INTRODUZIONE
- Il
vangelo di Giovanni.
Gli
altri tre vangeli scattano la fotografia dei miracoli. Giovanni scatta il
Raggio-X, rivelando un senso più profondo.
Per
esempio, i sinottici menzionano ventotto miracoli; Giovanni ne menziona appena
sette e li chiama segni. Amplia la
narrazione di questi segni – nessun altro evangelista è quanto lui minuzioso nel
farne il racconto -, ma gli preme mettere al centro il Padre che ne è il vero
Autore. Il segno che riguarda la risurrezione di Lazzaro apre la strada per
l'arrivo dell'Ora, della glorificazione che avviene attraverso la morte. Ed è
Interessante notare che una delle cause della condanna di Gesù sarà la
risurrezione di Lazzaro. I discepoli non possono capire (Gv 11,6-8); ma, anche
se non capiscono, sono disposti ad andare e morire con Lui.
L'episodio di Lazzaro va ben al di là del semplice evento prodigioso, in
quanto anch'esso -come quello di Bartimeo- coinvolge aspetti che riguardano,
sia la sfera politica sia quella dei sentimenti umani. Questa pericope, se
vogliamo, avrebbe dovuto intitolarsi non "resurrezione di Lazzaro" ma
"manifestazione dell'umanità del messia".
Credibile è l'ipotesi avanzata da qualche esegeta secondo cui la
resurrezione di Lazzaro sarebbe stata in origine una semplice guarigione, forse
avvenuta in un momento diverso da quello descritto nel IV vangelo, il cui
significato è stato gonfiato da redattori prevalentemente di origine giudaica.
La fonte, o la tradizione più originaria della pericope, va ricercata nella
Giudea, come per gran parte dei racconti giovannei, ma il testo è stato
sicuramente manipolato a più riprese da altri redattori cristiani influenzati
dalle culture giudaico-mistica e gnostico-ellenistica.
- Temi dominanti
a) Resurrezione e Vita
Gesù è posto faccia a faccia con l'amicizia e con la morte,
con l'amore e col dolore, le due forze presenti in ogni cuore. Lo vediamo
coinvolto fino a fremere e gridare come in nessun'altra pagina del Vangelo. Di
Lazzaro sappiamo solo che era fratello di Marta e Maria e che Gesù era suo
amico: perché amico è un nome che ha pertinenza col divino. Per lui l'Amico
pronuncia due tra le parole più importanti del Vangelo: Io sono la resurrezione e la vita;
non dice: io sarò ma io sono; e prima viene la Resurrezione e
poi la Vita: è la liberazione (dal peccato e dal male) a segnare l’ingresso
nella vera Vita, capace di superare la morte.
b) Gesù, l’Amico
Gesù riconsegna, o meglio si fa strumento di questa possibilità
in favore dell’Amico (cioè il vero discepolo di Gesù, rappresentato da Lazzaro).
La parola Amico tocca il cuore di chi legge: la morte è sconfitta in Lazzaro,
perché amato.
c) La pietra del sepolcro di Lazzaro
Una pietra sottrae Lazzaro alla prima morte. Alla seconda
morte può sottrarre soltanto il vero autore del miracolo, il Datore della vita
duratura.
ANALISI del brano di Giovanni
1 Un certo Lazzaro di Betania, il villaggio di Maria
e di Marta sua sorella, era malato. 2 Maria era quella che cosparse di
profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello
Lazzaro era malato. 3 Le sorelle mandarono dunque a dirgli: Signore,
ecco, colui che tu ami è malato. 4 All'udire questo, Gesù disse: Questa
malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo
di essa il Figlio di Dio venga glorificato. 5 Gesù amava Marta e sua
sorella e Lazzaro. 6 Quando sentì che era malato, rimase per due giorni
nel luogo dove si trovava.
1 È la
prima volta che in Giovanni un infermo è presentato con il suo nome: Lazzaro è
una forma abbreviata di Eleazar che significa “Dio –El- aiuta”. Il villaggio nei
Vangeli ha quasi sempre un significato negativo, in quanto è il luogo
condizionato dall’ideologia della città, dove le tradizioni sono più difficili
da sradicare. Qui la comunità dei credenti risiede nel villaggio [non ha ancora rotto con l’istituzione?].
