XXXIV
DOMENICA T.O. anno C - Festività di Cristo Re
In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] 35il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo
di Dio, l’eletto». 36Anche i soldati lo deridevano, gli si
accostavano per porgergli dell’aceto 37e dicevano: «Se tu sei il re
dei Giudei, salva te stesso». 38Sopra di lui c’era anche una
scritta: «Costui è il re dei Giudei». 39Uno dei malfattori appesi
alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40L’altro
invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei
condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo
quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto
nulla di male». 42E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai
nel tuo regno». 43Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me
sarai nel paradiso».
COMMENTO
Preambolo
La
liturgia segnala la fine dell’anno liturgico. Già la prossima domenica si
aprirà il nuovo anno liturgico con l’Avvento, cioè il periodo dell’attesa della
venuta sulla terra di Gesù.
La prima cosa che viene da chiedersi è come mai la liturgia
celebri un momento umanamente tutt’altro che lieto, come la crocifissione di Gesù,
con la Solennità di Cristo Re dell’Universo, il cui titolo pomposo può
destare sconcerto, dato che regalità di cui si parla è mille miglia lontana da tutto
ciò che appartiene a tutt’altra sfera: servizio, dedizione, umiltà e così via.
In verità la riforma liturgica del concilio Vaticano II ha
sottolineato che il Cristo, crocifisso tra malfattori, condannato dai poteri
religioso e politico, è un Re-al-contrario rispetto ai re di questo mondo: è un
Re che salva gli altri e non se stesso. E l’episodio narrato nella pericope
odierna ne è il miglior commento.
Da
un bel po’ di domeniche abbiamo seguito Gesù in cammino verso Gerusalemme,
circondato da folle anonime; e spesso, nelle tappe del suo viaggio, abbiamo
incontrato persone che lo hanno interrogato: ora autorità giudaiche e romane,
ora singoli cercatori di verità.
Al culmine di questo viaggio, la città consacrata per via
della sacralità del Tempio, Luca inserisce nell’episodio che narra particolari
sui quali si ferma soltanto lui rispetto agli altri evangelisti. Egli vuole
dimostrare che il procedere di Gesù verso la grande meta, Gerusalemme, in
realtà aveva di mira l’atto supremo della sua missione: consegnare la sua
parabola terrena al Mandante, il Padre, per impetrare la salvezza di tutti. Ed è
questo il termine-chiave della pericope di oggi: la salvezza.
Il testo del brano odierno
Il
testo di Luca costruisce i discorsi degli astanti di fronte al Crocifisso
denunciando lo scherno, attraverso il quale è messa in dubbio la potenza di Gesù
a salvare se stesso. C'è l'allusione alle tentazioni nel deserto, raccontate
dallo stesso Luca nel cap.quarto. Le parole, ha salvato altri! Salvi se stesso, si riferiscono ad
un Gesù in veste di taumaturgo (la frase sarcastica è simile al proverbio “Medico,
cura te stesso!”), e sono una provocazione per incitare Gesù a dare un segno
attraverso il quale dimostrarsi capace di salvarsi da sé.
Gli scherni dei militar romani sono un elemento
caratteristico del vangelo di Luca. Non si spiega il loro gesto di porgere a
Gesù una bevanda a base di aceto, un dissetante usato comunemente dai soldati e
dai contadini; non è chiaro se si tratti di un gesto di compassione, come in
Giovanni, oppure di crudeltà: rianimare il crocifisso per prolungare le sue ore
di vita e quindi di sofferenza. Forse però prevale l'intenzione di prendersi
gioco di Gesù. Il particolare dell'aceto comunque è stato conservato nella
tradizione per il richiamo al salmo 69, dove il gesto ha un significato
ostile. La derisione dei soldati è parallela a quella dei capi giudei, ma si
concentra sull'aspetto politico, come nell'accusa nel processo romano. Dal
punto di vista narrativo, essa è plausibile, poiché riprende i termini del titulus, scritti su una tavoletta con
la sentenza del condannato, e non indica
solo il motivo della condanna, ma è collegata agli scherni dei soldati. La
denominazione re dei giudei, presente
in tutti e quattro i vangeli, è senza dubbio storica, ed è l'unica cosa
conosciuta che sia stata scritta su Gesù durante tutta la sua vita.
Mentre l'evangelista Marco conclude la scena della
crocifissione dicendo: “anche coloro che erano crocifissi con lui lo
insultavano”, Luca differenzia i due crocifissi. Il primo malfattore si associa
agli scherni dei presenti, più precisamente a quelli dei capi, riprendendo in
forma negativa il sarcasmo.
