ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE
1) I testi
Nm 21,4b
In quei giorni, il popolo non
sopportò il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mosè:Perché ci
avete fatto salire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Perché qui
non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo cibo così leggero. Allora
il Signore mandò fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e
un gran numero d’Israeliti morì. Il popolo venne da Mosè e disse: Abbiamo peccato, perché abbiamo
parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da
noi questi serpenti. Mosè pregò per il popolo. Il Signore disse a
Mosè: Fatti un serpente e
mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita.
Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l’asta; quando un
serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo,
restava in vita.
Sal 77
Ascolta, popolo mio, la mia legge, /
porgi l’orecchio alle parole della mia bocca. / Aprirò la mia bocca con una
parabola, / rievocherò gli enigmi dei tempi antichi. / Quando li uccideva, lo
cercavano / e tornavano a rivolgersi a lui, / ricordavano che Dio è la loro
roccia / e Dio, l’Altissimo, il loro redentore. / Lo lusingavano con la loro
bocca, / ma gli mentivano con la lingua: / il loro cuore non era costante verso
di lui / e non erano fedeli alla sua alleanza. / Ma lui, misericordioso,
perdonava la colpa, / invece di distruggere. / Molte volte trattenne la sua ira
/ e non scatenò il suo furore.
Fil 2,6-11
Cristo Gesù, pur essendo nella
condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò
se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino
alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si
pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: Gesù Cristo è Signore!, a gloria
di Dio Padre.
Gv 3,13-17
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: 13 Nessuno è mai salito
al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. 14 E come Mosè innalzò il
serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15 perché chiunque crede in lui
abbia la vita eterna. 16 Dio infatti ha tanto amato
il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada
perduto, ma abbia la vita eterna. 17 Dio,
infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché
il mondo sia salvato per mezzo di lui.
2 La festività
La festività odierna che interrompe
il normale ciclo delle domeniche, ha maggiore rilevanza per i cristiani
orientali, i quali la considerano quasi una seconda Pasqua.
La Chiesa
cattolica,
molte Chiese protestanti e la Chiesa
Ortodossa la celebrano il 14
settembre,
anniversario del ritrovamento della Croce, avvenuto il 320 da parte di sant'Elena (madre dell’imperatore Costantino).
Nei secoli questa festività incluse anche la
commemorazione del recupero della Vera Croce, strappata
dall'imperatore Eraclio nel 620 dalle mani dei Persiani.
3 Veloce sguardo d’insieme sui testi
La prima lettura racconta che gli israeliti,
dopo essersi ribellati a Dio e a Mosè, vengono puniti. Rientrati in sé,
chiedono a Mosè di intercedere presso Dio. Il serpente, segno di morte terrore
fallimento sofferenza, diventa segno di vita, allo stesso modo in cui la croce,
segno di paura e di morte, diventa segno di Vita.
Il salmo
77 [78
nella Vulgata] con tutta probabilità
risale al tempo della riforma di Giosia, che tentò di liberare la Samaria,
operando la scissione dalla tribù di Giuda.
Il salmo da cui sono tratti i
versetti della liturgia odierna, descrive la sofferta ricerca di Dio da parte
dell'autore, la sua impotenza e le domande
che lo tormentano.
Accorato il grido del richiamo di Dio che risuona
nel salmo: Ascolta, popolo mio la mia legge.
Paolo nella lettera ai Filippesi riprende un inno antico che
circolava tra i cristiani, il quale canta l’obbedienza di Gesù al Padre: non
l’obbedienza forzata a una volontà superiore e non compresa, ma l’adesione
interiore a tutto un programma di vita da non sprecare, da far divenire
strumento di dono, cioè di amore.
Giovanni racconta il preannuncio della Pasqua
e morte di Gesù attraverso le sue parole rivolte a Nicodemo (il notabile giudeo
che si era recato da lui di notte, perché timoroso di subire l'ostracismo dei
suoi pari). La quintessenza del
discorso è nella distinzione tra Legge antica e Nuova: per raggiungere la
pienezza della Vita non è sufficiente condurre una vita secondo la legge di Dio
così come era intesa dai farisei, ma bisogna avere in sé la Vita, così come si
realizza in Gesù.
4 Analisi di Gv 3,13-17
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
Nicodemo, il cui nome deriva da nike=vittoria e dêmos=popolo, significa
vincitore del popolo. Giovanni lo usa per sottolineare la sua appartenenza al
gruppo dei farisei che erano fanatici osservanti della Legge e perciò
attendevano un Messia interprete ed osservante della Legge.
13 Nessuno è mai salito
al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo.
