DOMENICA XXI T.O. anno A
Mt 16, 13-20
In quel tempo, Gesù, 13 giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi
discepoli: La gente, chi dice che sia il
Figlio dell'uomo?. 14 Risposero:
Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri
Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti. 15 Disse loro: Ma voi, chi
dite che io sia?. 16 Rispose
Simon Pietro: Tu sei il Cristo, il Figlio
del Dio vivente. 17 E Gesù gli
disse: Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo
hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. 18 E io a te dico: tu sei
Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi
non prevarranno su di essa. 19 A te darò le chiavi del regno dei cieli:
tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che
scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli. 20 Allora ordinò ai
discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.
C o m m e n t
o
1) UNO SGUARDO D’INSIEME
Nella liturgia del
29 giugno per la solennità di Pietro e Paolo è già stato presentato il brano
che rileggiamo in questa domenica, in cui è messa in risalto la figura di
Pietro, ritratto a Cesarea di
Filippo, città edificata in onore
a Cesare (venerato come divino), nel momento in cui viene investito da Gesù della
più grande responsabilità nei riguardi della comunità (chiamata da Matteo ekklesia, chiesa).
Gli altri passi
liturgici sono molto pertinenti rispetto al tema centrale, in quanto, pur non
parlando direttamente di Pietro, pongono al centro la sua figura nell’atto di professare la sua fede, come si legge nel passo
del vangelo di oggi. Le sue parole ardenti non meravigliano dato il suo carattere immediato ed impulsivo. Piuttosto
fanno avanzare qualche dubbio, perché si potrebbe ripetere la situazione di
quando, subito dopo aver detto di essere pronto a morire con il suo Maestro,
alla sua cattura lo segue da lontano e lo tradisce per tre volte.
Subentra subito una
domanda che non possiamo trascurare di porci: come mai Gesù sceglie Pietro? Di primo acchito questa scelta, dati
i precedenti, sembrerebbe non appropriata. La scelta dovrebbe rispecchiare sia
la figura di Pietro sia quella degli altri appartenenti alla comunità. Si
potrebbe dire, con un po’ di buon senso, che tutti sono chiamati ad assolvere
un compito più grande di loro e della situazione in cui si trovano: all’esterno
vivono in un mondo ostile (pagano e dominatore) e all’interno la comunità è ancora
disintegrata.
Ma chi avrebbe il
coraggio di dire che Gesù avrebbe dovuto scegliere l’uomo forte e dare corso ad una società di perfetti? Invero c’è tutto
un mondo nuovo da costruire; ma soprattutto si tratta di rompere le fila
dell’osservanza ottusa alla Torah perché i profeti non sono stati ascoltati e ora
che il Messia-Cristo ha esaurito il suo compito con la fine da crocefisso, non
è ancora nemmeno riconosciuto dai suoi:
La situazione è
complicata. Come costruire quell’Israele nuovo e nello stesso tempo in perfetta
continuità con l’Antico tanto da esserne il compimento, come Matteo cerca di
dimostrare nel suo vangelo?
[Qui
debbo esprimermi in maniera personale]
Mi chiedo chi capisse
Matteo quando scriveva il suo vangelo dalle
idee nette e precise, ma che resta… tutto da capire se non lo si studia.
… Sennonché,
rileggendo tutte le letture della liturgia, incontro Paolo che mi offre il
miglior commento all’investitura di Pietro e mi fa fare marcia indietro; e la
faccio fare anche a chi legge.
2) PAOLO NELLE LETTERA AI ROMANI
Paolo nella lettera
ai Romani esclama: O profondità della ricchezza, della sapienza e della conoscenza
di Dio! / Quanto insondabili sono i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! /
Infatti, chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore?/ O chi mai è stato suo
consigliere? / O chi gli ha dato qualcosa per primo / tanto da riceverne il
contraccambio? / Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose.
/ A lui la gloria nei secoli.
La trascendenza che Paolo evidenzia nei riguardi di Dio non
ritrae una sua presunta incomunicabilità. Dio, al contrario, si apre e comunica
la sua vita in tutte le dimensioni, poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose; e il miglior modo di entrare in dialogo con Dio è il
vivere in comunione con tutte le altre creature, innalzando canti di lode e di
gratitudine: A lui la gloria nei secoli.
In Paolo la prospettiva iniziale si capovolge subito. Le
vie di Dio sono insondabili, non perché oscure, ma perché troppo luminose (il
mistero è abbagliante e perciò nelle vie della conoscenza esso rimane accecante
per troppa luce) e l’agire di Dio è più radicale della nostra speranza.
Quando Pietro si
apre a questa dimensione, Gesù gli cambia il nome da Simone in Kefâs, Pietro.
Saranno la fragilità
e la debolezza nella sequela di Gesù che permetteranno a Pietro di parlare da esperto
della misericordia del Signore? Egli infatti, mentre gli altri non sanno
rispondere, confessa l’identità di Gesù Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio
vivente.
In ebraico
l’espressione figlio di Dio, ben Elohim, era un titolo applicato
quasi sempre al Messia e al popolo di Israele; ma qui Pietro confessa
nellidentità di Gesù un ulteriore significato: i primi significati potevano
essere usati ad uso politico, mentre Matteo accenna ad un significato
spirituale più profondo.
