DOMENICA XVII
T.O. anno C
Lc 11,1-13
1 Gesù si trovava in un luogo a
pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore,
insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». 2
Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre,
sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno; 3 dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, 4 e perdona a noi i
nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non
abbandonarci alla tentazione». 5
Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli:
“Amico, prestami tre pani, 6 perché
è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, 7 e se quello dall’interno gli
risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo
a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, 8 vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo
amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene
occorrono. 9 Ebbene, io vi dico:
chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10 Perché chiunque chiede riceve e chi
cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al
posto del pesce? 12 O se gli chiede
un uovo, gli darà uno scorpione? 13
Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli,
quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo
chiedono!».
Commento
INTRODUZIONE
- Molti credono che il Padre nostro sia nato nella formulazione
che troviamo nei vangeli; invece era la preghiera ebraica biblica tradizionale.
E c’è da aggiungere che l’invocazione al Sommo Dio era presente anche in altre
culture.
- Nei vangeli sinottici c’è una leggera differenza tra la
versione di Matteo e quella di Luca. Tra l’altro Matteo si esprime con piglio
più marcatamente ebraico.
- Gli esegeti concordano nel ritenere la versione di Luca
come la più antica. Accenniamo a come si è giunti a tale assunto. Gli scrittori
successivi ad ogni opera, solitamente aggiungevano qualcosa alla versione
originale, ma non toglievano mai la parte essenziale. E quella (versione) di
Luca è la più breve, quindi non ritoccata. Inoltre tutta la produzione lucana è
fortemente contrassegnata dal posto centrale che ha la preghiera, mai scissa
dalla dimensione orizzontale; proprio mentre sia gentili sia giudei avevano
convertito la preghiera e la pratica ad essa ispirata, in atto meramente
esteriore.
- Nel Pater si
condensa tutto il contenuto evangelico. Già Tertulliano chiamava il Padre
nostro Breviarium totius Evangelii.
La stessa cosa vediamo confermata in altre testimonianze. Ne ricordiamo alcune:
Teresa d’Avila affermava che
dobbiamo far compenetrare intelletto e volontà dalla preghiera del Pater. Una consorella di Teresa del Bambino Gesù racconta che,
quando Teresa lo recitava, alcune lacrime
brillavano nei suoi occhi. E Madre
Teresa di Calcutta si esprimeva con questa immagine: Dio guarda la Sua mano
e nel palmo vede inciso il nome di coloro che traducono in pratica il Pater.
ANALISI TESTUALE
1… uno dei suoi discepoli gli
disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi
discepoli».
La domanda di quel discepolo sembra ingenua; rra infatti
scontato che il Pater fosse già la
preghiera ufficiale. Anzi nell’AT Dio è presentato non solo come Padre ma anche
con atteggiamenti di madre.
Quel discepolo, dopo aver chiesto che Gesù insegni, a coloro che
facevano parte della comunità, a pregare, aggiunge: come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli.
Risulta chiaro che il maestro di ciascuna comunità fornisse i suoi particolari insegnamenti
per formare i membri della comunità in modo da caratterizzarla.
2 Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite: Padre…
Gesù
invita i discepoli a rivolgersi a Dio nella preghiera chiamandolo Padre. A
differenza di Matteo, Luca non aggiunge l'aggettivo "nostro",
accentuando meno l'aspetto comunitario; d'altra parte, il fatto d' invocare il
comune Padre costituisce il miglior collante dell'unità comunitaria dei
discepoli. Dire “Padre” significa entrare nell’atmosfera di familiarità che
qualifica chi prega come figlio.
… sia santificato il tuo nome: chiedo cioè che il Suo nome
sia santificato dalla mia vita; chiedo che la Sua persona sia visibile nella
mia.
… venga il tuo regno: Il
verbo greco non significa “venga”, ma si estenda: dal
momento che c’è una comunità di discepoli la quale ha accolto le beatitudini di
Gesù, il Regno di Dio c’è già.
Dalla Bibbia, soprattutto dai salmi e dalle parabole di
Gesù, si ricavano alcune caratteristiche del regno di Dio sulla terra, un mondo
dove vi sia giustizia, riconciliazione; un mondo liberato da tutti i mali: discriminazione,
violenze, sofferenza, fame… Venga il regno di Dio dentro i cuori e nelle
coscienze perché siano orientate verso i valori del Regno; entri anche nelle
famiglie, nelle strutture della società, nelle leggi, nelle impostazioni della
politica e dell’economia, nelle strutture sanitarie, negli ospedali, nelle
scuole…
Nel salmo di oggi leggiamo: Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai
risposto, / hai stimolato nel mio essere la forza. // Ti renderanno grazie,
Jahweh, tutti i re della terra / perché hanno udito le parole della tua bocca.
3 dacci ogni giorno il nostro
pane quotidiano
L’aggettivo epiousion, avendo l’articolo
davanti, designa un pane speciale, che si distingue dagli altri. E’ un
aggettivo derivante da due elementi: epì = sopra, ousìa = essenza, realtà,
sostanza; quindi il pane chiesto è un pane necessario e sostanzioso, non
superfluo.