Per ben tre volte risuona il salva
te stesso.
Non è da dimenticare che sullo sfondo della scena c’è, non
la solita folla, ma il popolo, che, però, è in
atteggiamento passivo: infatti stava a vedere;
a differenza dei capi e perfino dei soldati che deridevano
Gesù.
Nessuna risposta da parte del Condannato.
La preghiera del buon ladrone e la promessa di Gesù
Il buon ladrone si rivolge direttamente al Crocifisso e lo
interpella col vocativo Gesù, esclamazione
sorprendente perché unica nel Nuovo Testamento. Il malfattore pentito non si
rivolge a Dio, ma a Gesù, e lo riconosce nella sua funzione messianica. E'
chiaro l'orientamento cristologico che caratterizza la preghiera cristiana. Per
il buon ladrone Gesù è il Messia risorto, col quale ha trovato un rapporto
personale. La sua preghiera viene però formulata nella lingua e nelle categorie
della preghiera giudaica (giudeocristiana). Il ricordarsi
è un elemento tipico di tale preghiera. Si chiede a Dio di posare uno sguardo
di bontà, intervenendo a favore dell'orante.
L'ultima parte della preghiera, quando entrerai nel tuo regno, ha diverse varianti
testuali di una certa rilevanza. Forse è meglio mantenere il senso semitico
della parola: il ladrone aspetta il regno messianico (il
tuo regno) dell'attesa giudeo-cristiana: aspettava una salvezza futura
situata alla fine dei tempi. Gesù gli garantisce la salvezza oggi. La promessa è solenne e ha il carattere di
un correttivo rispetto all'attesa escatologica giudaica del ladrone, tanto più
che l’oggi è posto enfaticamente all'inizio
della frase, come attualizzazione del tempo di salvezza nel presente
(sottolineatura essenziale nella teologia di Luca).
Alquanto inattesa è la parola paradiso.
Il termine è di origine persiana e aveva il senso di parco, giardino recintato.
La Bibbia greca dei Settanta lo utilizza per indicare il giardino dell'Eden
descritto in Genesi. La parola indica quindi un luogo di felicità: nella
letteratura apocalittica il paradiso diventa l'Eden escatologico, nascosto ora
nel cielo per scendere sulla terra alla fine dei tempi.
Con la carica di entusiasmo che gli è tipica, Luca
tratteggia in modo appassionato la tenerezza del Cristo con un avverbio: oggi; è l’oggi della salvezza, in cui il tempo ha
una durata destinata a non finire; l’oggi in cui il tempo non verrà fermato
nell’immobilità di quella che chiamiamo impropriamente eternità; l’oggi della salvezza definitiva. [il termine
greco aion, in latino aevum, significa tempo senza limiti, tempo
compiuto, giunto alla perfezione].
In
quest’ottica Gesù promette il paradiso al malfattore pentito.
[Ma cos’è per noi moderni il
paradiso? Forse conserviamo l’immagine materialistica di una felicità che non
sappiamo nemmeno in cosa consista. Al contrario la mistica lo considera come
un non-luogo perché è lo spazio dello
spirito umano in rapporto intimo con lo Spirito dello stesso Dio.]
Due fatterelli per concludere
Una vecchietta
serena, sul letto d'ospedale, parlava con il parroco che era venuto a
visitarla: Il Signore mi ha donato una vita bellissima. Sono pronta a
partire. "Lo so", rispose il parroco. C'è una cosa che
desidero. Quando mi seppelliranno voglio avere un cucchiaino in mano. Il
parroco autenticamente sorpreso, le chiese il perché di tale stravaganza. Mi
è sempre piaciuto partecipare ai pranzi e alle cene delle feste in parrocchia.
Quando arrivavo vicino al mio posto guardavo subito se c'era il cucchiaino
vicino al piatto. Sa che cosa voleva dire? Che alla fine sarebbero arrivati il
dolce o il gelato. "E allora?". Significava che il meglio
arrivava alla fine. È proprio questo che voglio dire al mio funerale. Quando
passeranno davanti alla mia bara si chiederanno: perché quel cucchiaino? Voglio
che lei risponda che io ho il cucchiaino perché sta arrivando il meglio.
Un ragazzo chiede
alla guida spirituale del gruppo a cui apparteneva: Quale è il senso della vita?
La risposta è piaciuta anche a me: il senso che tu gli darai.
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