La frase colui che è disceso dal cielo è parallela alla frase che troviamo
nel Battesimo di Gesù, in cui l’evangelista afferma, per bocca del Battista, di
aver visto discendere su Gesù lo Spirito come una colomba dal cielo. Il
termine cielo ha un senso qualitativo: è l’ambito
della azione di Dio; quindi discendere dal cielo equivale a ricevere la
pienezza dello Spirito.
Figlio dell’uomo è locuzione che indica il prototipo
di un’umanità nuova grazie alla pienezza dello Spirito, di cui Gesù è inondato.
14 E come Mosè innalzò il serpente nel
deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo,
C’è qui il riferimento all’episodio
della storia d’Israele (prima lettura), accostato alla morte di croce di Gesù:
come il serpente di Mosè era un segno di vita che liberava dalla morte, così
l’innalzamento del Figlio
dell’uomo sarà un segno di
quella Vita che libererà l’umanità dalla morte definitiva.
15 perché chiunque crede in lui abbia la
vita eterna.
- abbia: fin dalla
prima volta in cui in questo vangelo appare il tema della vita eterna (cioè
indistruttibile) è riferito, non alla realtà futura, (avrà), ma a quella
presente; da qui il congiuntivo presente (abbia).
La funzione che i farisei
attribuivano alla Legge quale fonte di vita, viene sostituita dalla persona di
Gesù, Figlio dell’uomo,
nel quale si manifesta l’amore del Padre.
16 Dio infatti ha tanto amato il mondo
da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma
abbia la vita eterna.
Dio è amore che desidera manifestarsi
e comunicarsi. Gesù incarna tale manifestazione e comunicazione, sicché chi
aderisce a lui realizza la sua esistenza in una qualità di vita capace di
superare la morte.
E’ da ricordare che nel cristianesimo
primitivo era radicata la convinzione che in vita si era già nella condizione
di risorti. Nel vangelo di
Filippo (apocrifo gnostico
molto interessante, scritto in
lingua copta nella seconda metà del II secolo) si legge:
“Chi dice prima si muore e poi si risorge erra. Se non si risuscita prima,
mentre si è ancora in vita, morendo, non si risuscita più”.
17 Dio,
infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché
il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Per la prima volta nel vangelo il
verbo mandare (da apostéllō=invio)
è adoperato in maniera teologica: Gesù è il nuovo liberatore che dà inizio al
nuovo esodo.
La salvezza attraverso il Figlio di
Dio, richiede la cooperazione umana, la quale è sostanziata, non di sforzi
ascetici o di sacrifici, ma della costante pratica di un amore che assomigli a
quello di Gesù (il quale a sua volta si modella sul Padre), cioè amore fedele,
gratuito ed incondizionato.
5 Considerazioni
- La parola “croce” deriva
probabilmente dal sanscrito krugga che significa bastone; i Greci la
chiamarono stauròs, palo;
gli Ebrei 'es, albero.
Questi nomi indicano l'origine primitiva della croce come supplizio: un albero
o un palo al quale i condannati venivano confitti con chiodi, o legati con
funi, oppure impalati.
- Nell'Antico Testamento la croce
era quasi sconosciuta; però i cadaveri dei giustiziati venivano appesi, ad
accrescimento della loro ignominia.
- La croce risponde al bisogno
atavico di congiungere la verticalità, intesa come elevazione del terreno al
divino, con l’orizzontalità che è sguardo dilatato verso la terra: la
congiunzione delle due dimensioni indica la realizzazione della pienezza, alla
quale l’essere umano aspira.
- Nella croce, sia quella monumentale
che vuole esprimere il trionfo sulla morte, sia quella formato piccolo,
divenuto oggetto ornamentale strumentalizzato da una
moda consumistica, viene tradito il vero senso che solo la fede può darle.
- Il simbolo della croce dovrebbe farci volgere lo sguardo a tutti i crocifissi di sempre:
i poveri, gli ammalati, i vecchi, gli sfruttati, le persone portatrici di
handicap, i torturati senza pietà, i beffeggiati, i condannati al non-perdono per-sempre, tanti
altri che vivono il dolore e l'emarginazione da società ingiuste.
- E’ da evitare il duplice pericolo
di esaltare una croce triste che è inutile piagnistei e/o una croce
trionfalistica, propria dei vincitori terreni. La vera croce è quella che
simboleggia il mistero del dolore, il quale non può essere fine a se stesso, ma
è efficace strumento di amore integrale.
5 Poesiola
il cielo alla terra si è unito? / anche
noi siamo sottratti alla morte? // m’angustiano
queste domande / solo
nel cuore cerco risposte // fosse solo un istante la vita terrena / dello Spirito è dono d’amore // sul male e sul dolore prospera libertà / di dire quel sì a far nuovi // Cieli
e terra
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