2 L’unzione di Maria è
segnalata sempre da Giovanni in riferimento alla morte-risurrezione di Gesù.
3 L’espressione colui
che tu ami è tesa non tanto a sottolineare
l’amicizia di Gesù per Lazzaro, quanto la sua amicizia per quanti
lo seguono (l’episodio nasce nel contesto della formazione dei discepoli nella comunità
di Giovanni).
4 La frase è per la gloria di Dio è la
stessa di quella dell’episodio del cieco nato; il termine gloria significa
biblicamente trionfo finale, nella persona, dell’amore divino.
5 Giovanni aveva prima
indicato la relazione tra Gesù e Lazzaro con il verbo fileo, che denota affetto di amicizia, ora usa il verbo agarao, da agan e reo (=scorro impetuoso), per indicare un amore
che ha attraversato l’agone, la lotta, per essere portatore di Vita.
6 Come mai Gesù che vuole bene alla comunità, sentito che uno
dei membri è grave, anziché accorrere, si trattiene? La spiegazione forse può
trovarsi nel fatto che Gesù non è venuto ad alterare il ciclo normale della
vita fisica, eliminando la morte biologica, ma a dare ad essa un nuovo
significato.
7 Poi disse ai discepoli: Andiamo di nuovo in
Giudea! 8 I discepoli gli dissero: Rabbì, poco
fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?. 9 Gesù
rispose: Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di
giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10 ma se
cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui. 11
Disse queste cose e poi soggiunse loro: Lazzaro, il nostro amico,
si è addormentato; ma io vado a svegliarlo. 12 Gli dissero
allora i discepoli: Signore, se si è addormentato, si salverà. 13
Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse
del riposo del sonno. 14 Allora Gesù disse loro apertamente: Lazzaro
è morto 15 e io sono contento per voi di non essere stato là,
affinché voi crediate; ma andiamo da lui!. 16 Allora Tommaso,
chiamato Didimo, disse agli altri discepoli: Andiamo anche noi a morire con
lui!
In
questi versetti c’è il primo dialogo con i discepoli, centrato sulla loro
incomprensione, sia nei riguardi della malattia (sofferenza), sia nei riguardi
della morte. Forse essi vogliono trattenere presso di loro Gesù, consapevoli
che in Giudea egli corre serio pericolo.
Nel v.9 la
frase Non sono forse dodici le ore
del giorno… probabilmente è la citazione di un proverbio, applicato da Giovanni
a Gesù, alla sua missione sulla terra; la quale durerà fino a che non sarà
giunta la sua ora, la notte, in cui i
suoi nemici potranno ucciderlo.
Nel v.16
sorprende l'affermazione di Tommaso Andiamo anche noi a morire con lui:
con essa Giovanni, da catechista animatore della comunità, la sollecita nella
sequela coraggiosa e piena disponibilità, fino al punto di voler morire con
lui.
17 Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da
quattro giorni era nel sepolcro. 18 Betania distava da
Gerusalemme meno di tre chilometri 19 e molti Giudei erano
venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20 Marta dunque,
come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa.
21 Marta disse a Gesù: Signore, se tu fossi
stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22 Ma anche ora
so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà. 23
Gesù le disse: Tuo fratello risorgerà. 24 Gli
rispose Marta: So che risorgerà nella risurrezione dell'ultimo
giorno. 25 Gesù le disse: Io sono la risurrezione e la
vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26 chiunque vive e crede
in me, non morirà in eterno. Credi questo?. 27 Gli rispose:
Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio,
colui che viene nel mondo.
