XXIX DOMENICA T.O. anno C
Lc 19.1-8
In quel tempo, 1 Gesù
diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza
stancarsi mai: 2 «In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né
aveva riguardo per alcuno. 3
In quella città c’era anche una vedova, che
andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. 4 Per
un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e
non ho riguardo per alcuno, 5
dato che questa vedova mi dà tanto fastidio,
le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». 6 E il
Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7 E
Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso
di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8 Io vi dico che farà loro
giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede
sulla terra?».
Commento
Il brano del vangelo di Luca proposto dalla liturgia di questa domenica pone
al centro della nostra riflessione la preghiera di domanda.
La parabola del giudice il quale soccorre soltanto per
togliersela dai piedi la vedova che lo importuna perché le sia fatta giustizia,
sorprende quando Luca mette nella bocca di Gesù una frase sconcertante: v.6 Ascoltate
ciò che dice il giudice disonesto; e cioè
come a via di chiedere, la vedova è ascoltata da un giudice disonesto, così avviene
a chi persevera nel chiedere aiuto a Dio. Il che sarebbe in contrasto con la frase del Vangelo secondo Matteo, in
cui Gesù dice: Non moltiplicate le
parole, Dio sa già ciò di cui avete bisogno.
Questa discordanza tra
i due non deve meravigliare: poche volte il singolo evangelista scrive di suo
pugno; qualche altro redattore trascrive i ricordi lontani della vita di Gesù,
raccolti da diverse fonti e dai risultati dell’elaborazione fatta nella
comunità.
L’aspetto più chiaro che appare
nella strana parabola è l’importanza fondamentale della preghiera di petizione.
Non è da dimenticare che Luca è preoccupato per il fatto che, in un tempo di
persecuzione, i discepoli possano essere propensi a scoraggiarsi. La parabola
viene applicata alla loro situazione di disagio; essi si identificano con la
vedova, la quale nell’antichità era modello delle persone meno protette ed
abbandonate dalla società e, di conseguenza, desideravano ottenere giustizia di
fronte ai persecutori. Tuttavia, di fronte al trascorrere del tempo senza che
la situazione cambiasse, potevano spazientirsi come la vedova (v.7 Li farà forse aspettare a lungo?).
Ma il giudice
disonesto non è Dio. Egli non ascolta perché sollecitato dalla molestia delle
insistenze. Bisogna stare attenti a non equivocare, paragonando il giudice
disonesto a Dio!
Agostino si domanda se Dio ha bisogno delle nostre
preghiere e risponde a questo quesito: No,
siamo noi a essere nella necessità di rivolgerci al Signore. Siamo fatti per
Dio e non lo sappiamo. Il nostro destino è spezzettato in mille frantumi che ci
attirano verso le persone, cose, situazioni, nelle quali riponiamo la nostra
attesa di felicità, ma che sono più piccole del nostro cuore che è fatto per il
sommo Bene.
L.Ferrajoli afferma: il Diritto è veramente diritto quando è la legge del più debole, e non
è la legge che protegge il più forte.
Stando così le cose, si comprende perfino l’attualità di
questa parabola.
Luca ha a cuore il tema della giustizia sociale. All’inizio
del suo vangelo, nel Magnificat, inno di lode messo in bocca a Maria e a
Elisabetta, c’era scritto che il Signore
ha disperso i superbi, ha rovesciato i potenti dai troni, ha ricolmato di beni
gli affamati e ha rimandato i ricchi a mani vuote.
La povera vedova che chiedeva giustizia al giudice ingiusto,
è l’immensa marea dei poveri della terra i quali, giocandosi la vita, cercano,
disperati, le cose e le frontiere di Europa e degli USA, protestando per avere
i diritti negati. E come loro siamo in qualche modo anche noi, quando ci
sentiamo scomodati dall’affollarsi di questa gente che ci appare estranea alla
nostra mentalità.
Quanto al comportamento di Dio quando lo supplichiamo, cerchiamo
di capire meglio.
Ne usciremmo delusi se
trattassimo il Dio pregato ad oggetto da piegare alle nostre angustie. La
preghiera è tutt’altro. E’ lo spazio dove il nostro desiderio si allarga
all'infinito, fino a diventare amore puro e disinteressato.
Sono tante le
diramazioni del nostro desiderio che dobbiamo ricondurre all'unità dell'unico
Bene.
Pregare è talvolta
gridare al Signore il nostro desiderio irrimediabilmente sbriciolato, e insieme
aprire il nostro cuore perché diventi capace di vedere il Bene offerto proprio
in quella situazione, senza la pretesa di vederla scomparire con un colpo di
bacchetta magica, ma restando sotto il suo sguardo per trovare solo la forza
di starci dentro, di starci assieme a tutti i disperati del mondo.
La domanda finale di Gesù: Ma il Figlio
dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? può sembrare pessimista e fuori posto. Ma il
vangelo va letto con saggezza e soprattutto nella predisposizione a cambiare
qualcosa nella nostra vita. Qui ci interpella con forza a pregare con fede
pura.
Introducendo il titolo di Figlio dell'uomo (espressione
che nel libo di Ezechiele ricorre più di 90
volte; Dio si rivolge al profeta chiamandolo Figlio dell'uomo),
Luca si aggancia alla piccola apocalisse scritta da lui stesso al cap.17, e col
tema della fede si ricollega a quello della preghiera incessante. Dal confronto
emerge che fede e preghiera ottengono un orientamento escatologico (= riguardante
le realtà finali). La preghiera è ciò che mantiene viva la fede del
credente nel tempo che lo separa dal ritorno del Figlio dell'uomo. Per fede qui
si intende l'esistenza del cristiano vissuta nella vigilanza e nella fedeltà;
fedeltà al Vangelo che viene mantenuta nel momento della prova. Davanti
all'attesa della Parusia (letteralmente ‘presenza’, ma qui significa ‘venuta’)
Luca pone l'attenzione non su cosa avverrà, ma sulla prontezza dei cristiani a
riconoscerlo e ad accoglierlo alla fine dei tempi. In ultima analisi per Luca la
preghiera è l'atteggiamento necessario nel tempo che precede la Parusia (letteralmente
‘presenza’, in senso biblico ‘venuta’ del momento definitivo quale è la fine
del mondo) e coincide con tutta la vita cristiana, segnata dalla
certezza dell'intervento di Dio, il quale non mancherà se siamo vigilanti e
perseveranti nella fede.
Ma Dio esaudisce le preghiere?
Rispondiamo con Bonhoeffer: Dio esaudisce sempre, ma
non le nostre richieste, bensì le sue promesse.
Forse la semplice, lapidaria conclusione che dobbiamo
trarre dalla lettura di questo brano è: preghiamo pure per le nostre angustie, ma
chiediamo nello stesso tempo di essere trasformati. Allora vedremo le
stesse angustie sotto un’altra angolatura.
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