Quel che Pietro
conosce di Gesù non è frutto di percezione umana. E’ dono di Dio, frutto della
Luce che si irradia da Lui. Dono che esige alcune caratteristiche da parte di
chi lo riceve. Matteo ne ricorda alcune: docilità a lasciarsi
interrogare, ad approfondire ogni giorno di più il senso dell’appartenenza a
Lui; e perseveranza contro l’immancabile tendenza a riposare su certezze
scontate.
Sono doti che si addicono
proprio a Pietro, benché egli non si vanti di averle; la sua debolezza, unita
alla sua impulsività hanno bisogno soltanto di essere sorrette dalla mano del
Gesù così entusiasticamente seguito, e altrettanto poco ‘meritato’.
3) COSA DICE LA GENTE DI GESU’
Ma Gesù, prima di
chiedere a Pietro come lui Lo percepisse, aveva voluto conoscere l’opinione
della gente.
E’ facile dare le
stesse risposte della folla e confondere Gesù con un rigido asceta come poteva
essere Giovanni Battista. E' facile anche vedere associata la figura di
Gesù a quella di Elia, il grande profeta che per difendere la purezza
della fede, fece uccidere tutti i sacerdoti di Baal. Facile anche vedere in
Gesù un nuovo Geremia -VI sec. a.C.-, il profeta che non si
limitava a denunciare il peccato, ma voleva scoprirne la causa, e riuscì a
capire che la conversione vera richiede il cambiamento del cuore.
Eppure ciascuno di
questi tre precursori esaspera uno degli aspetti che troviamo in Gesù, sia pure
molto ridimensionati.
Ed ecco un altro
tipo di risposta, ottenuta attraverso la relativa domanda fatta al gruppo dei
discepoli: Ma voi, chi dite che io sia?. L’intuizione di Pietro si esprime nel riconoscere
che in quell’Uomo di Nazareth si rivela il Mistero di Dio.
L’espressione utilizzata da Simone per parlare di Gesù è Figlio del Dio vivente. Questa parola la
troviamo nell’Antico Testamento in Osea 2,1 ed è riferita al popolo degli
Israeliti: Il numero degli Israeliti sarà come la sabbia del mare, che non
si può misurare ne contare. E avverrà che invece di dire loro: Voi non siete
mio popolo si dirà loro: Siete figli del Dio Vivente.
Gesù considera che
questa intuizione non è solo derivata dalla percezione e dalla ricerca, ma è
frutto della grazia. E in nome di questa fede, a Pietro viene assegnato il
compito di essere punto di riferimento per la comunità. La fede che gli è
richiesta non si può trasformare in autoritarismo. E in realtà Pietro, col suo
pentimento radicale, si propone il servizio umile e disinteressato alla
comunità, fino a dare - questa volta sì - la propria vita.
La chiesa non sarà
mai né di Pietro, né di altri, ma del Signore (Kýrios). E Pietro ne sarà il
servo [non posso nascondere la mia paura di fronte
al termine servizio, usato, com’è di fatto, per coprire il termine potere….]
4) QUALE AUTORITA’ E’ CONFERITA A PIETRO
Non c’è chi non possa
dedurre, da quanto detto, che l’autorità conferita a Pietro deve
dissociarsi dal potere; deve, anzi, opporre la massima resistenza al
fascino che la carne e il sangue potrebbero subdolamente
introdurre nel momento di assolvere un compito tanto prestigioso.
I limiti di Pietro
sono rispondenti alla logica divina: Gesù sceglie Pietro, o meglio, Pietro si
lascia scegliere per le sue debolezze, vera pagella per definire un’identità
tutta e unicamente fondata sulla relazione con Gesù. A Pietro che professa la
sua fede in Cristo, Lui risponde confessando la sua fiducia in Pietro. Più che
preoccuparsi di definire con esattezza il suo nome e il suo mistero,
Pietro deve continuare a fidarsi di Lui,
senza sapere bene il perché.
E' decisivo il legame
tra Gesù e Pietro. Il rapporto tra i due genera la reciproca conoscenza, genera
la chiesa. Il legame tra i due è il sfondamento della chiesa.
La chiesa non sarà
mai né di Pietro, né di altri, ma proprietà del Signore (Kýrios), in cui opera
il popolo di Dio, guidato da Pietro, a cui sono consegnate le chiavi. C’è
subito da dire che si tratta di immagini semitiche, di cui troviamo traccia
nell’Antico Testamento (cf,per esempio, Is 22,22), il cui significato è che
Pietro sarà abilitato ad interpretare la Legge e i Profeti, quale rappresentante
di Cristo.
- Colpisce alla fine del brano, che Gesù scongiuri i suoi discepoli di non divulgare la
notizia di essere lui il Messia, poiché avrebbe potuto essere fraintesa. E colpisce
ancor più che, nei versetti seguenti, debba
ancora spiegare ai discepoli che cosa significhi veramente la sua messianicità,
cioè che la gloria debba passare attraverso la sofferenza, la passione e la
morte fino alla risurrezione, quando Cristo apparirà veramente in tutta la sua
pienezza. Davvero Pietro ha da fare con discepoli dalla testa dura più della
sua, che, almeno, lo fanno esplodere in frasi esaltanti…
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