al Signore,
davanti al Signore di tutta la terra.
Annunciano i cieli la sua giustizia,
e tutti i popoli vedono la sua gloria.
Perché tu, Signore,
sei l’Altissimo su tutta la terra,
eccelso su tutti gli dèi.
gioiscano le isole tutte.
Nubi e tenebre lo avvolgono,
giustizia e diritto sostengono il suo trono.
I monti fondono come cera davanti al Signore,
davanti al Signore di tutta la terra.
Annunciano i cieli la sua giustizia,
e tutti i popoli vedono la sua gloria.
Perché tu, Signore,
sei l’Altissimo su tutta la terra,
eccelso su tutti gli dèi.
La Nube della divina trascendenza nasconde qualunque visione
corporea, tuttavia rivela Dio quale Presenza indicibile ed efficace. La Nube e
la Voce sono le due componenti della Rivelazione biblica.
il Padre comanda di obbedire al suo Unico Figlio, e noi gli
rivolgiamo l'epiclesi, affinché nutra il nostro spirito con la sua Parola, e
purifichi le nostre facoltà per gioire della Visione trasformante di Lui.
v.6 All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono
presi da grande timore.
Questa descrizione è esclusivamente di Matteo
ed è costruita sullo schema della visione di Daniele, quando vide l’uomo
vestito di lino (Dn 10,5).
Gli altri due discepoli condividono
pienamente l’ideologia nazionalista espressa da Pietro: atteggiamento che, se
non rettificato, sarà causa di divisione nella comunità dei discepoli. Sentendo
infranto il loro sogno di restaurazione della Legge di Mosè mediante lo zelo
violento di Elia, la loro reazione assune un duplice aspetto: il cadere
sulla faccia (traduz. lett.) è segno di sconfitta, e la paura è
il riconoscimento di essere in presenza di una manifestazione divina e quindi
di dover morire (Is 6,5; Dn 10,9). Nonostante Gesù abbia ripetutamente parlato
ai suoi di Dio quale Padre, essi continuano a pensare secondo le categorie
della tradizione religiosa che incuteva la paura di Dio: Nessun uomo può
vedermi e restare vivo (Es 33,20).
Ascoltatelo! L’ordine imperativo
dato da Dio non ammette eccezioni e si richiama a quanto promesso dal Signore a
Mosè: il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli,
un profeta pari a me; a lui darete ascolto (Dt 18,15).
Matteo invita la sua comunità a prendere le
distanze dal legislatore Mosè e dal riformatore Elia, per fissare la loro
attenzione solo in Gesù, l’unico che devono ascoltare perché il solo che
rispecchia pienamente la volontà divina in quanto Figlio di Dio.
v.7
Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: Alzatevi e non temete.
Il gesto di Gesù è lo stesso da lui adoperato
con gli infermi e i morti per restituire loro vita.
L’invito di Gesù ad alzarsi verrà ripetuto
nel Getsèmani: alzatevi, andiamo (Mt
26,46), ma allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono (Mt 26,56).
Non erano ancora capaci di raggiungere la condizione divina passando attraverso
il dono di sé e la morte. La tentazione di raggiungere una perennità senza
limiti attraverso pratiche di potere, spinge quei discepoli a voler piegare
persino Dio e averlo per sé in folli e sovrumani progetti di gloria.
Per questo, sul monte della risurrezione, vedendo
Gesù, dubiteranno: non saranno ancora pronti e capaci di accogliere il progetto
divino su Gesù e sull’umanità.
v.8 Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mosè ed Elia vengono eliminati in quanto
ormai non avevano nulla da dire ai discepoli. Colui che devono seguire è Gesù e
nessun altro, fosse pure un legislatore come Mosè o un profeta grande come
Elia.
v.9
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: Non parlate a nessuno di questa visione,
prima che il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti.
Descrivendo il fatto come visione, l’evangelista
situa l’episodio sul piano della verità teologica e non su quello della
fattualità storica. La trasfigurazione di Gesù appartiene al genere visione/sogno
e non alla realtà. Si tratta di una rivelazione che Gesù fa ai suoi
discepoli.
Gesù proibisce ad essi di parlare della loro
esperienza, in quanto ancora incapaci di seguirlo sulla croce, e di comprendere
che la condizione divina passa attraverso la morte. Solo quando Gesù sarà
risuscitato questo sarà chiaro e potranno parlare di quanto avevano
sperimentato.
Ogni essere umano ha la possibilità di
diventare figlio di Dio, se realizza il progetto di Dio sull’umanità.
UNA RIFLESSIONE
Noi cristiani dobbiamo ascoltare, attraverso Cristo, il Padre,
la sua vera voce, con l’impegno di accoglierla nel cuore. E’ quanto meno una
perdita di tempo ascoltare altri messaggi celesti.
Sono ancora attuali le parole di Dante: Siate, cristiani, a muovervi più gravi, /
non siate come penna ad ogni vento (Par. V, 73 s.).
Giovanni della Croce diceva che, da quando sul Tabor il Padre ha detto di ascoltare
Gesù, Dio è diventato, in certo senso,
muto. Ha detto tutto, non ha cose nuove da rivelare. Chi gli chiede nuove
rivelazioni, o risposte, lo offende, come se non si fosse ancora spiegato
chiaramente. Dio continua a dire a tutti la stessa parola: “Ascoltate lui!,
leggete il vangelo: vi troverete più, non meno, di quello che cercate”.
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