Mt 17, 1-9
In quel tempo 1 Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello
e li condusse in disparte, su un alto monte. 2 E fu trasfigurato davanti a
loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la
luce. 3 Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 4
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui!
Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». 5 Egli
stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed
ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato: in lui
ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». 6 All'udire ciò, i discepoli
caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7 Ma Gesù si
avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». 8 Alzando gli occhi non
videro nessuno, se non Gesù solo.
9 Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti».
9 Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti».
Commento
1) ALCUNI PARTICOLARI PER INQUADRARE
L’EVENTO
- I tre vangeli sinottici, concordi,
scrivono un racconto che certamente era evocato e commentato in seno alla
comunità dei discepoli.
Il racconto di Matteo
contiene alcuni tratti specifici: se Marco cerca di testimoniare un’epifania di
Dio in Gesù e Luca fornisce un’anticipazione della gloria della resurrezione,
Matteo richiama il sole, la luce, perché quella novità di forma assunta da Gesù
è, secondo lui, qualcosa che non procede dalla condizione umana di Gesù, ma
dalla manifestazione del Padre in Lui. Inoltre lo stesso evangelista chiama
Gesù Kýrios, Signore: termine che
equivale a JHWH, perché la condizione di Figlio attribuita dalla voce misteriosa a Gesù lo collocava al di sopra
dell’umano. E Pietro, rapito da quella visione, voleva trattenerla, facendo tre
capanne: per Gesù, per Mosè e per Elia, desiderando che la storia si arrestasse
e l’incanto non cessasse.
- L’episodio ci mette di
fronte all’indicibile, ad una Presenza che resta sempre elusiva… Significativa
la nube luminosa, la quale viene ad adombrare esperienze che vanno oltre
l’esperienza sensibile: una nube che illumina e, nel contempo, fa ombra.
- La Trasfigurazione probabilmente
avvenne di notte, dato che gli apostoli, come dice Luca, erano aggravati dal sonno; e, secondo lo stesso Luca, scesero dal
monte solo l’indomani.
Luogo dell’evento è ritenuto
il monte Tabor. Ma è poco probabile che lo sia, dal momento che è un monte alto
solo m.575 e perciò non si può identificare con l’alto monte di cui parla Matteo. Secondo l’opinione di molti studiosi odierni la
trasfigurazione potrebbe essere avvenuta su qualche contrafforte dell’Hermon,
monte alto m.2814.
- L’evangelista Matteo
presenta la visione come una risposta
all’ultima tentazione nel deserto, quando il diavolo aveva portato Gesù su un
monte alto e gli aveva offerto tutti i regni e la gloria del mondo. Ebbene,
l’episodio della Trasfigurazione dimostra che a Gesù è concessa la gloria dallo
stesso Dio, anziché da satana: una gloria senza appagamento umano di potere e
di dominio sui regni della terra.
- LE
CAPANNE
Di particolare importanza è
la presenza di Mosè ed Elia nell’atto di conversare con Gesù. Essi raffigurano
rispettivamente la legge (Mosè) e i profeti (Elia).
I tre sono incantati dalla
visione, e Pietro, come sempre prorompente, esclama: Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò
qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia.
Questo accenno alle capanne
richiama la festa che si celebrava in Israele, tanto importante che non aveva
bisogno di essere identificata; era chiamata semplicemente la festa. Infatti era più importante perfino della Pasqua, in
quanto ricordava la liberazione dalla schiavitù egiziana; e durante la durata
della celebrazione si viveva sotto le capanne proprio per ricordare la
condizione che, nel periodo della schiavitù, li costringeva a vivere accampati.