Ma la parola ‘pane’ richiamava anche alle menti delle prime
comunità cristiane certe frasi di Gesù, come ad es. “Non di solo pane vivrà l’uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.
- Il pane da chiedere non è il mio, è il nostro pane, di
tutti.
A questo punto c’è da dire che il significato vero di questa
domanda è delucidato anche attraverso la parabola che segue alle tre suppliche.
Se la prima e la terza parte del brano hanno dei paralleli nella tradizione
sinottica, la parabola centrale è propria del solo Luca. Egli la inserisce quasi
a commento della coppia dare-ricevere nella quale si dispiega il tu a Tu della
preghiera per ottenere il nutrimento necessario.[Ho avuto
la sensazione che l’agire divino sia mirato a farsi importunare, ai fini di far
maturare, nel cuore dell’orante, la certezza che la sua insistenza avrebbe
avuto la meglio solo quando, non il Padre, ma il figlio si convertisse. Non
capita così anche ai genitori quando essi quasi-fingono di non voler ascoltare
i figli affinché la richiesta non serva da scorciatoia per ottenere senza
impegnarsi?]
- Dicendo
ogni giorno, le prime comunità cristiane si ricordavano della manna,
cibo speciale che scendeva dal cielo, ma solo nella quantità che bastasse per
un unico giorno: se lo si raccoglieva in sovrappiù, il giorno dopo ammuffiva.
4 e perdona a noi i nostri
peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore, e non
abbandonarci alla tentazione.
Questo versetto consta di una duplice richiesta: di perdono e di
aiuto nella tentazione.
C’è qualcosa di sconcertante nell’una e nell’altra richiesta.
Nella prima pare strano il voler mercanteggiare con Dio il perdono. La chiave
per sciogliere l’enigma l’ho trovato in Madre Teresa di Calcutta, nella frase “Perdonare
per essere perdonati”. Che significa: come osare di ottenere il perdono se io non
perdono? Non è che io debba fare il primo passo, ma non posso ottenere la
grazia del perdono per via di una preghiera. A volte sembra impossibile
perdonare un’offesa che soffoca perché schiacciante; ci vorrebbe una terapia
per superare un’ingiustizia che Dio stesso non dovrebbe tollerare. Ci sono
difficoltà spirituali che hanno la connivenza dei nostri istinti, del nostro
temperamento, della nostra situazione psicofisica quando è corrosa dal
risentimento. . Eppure una terapia c’è. la terapia della misericordia.
4 e perdona a
noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore
La prima riflessione da fare è questa: perdonare i peccati
non è un dovere di giustizia. Per giustizia i debiti devono essere restituiti,
il creditore ha diritto alla restituzione. Il debitore non può mai esigere che
gli vengano condonati i debiti: pertanto il perdono non si può pretendere; si
può chiedere, ma rimane sempre una gratuità.
È un dono, anzi un superdono. Davanti a Dio, se abbiamo
fatto qualche peccato, non abbiamo nessun diritto di ottenere il perdono, ma lo
possiamo implorare. I nostri sforzi senza l’aiuto di Dio sono orientati non a
pretendere il perdono, ma a rafforzare la nostra preghiera.
e non abbandonarci alla
tentazione
Questa è una brutta traduzione, quasi che sia Dio ad indurci
in tentazione.
Il significato di questa richiesta dipende dalla parola prova,
in greco peirasmòs che ha due significati: tentazione (al male, al
peccato) e lotta (difficoltà, pericolo, prova…).
Mettendo insieme i due significati la preghiera prende
questo senso: che le prove della vita non diventino una tentazione; che nelle
prove, nelle difficoltà, io non ceda, non mi abbatta, non mi allontani da Dio,
non cada nel male; che siano piuttosto dei test che verificano la mia fede, la
mia volontà di bene.
DUPLICE RIFLESSIONE
a) Il comportamento cristiano
Il comportamento non è motivato da senso di giustizia o di
diritto naturale o di filantropia, ma è fondato sull’imitazione di Cristo. I
cristiani hanno un unico comandamento che è il loro distintivo: Amatevi come
io vi ho amato (cfr. Gv 13,34-36), dove la paroletta più importante è come.
Frutto anche di una logica interna è far ridondare sugli
altri un dono che noi per primi abbiamo ricevuto: “io sono stato perdonato da
Dio, sono stato graziato senza nessun mio merito… sono così contento che
perdono a mia volta anche se l’altro non lo merita”.
b) Suggerimenti concreti
Si sente dire spesso: “Perdono, ma non dimentico”. Paolo
spiega che non si tratta di dimenticare l’offesa, ma di guardarla bene in
faccia e di superarla con il bene. Gesù non dimentica i nostri peccati, li
conosce molto bene, ma ci perdona E
allora, per fare come Gesù dobbiamo dire: “Non dimentico, ma perdono lo
stesso pienamente”.
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