Nei vv,17-23
viene evocata la tradizione giudaica in occasione della morte di un ebreo (2Sam
10,2; Sir22,11) e viene notata la presenza di molti giudei venuti da
Gerusalemme. All'epoca di Gesù si pensava che dopo la morte lo spirito del
defunto restasse nei pressi del corpo per tre giorni e solo nel quarto lo
lasciasse, quando iniziava la corruzione (cfr. v. 39). Il diverso atteggiamento
di Marta e Maria corrisponde al testo lucano
e dà a Giovanni l'occasione di
proporre due distinti dialoghi (alcuni esegeti pensano che il dialogo con Marta
sia un'aggiunta con intento teologico, visto che il dialogo con Maria è più
arcaico).
Nel v.24 la frase So che risorgerà nella risurrezione
dell'ultimo giorno sottolinea
la confidenza e la fiducia che intercorre tra Marta e Gesù e anche la fede nella
resurrezione, sulla linea dell'insegnamento ortodosso ebraico. Ma Gesù vuole condurre
la fede di Marta a maggiore profondità.
Nei vv,25-27 c’è
l’eco della chiesa delle origini, che la chiesa di oggi perpetua quando nella
celebrazione della liturgia funebre, pronuncia le due professioni di fede: Io sono la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà.
L’Io sono
sottolinea la centralità di ciò che la persona è chiamata a rappresentare, e il
chi crede in me
precisa quale è la vera fede: entrare nel cuore del mistero della Vita duratura
e piena. Ecco perché Marta risponde affermando l’identità di Gesù: io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio
[più volte, in questo lavoro, è stato messo in luce il significato biblico
originario della definizione Figlio di
Dio].
28 Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua
sorella, e di nascosto le disse: Il Maestro è qui e ti chiama. 29
Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30 Gesù non era entrato
nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31
Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi
in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro. 32
Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi
piedi dicendogli: Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe
morto. 33 Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i
Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34
domandò: Dove lo avete posto?. Gli dissero: Signore, vieni a
vedere!. 35 Gesù scoppiò in pianto. 36 Dissero allora i
Giudei: Guarda come lo amava!. 37 Ma alcuni di loro dissero: Lui,
che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non
morisse?.
Nei vv.28-31
Marta, dopo l’incontro con Gesù, va a chiamare la sorella, che era rimasta in
casa con le persone venute a condolersi per il fratello; le parole che utilizza
I-Il Maestro è qui e ti chiama-
traducono un senso di intimità, e nello stesso tempo indicano che l'iniziativa
per l'incontro viene sempre da Gesù. Il senso di segreto è un espediente
letterario, teso a far sì che coloro i quali stavano in casa con le sorelle
accorrano e possano essere i testimoni del segno che Gesù compirà.
Nel v.32 Maria
si rivolge a Gesù con le stesse parole della sorella, esprimendo confidenza e
speranza nella presenza dell'amico Gesù. In Maria è personificato chi crede che
anche nei riguardi della morte bisogna dar posto alla speranza.
Nel v.33 si
descrive il turbamento di Gesù, che va oltre la commozione. In greco abbiamo
un verbo strano, embrimesthai, che letteralmente significa fu preso
da collera. Giovanni poteva scegliere altri verbi che esprimessero dolore e
tenerezza; ma qui adopera un questo che esprime un senso di collera e di
ribellione di fronte al dolore, poiché il dolore a volte travalica ed è un
mistero scandaloso. I Padri della Chiesa avvicinano questo turbamento a
quello che Gesù sperimenterà nell'orto del Getsemani (cfr. Mc 14,33), segno
della lotta contro il male.
Nel v.34 alla
frase pronunziata da Marta (So che
risorgerà nella risurrezione dell'ultimo giorno) Gesù inizia a
prendere le distanze: dove lo avete posto? Sono essi che l’hanno
collocato in un sepolcro senza speranza. L’espressione vieni e
vedi viene usata da Giovanni all’inizio del suo Vangelo
nell’invito fatto da Filippo a Natanaele per condurlo da Gesù; ma qui,
in bocca ai Giudei, è l’indicazione del fatto che Gesù si dirige verso la morte.
Nel v.35 quel che succede – il pianto
disperato dei Giudei e il pianto di di commozione di Gesù, come nell’episodio
della figlia di Giairo – si presta ad una chiara interpretazione: dal punto di
vista narrativo le lacrime di Gesù mancherebbero di significato se egli avesse
voluto rendere a Lazzaro la vita fisica; esse mostrano, sì, il dolore e l’affetto
per il discepolo suo amico, ma soprattutto la compartecipazione al dolore umano,.