Mentre si faceva memoria del
passato, si sperava e si aspettava la venuta di un più grande liberatore, il
messia. Pietro riconosce in Gesù il messia, ma lo configura secondo la linea
dell’osservanza della legge imposta da Mosè. Circa Elia, pio e devoto
osservante di tutte le regole della legge, si ricorda un episodio raccapricciante,
che dà la misura di quanto il passato fosse legato alla ‘lettera’ e non allo
spirito della Legge: Elia scannò di persona quattrocentocinquanta [il numero
nell’AT non riproduceva un dato storico, ma aveva sempre un significato
simbolico] sacerdoti che erano consacrati ad un’altra divinità! C’è da restare
sbalorditi a notare che Pietro potesse optare per un messia che venisse ad
imporre la Legge con la violenza,
- LA
NUBE e LA VOCE
Egli stava ancora parlando, quando una nube…
Nell’Antico Testamento la
nube era immagine della presenza divina.
Dio non è d’accordo con
quello che sta chiedendo Pietro e lo interrompe attraverso la nube per
richiamarlo.
La voce usa le stesse parole misteriose
pronunziate al momento del battesimo. In questo modo l’evangelista vuole dimostrare
qual è l’effetto del battesimo: tenere vivo il ricordo della
manifestazione della volontà del Padre nei
riguardi di Gesù. Volontà che riguarda anche tutti i suoi discepoli. Essi, come
Gesù, dovranno impegnarsi nella fedeltà all’amore del Padre, anche a costo
della vita.
E ecco l’imperativo: Ascoltatelo. Quindi
i discepoli non debbono ascoltare né Mosè, né Elia, ma soltanto Gesù.
- I
TRE CADDERO A TERRA
I tre caddero con la faccia a terra. Sentono di aver fallito o sono soltanto timorosi? Ma Gesù si avvicinò, li toccò. E’ bello questo avvicinarsi
e toccarli amorevole di Gesù per disincantarli e richiamarli alla concretezza,
pur nella consapevolezza di essere stati investiti di una grande missione. La
risposta di Gesù è sempre una comunicazione di vita.
2) RAGIONAMO
sull’argomento
- Anzitutto teniamo presente
che ragionare sull’argomento non significa razionalizzarlo. Significa
cercare in se stessi qualcosa di profondo e di vero.
- Il tema della
trasfigurazione, o cambiamento d'aspetto, o metamorfosi, era un tema apocalittico, esprimente l'attesa del profondo cambiamento
nell'aspetto dei giusti nel mondo futuro.
- Non c’è chi non si ponga il
problema della morte, e di ciò che chiamiamo impropriamente aldilà; di come saremo,
dove andremo, se ci ridurremo solo a cenere, ecc. La ricerca di fatti
miracolosi e di apparizioni tradisce il bisogno di rispondere a questi
interrogativi.
Fenomeni inconsci, mancanza
di punti fermi nell’esistenza umana,
creano in non-pochi un vuoto, che lascia il posto libero alla ricerca del
misterioso, a ciò che incanta e sembra promettere un’alternativa…
Sarebbe meglio trovare
strumenti adeguati per avere un po’ di conoscenza appropriata sul nostro modo
di essere oggi.
- Parlarne in un piccolo
spazio come questo commento domenicale è soltanto un tentativo di RICERCA DELLA
VERITA’ del nostro essere e del nostro rapporto con la realtà.
Approfondire l’argomento
significa capire che i tre sono entrati in uno stato di trascendimento della
realtà, non per un miracolo, o peggio, per un’allucinazione, bensì per una
illuminazione interiore, permessa da Dio per far capire la forza, la grandezza
della novità evangelica. Nel popolo di Israele, radicato nell’osservanza della
Torah, doveva realizzarsi un cambiamento di orizzonte: dall’imposizione della
legge di Dio alla sua riscoperta all’interno della coscienza.
Può essere di aiuto una
citazione da Benedetto XVI:
Il mistero
della Trasfigurazione non va staccato dal contesto del cammino che Gesù sta
percorrendo. Egli si è ormai decisamente diretto verso il compimento della sua
missione, ben sapendo che, per giungere alla risurrezione, dovrà passare
attraverso la passione e la morte di croce. Di questo ha parlato apertamente ai
discepoli, i quali però non hanno capito, anzi, hanno rifiutato questa
prospettiva, perché non ragionano secondo Dio, ma secondo gli uomini (cfr Mt 16,23). Per questo Gesù porta con sé
tre di loro sulla montagna e rivela la sua gloria divina, splendore di Verità e
d’Amore. Gesù vuole che questa luce possa illuminare i loro cuori quando
attraverseranno il buio fitto della sua passione e morte, quando lo scandalo
della croce sarà per loro insopportabile. Dio è luce, e Gesù vuole donare ai
suoi amici più intimi l’esperienza di questa luce, che dimora in Lui.
Mi
sforzerò di essere semplice, ma capisco che non è cosa facile. Eppure
lasciarvi, dopo il commento, con la convinzione che i fatti raccontati nella Trasfigurazione
siano accaduti così come è detto nel Vangelo, significherebbe trattarvi come
credenti-creduloni incapaci di capire più in profondità.
Se
vogliamo capire che fenomeno sia stato la Trasfigurazione, c‘è da entrare in un
argomento serio.
Cominciamo
terra-terra, da una scienza umana, la filosofia.
La
filosofia si è spinta, nella problematica del rapporto tra l’essere umano e
la realtà, fino alla distruzione dei concetti di oggettività e di verità
scientifica, giungendo all’affermazione estrema, secondo cui tutte le nostre
conoscenze e la nostra stessa esigenza di verità non mirano affatto alla verità,
bensì a sicurezze create da noi stessi. Si tratta di una forma estrema di
Filosofia della vita, che ha avuto ampie ripercussioni nella letteratura, nella
religione, nella ricerca filosofica, nell’arte, ecc. La conclusione è che si
può conoscere ciò che si ha già in sé, nel pensiero. L’intelletto interpreta il
mondo sulla base delle sue categorie (sue: dell’intelletto). Più precisamente:
attraverso la percezione sensibile si interpreta il materiale grezzo che ci sta
davanti, e il mondo nasce dal lavoro interpretativo dell’intelletto.
Qui
casca l’asino. Non si può mai dire che esiste oggettivamente ciò che cogliamo
con la nostra sensazione e la nostra
percezione. Possiamo conoscere ciò che appare ai sensi e a tutte le facoltà
conoscitive, ma l’oggetto corrispondente a ciò che si pensa non c’è.
Vediamo il mondo non come in effetti veramente è, ma mediante sensazioni
cerebrali che interpretano la realtà generando immagini, suoni , odori e
sapori, attraverso cui possiamo decifrare un universo che di per se stesso non
è colorato; che è silente, inodoro ed insipido.
-
Detto da chi ha una fede, il discorso suona così: tutto dipende solo dal Dio
creatore. Il mio stesso corpo è esterno e indipendente dal pensiero col quale
lo penso e il mio pensiero sarà vero se sarà adeguato al modo in cui Dio mi
permette.
Ciò
che percepiamo è frutto di una trasfigurazione della realtà, attuata dal
cervello in modo tale da essere utile alla nostra sopravvivenza ed alle nostre
possibilità dal punto di vista cognitivo ed emotivo; ma bisogna fare un passo
avanti: dobbiamo coltivare la vita interiore…
-
Se si chiede a uno psichiatra che cos’è
un’allucinazione, la risposta è più o meno questa: un’allucinazione è una percezione senza oggetto. Cioè vediamo
ciò che abbiamo nel pensiero. Ma qui dobbiamo passare dal concetto di
allucinazione a quello di illuminazione interiore.
Quando si capiscono i capisaldi che le scienze ci
permettono di capire se una cosa è oggettiva o soggettiva, si dissoda il
terreno per riconoscere nelle visioni, apparizioni, fatti straordinari, qualcosa
che ha riferimento con la soggettività e perfino con la propria corporeità (ad
esempio, l’apparizione delle stimmate, possono scomparire, come avvenne per
Padre Pio: in fin di vita le stimmate scomparirono senza lasciare traccia nel
corpo).
- Per evitare l’allucinazione ed entrare
nell’illuminazione interiore, ci va impegno a coltivare la vita interiore,
mediante l’unico strumento valido: la preghiera.
Dammi, O Signore, la grazia
di vedere me stessa e tutto
attraverso la tua, non la mia Luce
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