Nei vv.36-37 il
fatto che siano descritte due reazioni diverse degli astanti, è segno della
incapacità umana di comprendere l'animo di Gesù e la sua missione: fintanto che
la comunità cristiana ritiene Gesù un profeta, un inviato da Dio, gode di
simpatia tra il popolo, ma quando la comunità giunge a riconoscere in Gesù il portatore
di una missione nella terra, estesa ai seguaci, è motivo di
inquietudine; tanto che Marta ora agisce di nascosto.
38 Allora Gesù, ancora una volta commosso
profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta
una pietra. 39 Disse Gesù: Togliete la pietra!. Gli
rispose Marta, la sorella del morto: Signore, manda già cattivo odore: è lì
da quattro giorni. 40 Le disse Gesù: Non ti ho detto che, se
crederai, vedrai la gloria di Dio?. 41 Tolsero dunque la pietra.
Gesù allora alzò gli occhi e disse: Padre, ti rendo grazie perché mi hai
ascoltato. 42 Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l'ho detto per la
gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato. 43
Detto questo, gridò a gran voce: Lazzaro, vieni fuori!. 44
Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un
sudario. Gesù disse loro: Liberatelo e lasciatelo andare. 45 Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla
vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.
Nel v.38 l’evangelista
evidenzia l'emozione di Gesù.
Nel v.39 è riportato
l’ordine di Gesù ai presenti:Togliete
la pietra! Lazzaro, infatti. era sepolto in una grotta, davanti a cui
veniva rotolata una grande pietra, simbolo di morte definitiva.
Nel v.40
Marta osserva che il fratello era sepolto da quattro giorni, e Gesù la invita
nuovamente alla fede per poter vedere la gloria di Dio. E' questa un'idea teologica
propria dei sinottici [alla quale abbiamo fatto cenno nella Introduzione]
Nei vv.41-42 il
fatto che Gesù ringrazi prima ancora di vedere esaudita la sua richiesta e
preghi rivolgendosi a Dio come Padre,
mette in risalto la grande comunione con Lui.
Nel v.43 Gesù non fa una richiesta,
ma dà un comando a
gran voce, in modo da dare vigore e potere alle alle sue parole,
così come Dio nella creazione.
Nel v.44
Lazzaro risorge legato e per morire di nuovo; quasi a dimostrare che Gesù, a
differenza di Lazzaro che in seguito morirà, risorgerà libero, non più soggetto
alla morte, come lo saremo tutti, nonostante le nostre colpe.
Nel v.45 si
conclude che alcuni Giudei scelgono tra Gesù e l’istituzione. L’espressione visto
le cose che aveva fatto nella traduzione letteraria
risulta ambigua: può venire applicata a Gesù ma pure a Maria, rappresentante
della comunità. L’azione è opera di entrambi: Gesù ha mostrato Lazzaro vivo, ma
è stata la comunità che lo ha sciolto e lasciato andare, perché ha compreso la
qualità di vita comunicata da Gesù e ha perduto la paura
della morte. Con ciò essa (la comunità) si fa testimone visibile di questa
vita, diventando la luce che attrae quanti sono nelle tenebre.
CONCLUSIONE
Preghiamo col salmo 129
Dal profondo
a te grido, o Signore; Signore, ascolta la mia voce. / Siano i tuoi orecchi
attenti alla voce della mia supplica. /
Se consideri le colpe, Signore, Signore, chi ti può resistere? / Ma con te è il perdono: così avremo il
tuo timore. / Io spero, Signore. / Spera l’anima mia, attendendo la sua parola.
/ L’anima mia è rivolta al Signore più che le sentinelle all’aurora. / Più che
le sentinelle l’aurora, Israele attenda il Signore, perché con il Signore è la
misericordia e grande è con lui la redenzione. / Egli redimerà Israele da tutte le sue colpe.